ENTI LOCALI

Province, riforma in alto mare. Barricate giallorosse in Senato

Naufraga l'accorpamento delle varie proposte in un testo base. I grillini abbandonano i lavori e accusano il centrodestra: "Vogliono tornare a un poltronificio". Il Pd allineato con l'ex (e futuro) alleato. Per dire no anche all'elezione diretta si aspetta il verbo di Schlein

È sulla strada, tutta in salita, verso la riforma delle Province che Pd e Cinquestelle si incontrano, alzando entrambi le barricate nei confronti del centrodestra. E con la più che concreta prospettiva di avvicinarsi ulteriormente, fino a far coincidere del tutto le posizioni e le azioni.

Terreno storicamente proprio della sinistra, quello degli enti locali oggi diventa teatro non solo di una delle prime prove di opposizione parlamentare del partito di Elly Schlein, ma pure di alleanze con quello di Giuseppe Conte. Il passaggio, trasformatosi in stallo, in commissione Affari Costituzionali in altri momenti sarebbe stato rubricato come normale, seppur dura e ostruzionistica, posizione esercitata dalle minoranze. Ma quel che è capitato nelle ultime ore non nasconde quella unità di intenti (e di azioni) che la stessa segretaria del Pd ha invocato e l’abbraccio con l’avvocato del popolo ha sancito.

Il tema è, appunto, quello della riforma tesa a superare, cancellandola, la famigerata legge del ministro Pd dell’epoca, Graziano Delrio, che imboccò la via dell’eliminazione delle Province. A fronte di più di una proposta di legge, il presidente della commissione di Palazzo Madama, Alberto Balboni di Fratelli d’Italia, ha affidato a un comitato ristretto, con un rappresentante per ciascun gruppo parlamentare, la missione di (cercare) di predisporre un testo base su cui poi lavorare. Un sistema spesso utilizzato, ma che ieri mattina si è inceppato, aprendo allo scenario di una forte intesa tra i dem e i pentastellati. 

“La maggioranza, con l'appoggio anche di altri partiti, è più interessata a ripristinare l'elezione diretta del presidente e dei consigli provinciali rimettendo in piedi il carrozzone, piuttosto che dare attenzione ai reali problemi dei cittadini e delle comunità locali”, attacca la grillina Alessandra Maiorino. “Il centrodestra pensa a rimettere in piedi il più classico dei poltronifici”, tuona e poi annuncia: "A queste condizioni il M5s non prenderà più parte ai lavori del comitato ristretto per l'adozione di un testo a uso e consumo della vecchia politica”.

La sponda dem arriva rapida con il senatore Dario Parrini: “Il Partito Democratico esprime forte contrarietà all'elezione diretta per le città metropolitane e considera elemento che potrebbe far venir meno la nostra partecipazione al comitato ristretto l'eventuale mantenimento in un ddl che riguarda le Province di una norma, del tutto fuori tema, che sconvolge l'elezione dei sindaci nei comuni sopra i 15 mila abitanti abbassando la soglia di vittoria al primo turno al 40%, una modifica sbagliata e faziosa per noi completamente inaccettabile e rispetto alla quale abbiamo già respinto un blitz in Senato alcune settimane fa. Su questo siamo pronti alle barricate”. 

La questione che intreccia Province e Comuni è, appunto, quella della soglia che la maggioranza vuole abbassare per le città che contemplano il ballottaggio. Un vecchio disegno del centrodestra che non nasconde la consapevolezza di avere più chance senza il secondo turno, dove al contrario del centrosinistra storicamente riesce più difficile allargare la platea dei consensi elettorali. “Avevano provato a infilare questa norma con un emendamento a un testo che non c’entrava nulla – ricorda il senatore torinese Andrea Giorgis, componente della Affari Costituzionali –. Per fortuna abbiamo scoperto e bloccato quell’operazione”, che i dem definirono come un golpe.   

Ma c’è ancora un elemento, politicamente, interessante che emerge. Riguarda l’elezione diretta del presidente e dei consiglieri provinciali, oggi eletti con voto ponderato dei Comuni. I Cinquestelle hanno espresso con forza la loro netta contrarietà, mentre il Pd, per usare le parole di Parrini, “sull'opportunità di tornare all'elezione diretta, la riflessione nel nostro partito e nei nostri gruppi parlamentari è invece ancora in corso”. Esplicita più chiaramente Giorgis: “Su un tema come questo c’è bisogno di stabilire qual è la linea della nuova segreteria”. Al Nazareno si deciderà, assicurano, nel giro di pochi giorni. E molti scommettono che anche su questo punto si (ri)vedrà l’abbraccio.

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