SANITÀ & GIUSTIZIA

Morti in Rsa: carenze censurabili, ma non c'è nesso con il Covid

Le motivazioni dell'archiviazione delle indagini su due strutture di Torino escludono che comportamenti anche impropri abbiano causato i decessi degli anziani. Cade il reato di epidemia colposa per 12 indagati. Una decisione che rimanda all'inchiesta di Bergamo

“Non vi sono elementi documentali per affermare che eventuali e diverse condotte, ipoteticamente perfettamente aderenti alle indicazioni ministeriali e regionali del tempo, avrebbero sortito effetti salvifici o impedito il verificarsi dei contagio occorsi”. È questo il passaggio cruciale delle motivazioni alla base dell’ordinanza con cui il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Torino Agostino Pasquariello ha archiviato l’inchiesta sui morti per Covid nelle Rsa torinesi Chiabrera e D’Azeglio del Gruppo Gheron che vedeva indagate 12 persone con l’ipotesi di reato di epidemia colposa.

Una decisione, quella motivata dal gup in quattro pagine, che rimandano a quei terribili giorni dell’aprile 2020, che non mancherà di far discutere e animare polemiche, ancor più vista la contestualità temporale con un’altra inchiesta, assai più eclatante per il numero delle vittime e per i nomi noti degli indagati: quella condotta dalla Procura della Repubblica di Bergamo e ora, per un filone, anche da quella di Roma. E proprio un filo comune, che rimanda al clima di assoluta mancanza di conoscenza del virus e alla inevitabile confusione e approssimazione di alcune iniziative, sembra poter legare la vicenda torinese, conclusa sul terreno giudiziario con l’archiviazione, e quella che vede indagati tre ministri, il vertice del Comitato Tecnico Scientifico e altre figure di spicco che hanno operato nelle fasi più acute dell’emergenza. 

Il giudice di Torino si era opposto alla prima richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero, chiedendo ulteriori indagini proprio per cercare l’eventuale evidente correlazione tra comportamenti e la morte degli anziani trasferiti nelle Rsa e tra esse: indagini che non hanno portato elementi nuovi). Nell’ordinanza non manca di rimarcare forti criticità, esplicitando come “la gestione dei trasferimenti è stata abnorme e senza dubbio censurabile sotto il profilo della mancata adozione delle misure precauzionali minime atte a contenere il contagio”, nonché elencando una serie di pesanti inadempienze e irregolarità, come “l’assenza di uno screening di massa dei pazienti e del personale, il mancato utilizzo dei dispositivi di protezione individuale o utilizzo di dispositivi non adeguati, la mancata separazione dei pazienti positivi dai pazienti negativi, la mancata adozione di percorsi separati "sporco/pulito", l’insufficienza e inadeguatezza delle attività di sanificazione dei locali, la mancata separazione del personale impegnato nella cura dei pazienti positivi dal personale impegnato nella assistenza dei pazienti negativi, l’assenza di una adeguata formazione degli operatori”. 

Leggi qui l'ordinanza

Un quadro certamente negativo e allarmante, ancor più alla luce di quanto sarebbe di lì a poco accaduto, ma non sufficiente a rinvenire il nesso di causalità con le morti degli anziani. Scrive infatti il gup come “una responsabilità penale per i fatti in esame non può essere affermata sulla base della semplice – e qui pacifica – violazione della “norma” da parte degli indagati, ma richiede un passaggio ulteriore, ovvero un accertamento rigoroso e condotto su basi scientifiche di ampia condivisione che consenta di affermare che la condotta tenuta dagli indagati e assunta come illecita abbia cagionato senza dubbio alcuno il contagio e il successivo decesso delle persone offese”. Da qui l’archiviazione per Umberto Stralla, Carmelo Zuppardi, Giacomo Elio Rolfo, Claudio Costantini, Simone Borgnino, Eros Bedeschi, Sergio Bariani, Massimo Bariani, Salvatore Giarrusso, Giuseppina Dassio, Miche Di Bari e Alessandro Giordano, tra vertici delle strutture e componenti della commissione di vigilanza dell’Asl Città di Torino.

“Oltre all’assenza di nesso di causalità, le motivazioni dell’ordinanza pongono in evidenza un aspetto, oggi, di grande attualità – osserva l’avvocato Alberto Mittone, difensore di alcuni degli ormai ex indagati – e che riguarda la concitazione e le difficoltà del momento in cui sono avvenuti i fatti. In queste circostanze la perfezione quasi mai è possibile. Il gup, infatti, ha escluso che le pacifiche lacunosità e carenze riscontrate abbiano avuto una causalità rispetto agli eventi tragici. Tutto ciò porta a considerare che non si possono costruire i processi stabilendo che c’è una colpa auspicando che debba esistere un mondo perfetto”. Per il legale “ci sono dei momenti, in cui occorre assumere in fretta decisioni coraggiose che non sempre sono le migliori, che intaccano pesantemente la perfezione, ma non per questo devono portare a ricondurre a resposnabilità su eventi tragici come quelli che sono accaduti durante la pandemia”.

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