SANITÀ

Medici al servizio di più coop. Sanità ostaggio dei "caporali"

Situazione fuori controllo nei Pronto Soccorso appaltati alle società che gestiscono i gettonisti. Poche regole a tutela dei pazienti e costi sempre più alti. Gli stessi professionisti negli organici di più di una cooperativa nei bandi di gara. Chi controlla i turni di riposo?

Un caporalato, di lusso visto le cifre in ballo, ma anche anomalo giacché a finire sfruttato non è chi lavora bensì chi quel lavoro è costretto a pagarlo carissimo. Difficile trovare un’immagine diversa per quella parte della sanità, ogni giorno più ampia, affidata alle cooperative che forniscono medici agli ospedali dove quelli in organico ormai non bastano più da tempo.

Un sistema che, cresciuto e alimentato dall’emergenza del personale, mostra ogni giorno di più come poco e male sia regolamentato e quanto, invece, costi alle casse delle Asl, quindi della Regione Piemonte, insomma ai contribuenti. Troppi i vuoti normativi, le eccezioni non giustificabili neppure dalla necessità di coprire turni, specialmente nei Pronto Soccorsi ma ormai anche in altri reparti ospedalieri. Così come non sono poche le carenze di controlli su un mercato di manodopera, sia pure altamente qualificata, che proprio per come è gestito rappresenta rischi per i pazienti e, quando va bene, disagi. Senza tralasciare la questione economica.

Molte, troppe, le pieghe in cui si muovono questi nuovi e spesso improvvisati imprenditori della sanità privata che non hanno bisogno di cliniche, apparecchiature, complesse strutture amministrative, visto che il loro ruolo è, appunto, quello di offrire personale a chi ne ha bisogno senza neppure doverlo assumere, anzi spesso condividendolo proprio tra coop diverse. Già, perché uno dei tanti aspetti che ovviamente non può essere a conoscenze di chi entra da paziente in Pronto Soccorso e neppure sa se il medico che lo visita è un dipendente dell’ospedale, quindi con la prevista specializzazione, oppure un gettonista fornito dalla cooperativa con assai meno requisiti richiesti, riguarda proprio il reclutamento dei professionisti. Elenchi che vengono forniti alle Asl al momento di concorrere per l’affidamento dell’appalto.

Partendo da quest’ultimo passaggio si scopre che nell’elenco dei medici indicato da una cooperativa compaia più di un professionista presente nell’analogo elenco di un’altra o altre coop che concorrono per lo stesso appalto. Come puntare sul rosso e sul nero alla roulette, solo che in questo caso non si va in pari, ma si guadagnano parecchi soldi. Ormai la media per turno di dodici ore che le aziende sanitarie pagano per ogni gettonista sta attorno ai mille euro. Quattro giorni e un camice bianco a gettone porta a casa lo stipendio del collega dipendente, ma questo lo si sa da tempo. 

Quel che, a fatica, emerge dalla nebbia che avvolge un panorama sempre più allarmante della sanità riguarda invece, proprio queste anomalie che pur nell’ambito della legalità stridono con altre procedure, fortunatamente, più rigide. Come è possibile che imprese, come tali sono le coop, concorrenti offrano una parte dei professionisti che si sovrappongono? Se le gare sono pressoché improntate ad affidare il servizio a chi offre il ribasso più consistente, la stranezza dei medici presenti in più di una lista riporta a un ulteriore aspetto non meno degno di attenzione, se non di preoccupazione. Non è raro, infatti, che un medico sia ingaggiato da più di una delle società fornitrice di servizi e, quindi, effettui turni in diversi ospedali, magari a centinaia di chilometri di distanza per “datori di lavoro” diversi. In questo caso, come è possibile garantire che il professionista osservi i riposi previsti per legge? Chi è in grado di verificare che una norma, a tutela non solo del medico, ma non di meno dei pazienti, sia rispettata? 

Quando, ormai mesi fa, l’assessore alla Sanità del Piemonte Luigi Icardi avvertì del rischio di “finire in ostaggio delle cooperative” non andò affatto lontano dalla realtà. E non si tratta solo della pur rilevante questione economica, con le Asl che aggirano il tetto di spesa sul personale imputando i costi altissimi dei gettonisti al capitolo “beni e servizi”. Ma forse, come si sta ragionando tra i responsabili della sanità delle Regioni, è proprio da lì che potrebbe arrivare se non una soluzione certamente un importante correttivo. Se il Governo ponesse un tetto di spesa per le prestazioni fornite dalle coop, portando i camici bianchi che lavorano per loro a guadagnare come o poco più (considerando contributi e altro) dei colleghi dipendenti, probabilmente sarebbero assai meno affollate anche le chat dove si reclutano i medici a gettone, in quel caporalato al contrario che fa girare milioni di denaro pubblico.

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