CENTRODESTRA

Lega (e Cirio) sotto assedio. Fratelli d'Italia alza la posta

La Lombardia anticipa ciò che capiterà tra un anno in Piemonte: lo strapotere meloniano. E per allenarsi inizia con le prove muscolari sul territorio, gettando nel panico gli alleati. Eppure nonostante le apparenza non è un monolite, chiedere a Chiorino

Lo spettro che s’aggira per il Pirellone, togliendo il sonno ai leghisti nella regione madrepatria di un Carroccio sempre più traballante sotto i colpi a suon di voti dei Fratelli d’Italia, appare ormai nelle notti e pure nei giorni di chi vive lo stesso incubo in Piemonte, spostando solo di un anno il suo quasi certo avverarsi. Nel voto del 12 e 13 febbraio il partito di Giorgia Meloni si appresta a più che raddoppiare i consensi della Lega e con quelle cifre già fin d’ora si parla di otto assessori su quattordici a FdI e appena quattro alla forza politica che esprimerà sì il governatore, ma a quel punto Attilio Fontana sarà difficile a definire diversamente da un presidente commissariato.

I meloniani non vogliono soltanto, si fa per dire, la maggioranza dei posti in giunta, ma annunciano già che le deleghe più pesanti, dalla vicepresidenza alla Sanità, passando per le Attività Produttive saranno loro. E nel carniere Fratelli d’Italia vuole metterci pure la presidenza del Consiglio regionale dove le previsioni dicono sbarcheranno con una truppa di oltre 26 eletti rispetto ai tre attuali, con la Lega che, invece, da 28 pare destinata a calare a una dozzina, forse meno ancora.

Un film dell’orrore, un thriller proiettato in anteprima sugli schermi della Lega piemontese che, da settimane, sta già assaggiando i bocconi amari che FdI non manca di servirle, con spinte in avanti dei vertici regionali nei confronti del governatore, ma ancor più nelle città più grandi dove ormai tra i due alleati la tensione si taglia col coltello, come dimostra ciò che accade a Novara, così come a Vercelli, annunciando altre tempeste sul territorio.

La trama, data la situazione attuale, difficilmente potrebbe cambiare in particolare se oltre al trend positivo per FdI e le difficoltà per la Lega continueranno fino al 2024, si verificherà anche un’altra condizione, ovvero la ricandidatura di Alberto Cirio. E proprio questo resta un punto interrogativo, almeno fino a dopo le elezioni in Lombardia e nel Lazio e il previsto incontro del governatore piemontese con la Meloni. Lo schema lombardo, fatta salva l’appartenenza a un diverso partito, sarebbe pressochè identico: un presidente “ostaggio” di un partito diverso da quello di appartenenza: nei fatti un po’ quello che è capitato nell’attuale legislatura, con un Cirio costretto a piegarsi ai diktat dell’azionista di maggioranza, nella fattispecie la Lega, che ha imposto cambi di agenda per assecondare proprie esigenze, spesso dettate da via Bellerio. Per il governatore, insomma, cambiano i suonatori ma non la musica e con le sue rodate doti di adattamento (sa farsi concavo e convesso a seconda dei casi) è certamente in grado di farvi fronte.

Diverso e con differenze tutte da scoprire il caso in cui Cirio dovesse avere il via libera e soprattutto le garanzie della premier per un suo ritorno a Bruxelles, con un ruolo superiore rispetto a quello già svolto di semplice europarlamentare. In quel caso Fratelli d’Italia metterebbe in campo un suo uomo, anzi una sua donna visto che il borsino per un’eventuale candidatura resta alto per l’attuale assessore Elena Chiorino. E a questo proposito va osservato come uno scenario del genere alimenterebbe un freno all’ipotesi di Cirio in versione europea proprio da quela frangia del partito a lui, per mille ragioni, più vicini. Negli ambienti meloniani piemontesi si respira una certa preoccupazione all’idea di spedire l’attuale presidente in Europa, mettendo al suo posto la “sorella” biellese. Questo tra coloro che rappresentano l’ala più moderata e meno (o per nulla) identitariamente legata alle origini missine e aennine. Figure di peso come il ministro della Difesa Guido Crosetto e lo stesso segretario regionale Fabrizio Comba, entrambi di ormai lontane provenienze forziste, avrebbero più di una ragione per propendere per un Cirio bis, anziché per un passaggio di testimone con Chiorino, legata a doppio filo con un esponente dell’ala dura come il sottosegretario alla Giustizia, ora nella tempesta, Andrea Delmastro. Se prevarrà questa linea, quella insomma dei Fratelli più vicini a Cirio tesi a tenerlo sulla poltrona che occupa adesso soprattutto in virtù di equilibri interni al partito in Piemonte (con varie componenti e legittime ambizioni), la Lega avrà un motivo in più per continuare a passare notti agitate dall’incubo lombardo. E il governatore a recriminare su certi amici. Ma chissà.

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