LA SACRA FAMIGLIA

Agnelli via anche da Exor e Stellantis

L'ex presidente della Juventus annuncia il passo indietro. Una scelta condivisa per evitare ripercussioni giudiziarie sugli affari di famiglia o il preludio di un divorzio con i rami Elkann e Nasi? Certo che una liquidazione totale sarebbe un salasso per il cugino: un miliardo

“Avendo chiuso una parte così importante della mia vita, la mia volontà è voltare pagina, con una pagina bianca cui dedicare la mia passione. Nelle società quotate dove partecipo come consigliere, Exor e Stellantis, farò un passo indietro in occasione delle assemblee dei soci. Una decisione condivisa con John Elkann, Ajay Banga e Carlos Tavares. Era indispensabile farlo, per avere la mente libera”. Andrea Agnelli tira una linea netta, oggi chiude “un capitolo durato quasi tredici anni che oggi facciamo fatica a leggere” e ne apre uno nuovo, una “pagina bianca” che vuol dire tante cose. La prima riguarda il rapporto con John Elkann. Agnelli lo definisce “strettissimo”, diverse ricostruzioni accreditano una versione diversa, raccontando profonde divergenze. Restando all’ufficialità, alle dichiarazioni e alla comunicazione che accompagna i passaggi difficili che stanno scandendo l’evoluzione dell’assetto di vertice in casa Juventus, si insiste sulle decisioni “prese in accordo”. Sicuramente, la pagina bianca pone una serie di interrogativi che vanno oltre la Juventus. La variabile principale, rispetto all’assetto complessivo del gruppo industriale che fa capo alla famiglia, è la permanenza o meno di Andrea Agnelli all’interno della società che, a monte, controlla tutto il resto: la Giovanni Agnelli BV. Un divorzio consensuale con i rami Elkann e Nasi? La sola uscita dai board delle principali società quotate della Famiglia, anche per evitare ripercussioni delle vicende giudiziarie in cui è coinvolto, oppure il primo passo per una separazione?

Del resto, l’ipotesi dell’addio definitivo del ramo cadetto, quello che discende da Umberto Agnelli, fratello dell’Avvocato, è stato con crescente insistenza prospettato negli ultimi giorni. L’impero ha la sua stanza dei bottoni nella Giovanni Agnelli BV, la società olandese della quale possono essere azionisti soltanto i discendenti, divisi appunto tra vari rami, del senatore Giovanni Agnelli, nonno di Gianni e Umberto e che a fine Ottocento fu tra i fondatori della Fiat. La Giovanni Agnelli BV, infatti, ha la maggioranza assoluta (52,01% ma con l’85,44% dei diritti di voto) di Exor. In questo schema John Elkann, nipote di Gianni e massimo rappresentante del ramo che fa capo all’Avvocato, è il primo azionista della Giovanni Agnelli BV, tramite la società Dicembre (in cui gli altri soci sono i fratelli Lapo e Ginevra) e in questa veste è il primo azionista di tutto il gruppo. Invece Andrea Agnelli era assieme alla sorella Anna (fino a poco tempo fa) il secondo azionista della Giovanni Agnelli BV.

Un organigramma retto da equilibri assai delicati, che – secondo Il Sole 24 Ore – fa sorgere più di un interrogativo: terminata in modo traumatico la lunga esperienza in casa Juve, quale sarà la casella che andrà ad occupare Andrea nel gruppo di cui è ora il terzo azionista? E cosa succederebbe se l’ormai ex presidente della Juve decidesse di uscire dalla società di famiglia per finanziare attività personali? Quanto varrebbe la sua quota nella holding olandese? Oggi la Giovanni Agnelli BV, traslocata ad Amsterdam quattro anni fa, vede un assetto così definito: Dicembre (John Elkann e eredi Giovanni Agnelli) 38%; Maria Sole Agnelli 12,32%; Andrea e Anna Agnelli 11,85%; Giovanni Nasi 8,75% e a scendere altri rami della Famiglia. A consolidarsi è stato il ramo di Maria Sole Agnelli, con il risultato che lo stesso è diventato il secondo azionista della holding, posizione un anno fa occupata da Andrea Agnelli. Con gli ultimi acquisti il pacchetto del ramo di Maria Sole è cresciuto dall’11,63% dello scorso anno all’attuale 12,32%.

Andrea Agnelli nel corso della sua presidenza alla Juve ha mantenuto le altre due cariche di prestigio: nel board di Exor e ad oggi è l’unico esponente della dinastia che siede insieme a John Elkann nel board di Stellantis. Si capisce bene perché le dimissioni dalla presidenza della Juve apra in casa Exor il tema della ricollocazione di Andrea in una delle tante caselle che gestiscono le partecipate. Oppure, scenario assai più probabile, è che lo strappo possa portare all’uscita del ramo di Andrea dalla storica società di famiglia, magari per permettere al figlio di Umberto di finanziare altre iniziative personali, come la holding di investimenti, Lamse.

Se così fosse, a quale prezzo potrebbe andarsene Andrea Agnelli? La determinazione del valore della Giovanni Agnelli BV è regolata dallo statuto della società olandese. Secondo quanto ricostruito da Il Sole 24 Ore la valutazione della Giovanni Agnelli BV “interna” e basata sull’ultimo dato ufficiale di novembre 2022 è pari a 7,8 miliardi. La quota del ramo degli eredi di Umberto Agnelli è detenuta nella società semplice A&A partecipata al 50% da Andrea e dalla sorella Anna. Complessivamente il valore, alla luce della stima interna della BV, risulta oggi pari a 924 milioni, mentre il pacchetto in mano alla Dicembre di John Elkann ne vale 2,9 miliardi. Sulla carta la partecipazione del ramo dell’ex presidente della Juventus equivale a una partecipazione indiretta in Exor del 6,1%. Tuttavia, secondo gli accordi che regolano la società olandese, il socio che intende liquidare le azioni della BV non può avere titoli di Exor. Il sistema prevede che sia la stessa BV a riacquistare i titoli sotto forma di azioni proprie liquidando per cassa l’azionista.

Nell’ipotesi in cui il ramo di Andrea volesse essere liquidato per intero, anche per una società come quella a capo dell’impero Exor pagare qualcosa vicino a un miliardo di euro potrebbe rappresentare un impegno rilevante. Numeri alla mano, se la società olandese finanziasse la liquidazione di Andrea vendendo quel 6% di Exor che fa capo al ramo del cugino di Elkann, la partecipazione della dinastia in Exor scenderebbe 45,84%, ma esprimerebbe comunque diritti di voto per il 76%. Che possa esserci un’uscita integrale e improvvisa appare difficile, un disimpegno graduale (in un arco di tempo più ampio) potrebbe essere un’ipotesi più plausibile.

print_icon