POLITICA & GIUSTIZIA

Finpiemonte, tutti colpevoli. Sette anni e 6 mesi a Gatti

Il Tribunale di Torino accoglie in toto l'impianto accusatorio e non crede alla tesi del raggiro sostenuta dall'allora presidente. Un'inchiesta partita nel 2017, quando si scoprirono ammanchi per 6 milioni di euro e strani rapporti con la banca svizzera Vontobel

Tutti colpevoli gli imputati nel processo Finpiemonte. L’ex presidente Fabrizio Gatti è stato condannato dal Tribunale di Torino a 7 anni e 6 mesi di reclusione per peculato aggravato. Il processo, terminato oggi, si riferiva alla distrazione di 6 milioni di euro che sarebbero stati dirottati, secondo l’accusa, verso una società a lui riconducibile, la Gem immobiliare che versava in cattive acque finanziarie. La vicenda si è svolta il 2015 e il 2017, periodo in cui dalle casse della finanziaria regionale sarebbero usciti i soldi trasferiti con tre bonifici a Gesi Spa e P&P Management di due imprenditori, Massimo Pichetti e Pio Piccini, legati da rapporti di affari.

Le condanne sono state comminate dalla terza sezione penale del Tribunale. Condannati anche i faccendieri Piccini (7 anni e 6 mesi) Pichetti (6 anni e 6 mesi), l’ex direttore generale della finanziaria della Regione Maria Cristina Perlo (4 anni e 5 mesi) e il direttore della filiale svizzera di Vontobel dove era stato aperto il conto corrente di Finpiemonte Francesco Cirillo (6 anni e 6 mesi). Condannato per false attestazioni a 1 anno e 5 mesi e al pagamento di 38mila euro di multa il commercialista Massimo Santoro, autore della relazione per il tribunale fallimentare per conto della Gem. Per il presunto prestanome Giuseppe Colucci il giudice ha disposto una condanna a 6 anni e 6 mesi. In alcuni casi le pene sono risultate superiori alle richieste dei pm che avevano condotto l'inchiesta, il procuratore aggiunto Enrica Gabetta e il sostituto Francesco Pelosi.

Gatti e Perlo sono stati ritenuti completamente consapevoli dell’azione che si stava compiendo. Le stesse parole dell’ex direttore generale Perlo, che avrebbe ammesso di aver coperto il rapporto con la banca Vontobel, “per non mettermi in cattiva luce con il nuovo presidente” è apparsa ai giudici come un’ammissione indiretta del suo coinvolgimento. I giudici non hanno creduto neanche che l’ex presidente fosse vittima di un raggiro di Piccini e soci, nonostante lo stesso affarista l'abbia scagionato attribuendosi la responsabilità del raggiro, comprese le firme false. È stato accolto gran parte del contenuto della denuncia che l’allora presidente Stefano Ambrosini aveva presentato dopo un lungo confronto con il governatore dell’epoca Sergio Chiamparino e l’assessore alle Partecipate Aldo Reschigna e anticipato in quella stessa giornata all’allora procuratore capo Armando Spataro e alla Banca d'Italia.

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