W i democristiani, abbasso la Dc

Dunque, assistiamo ad un gran revival dei “democristiani”, della loro saggezza, della loro esperienza e, soprattutto, della loro cultura di governo. È appena sufficiente registrare l’attenzione – mediatica, politica e anche di costume – che sta avendo l’ultimo libro di Pier Ferdinando Casini per rendersene conto. Libro intitolato, appunto, “C’era una volta la politica. Parla l’ultimo democristiano”. Per dirla con altre parole, c’è un apprezzamento trasversale dei democristiani per come continuano a declinare il loro impegno politico, culturale e soprattutto istituzionale ma, al contempo, persiste un giudizio storico e politico decisamente negativo sul partito di riferimento, cioè la Democrazia Cristiana.

Ora, che la Dc non sia più replicabile nella cittadella politica italiana è un dato sufficientemente noto che non merita neanche di essere approfondito. Ma la costante osservazione che si possa dissociare la Dc dai democristiani resta un fatto alquanto curioso se non addirittura grottesco. E questo per la semplice ragione che gli uomini e le donne che declinano la propria azione politica ed istituzionale lo fanno partendo dal partito di rifermento e non sganciato da esso. Del resto, come si può apprezzare la cultura di governo, la cultura politica, la visione della società, il progetto politico e lo stesso stile del far politica di una intera classe dirigente e poi dare un giudizio storico e politico negativo del partito in cui si riconosce quella classe dirigente? Resta, in realtà, un nodo difficile da sciogliere.

Eppure, per non scomodare l’alto magistero politico ed istituzionale dell’attuale Presidente della Repubblica – già autorevole e qualificato dirigente della Democrazia Cristiana e statista – non esiste commentatore ed opinionista che non esalti, ad esempio, il ruolo politico giocato da Pier Ferdinando Casini nell’attuale dibattito pubblico italiano come di molti altri Dc disseminati nei vari partiti. Esiste, cioè, quasi una richiesta esplicita di molti settori politici, culturali, editoriali ed intellettuali di questo paese, lontani dalla storia della DC, di “prendere esempio” dalla lezione e dalla esperienza concreta dei democristiani nel declinare, oggi, l’impegno politico e di governo nella dialettica democratica. Certo, può apparire una contraddizione ma, probabilmente, non lo è. Perché se persiste, pregiudizialmente e comprensibilmente, un giudizio negativo sulla esperienza cinquantennale della Dc da parte dei soliti noti – conduttori televisivi, predicatori d’antan, opinionisti ricchi di giudizi dogmatici ed irremovibili e il solito stuolo degli esponenti della sinistra ex e post comunista italiana – è pur vero che dall’azione concreta dei democristiani tutti riconoscono che si debba trarre qualche elemento positivo, utile per orientarsi nelle dinamiche della società contemporanea

Ecco perché, a volte, assistiamo a delle piroette apparentemente inspiegabili ma politicamente anche comprensibili se non addirittura giustificabili. Comunque sia, e al di là dei giudizi ideologici e del tutto forzati che continuano a campeggiare, il dato politico che emerge da questa strana lettura è che l’esperienza, l’azione, la cultura, il ruolo, il progetto e lo stile della Dc appartengono alla storia politica e democratica del nostro Paese. Una storia che, malgrado i giudizi e le valutazioni dei soliti detrattori, è stata condotta, vissuta ed interpretata dai democristiani. Al di là e al di fuori della singolare osservazione di continuare a separare il partito, cioè la Dc, dai suoi militanti e dirigenti, ovvero i democristiani.

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