L'eredità di Bertinotti

Dicono che… la notizia l’abbia raggelato. Fausto Bertinotti dovrà infatti restituire il consistente lascito – 500mila euro, una miliardata del vecchio conio, e due serigrafie di Andy Warhol – ricevuto da Mario D’Urso, l’avvocato d’affari, morto nel giugno del 2015, che si destreggiava tra alta finanza e jet set di mezzo mondo, in buoni rapporti, tra gli altri, con Gianni Agnelli e Henry Kissinger. Dopo che una sentenza del tribunale civile di Roma, datata 16 gennaio 2023, ha stabilito con inoppugnabile esame del Dna che Nikki Kay Carlson “è la figlia biologica di D'Urso”, l’eredità è stata rimessa in discussione e al compagno Fausto e alla sora Lella non resta che riconsegnare soldi e opere d’arte. Il lascito di D’Urso a colui che è stato il volto del comunismo italiano anche dopo la morte del comunismo, era stato il solo pezzo di eredità destinato a un politico. Eppure, le stanze del potere nostrano le aveva frequentate con assiduità, divenendo pure senatore al seguito di Lamberto Dini e ricevendo un incarico da sottosegretario, nel 1995. Ma il solo per il quale ha conservato affetto fino al punto di destinargli una sostanziosa regalia è stato Bertinotti. Strana coppia, la loro. L’uno, emblema del dorato mondo internazionale uso a maneggiare cifre con moltissimi zeri e a frequentare regge reali; l’altro, il paladino parolaio delle classi lavoratrici e custode fuori tempo dell’ortodossia operaista. Li fece incontrare il bel mondo dei salotti romani alle cui regole Bertinotti si è prontamente adeguato proprio grazie ai buoni uffici “dell’amico Mario” che in fin di vita ha voluto essergliene riconoscente mettendolo in buona posizione nella gerarchia dei propri eredi prediletti. Finora.

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