FIANCO DESTR

Da opossum a panda azzurro, "Meloni si tenga stretto Cirio"

Il voto in Lombardia e Lazio si proietta sulle regionali 2024 del Piemonte. L'egemonia di FdI nel centrodestra. I meloniani premono per andare presto all'incasso, ma alla premier conviene una strategia cauta e lungimirante. L'analisi del politologo Natale

“A Giorgia Meloni conviene ricandidare Alberto Cirio”. Il vento da destra soffia ancora più forte con i risultati incassati in Lombardia e nel Lazio, il partito della premier si conferma ampiamente egemone in entrambe le regioni, con una Lega che tuttavia recupera un po’ di punti nella sua terra natìa rispetto alle politiche, e Forza Italia in tenuta a dispetto di ferali previsioni.

Insomma, ci sarebbero tutte le condizioni per traguardare al 2024, quando in Piemonte si voterà in contemporanea con le consultazioni europee, per immaginare il primo (probabile) governatore del Nord di Fratelli d’Italia. Ma chi osserva e studia la politica come Paolo Natale, docente alla Statale di Milano e autore di numerosi saggi ed esperto di sondaggi, ha una visione meno tattica e più strategica di ciò che potrebbe decidere la leader di FdI per il futuro dell’attuale governatore piemontese che, tra l’altro, attende proprio l’incontro con la Meloni per decidere del suo futuro politico.

Professor Natale, Fratelli d’Italia incassa anche il risultato nel voto regionale che per dimensioni rappresenta una grande fetta del Paese, non umilia gli alleati ma segna una distanza importante con entrambi. In un quadro del genere e con una classe politica intermedia, quella fatta di tanti amministratori locali, che preme per andare presto e con un carniere grande all’incasso, lei sembra assegnare alla Meloni l’immagine di cautela. Che cosa le fa pensare che si muoverà così?
“Intanto premettiamo che per i primi due anni l’effetto Meloni, a meno che non facciano qualche clamoroso inciampo, è destinato a durare. Metteranno un po’ a posto Berlusconi e Salvini, ma tutto sommato non ci saranno grandi stravolgimenti nell’opinione pubblica, conservando un vasto consenso”. 

Quindi non c’è fretta per incassare?
“Ormai la trazione meloniana della coalizione è netta ed evidente. Quindi, da un certo punto di vista a lei non conviene avere un vantaggio troppo forte spropositato rispetto agli alleati. Certo deve contemperare questa strategia con la necessità di dare risposte ai suoi che, come sta accadendo in Piemonte, ma anche altrove, reclamano un maggior peso. E qui sta la sua abilità”.

Guardando al voto di ieri, in Lombardia la Lega ha recuperato rispetto alle politiche di pochi mesi fa, però è ancor lontana dalle percentuali che aveva raggiunto negli anni scorsi. Uno scenario che potrebbe presentarsi facilmente tra poco più di un anno in Piemonte. Che cosa è successo nell’elettorato del Nord, sempre più attratto dal partito più centralista?
“Questo resta un grosso punito interrogativo. Ha dell’incredibile che due regioni come Lombardia e Piemonte che sono sempre state refrattarie alla nazione e al centralismo, un anno e mezzo dopo la grande fuga in avanti di Salvini abbiano abbandonato in maniera consistente la Lega. I piccoli imprenditori del Nord sono sempre stati antiromani e adesso votano un partito romanocentrico”.

Errori di Salvini o capacità della Meloni?
“Entrambe le cose, Salvini è diventato, per così dire troppo italiano quindi per votare la copia meglio votare l’originale. Certo il recupero in Lombardia è comunque un fatto di cui tenere conto”.

Forza Italia era data per finita, ma sempre in Lombardia tutto sommato ha dato segni di essere ancora viva.
“Forza Italia ancora qualche anno e poi sparirà, mi pare inevitabile”.

Ma scusi, tornando alla sua valutazione sulla convenienza per la Meloni di ricandidare Cirio, che è di Forza Italia, come si tengono insieme le due cose?
“Cirio ha governato bene, ha una buona immagine, non dà neppure troppo fastidio al centrosinistra. Alla Meloni conviene ricandidare lui, che ha un forte appeal elettorale, per poi incamerare poltrone importanti nella giunta per Fratelli d’Italia senza forzare la mano su un candidato del suo partito, aspettando il prossimo giro. Ovvio che in prospettiva la premier voglia uno o più governatori del Nord, ma adesso strategicamente le conviene più assumere maggior potere lasciando alla guida delle regioni figure come Fiontana in Lombardia e, appunto, Cirio in Piemonte, ribaltando lo schema attuato nel governo nazionale”.

Ma Cirio, in questa veste non finisce per essere un po’ una sorta di esemplare raro?
“Un po’ come un panda, sì. Raro, ma prezioso. Anche per la Meloni e per il suo futuro nel Nord”.

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