SANITÀ

Sanità, personale aumentato (poco) solo "grazie" all'emergenza Covid

L'Italia dal 2012 al 2018 ha perso 25mila addetti, tra medici e infermieri. Con la pandemia sono scattate le assunzioni. I sindacati: "Ancora insufficienti". Sul Piemonte l'eredità del piano di rientro. L'analisi della Regioneria Generale dello Stato

C’è voluto il Covid per tornare ad assumere nella sanità e imboccare una risalita che, tuttavia, ancora non è riuscita a raggiungere i livelli del personale di dieci anni fa. Ma è proprio guardando al grafico che disegna la progressiva e pesante diminuzione dell’organico sanitario nazionale che si possono trovare molte delle ragioni dell’inadeguatezza del sistema di fronte a un’emergenza, pur senza precedenti, come quella provocata dalla pandemia. 

Come attesta lo studio della Ragioneria Generale dello Stato, l’annus orribilis è il 2017 con 647.061 dipendenti a fronte dei 673.416 del 2012. Meno di tre anni più tardi arriverà il Covid e troverà una sanità indebolita e certo non rafforzata da quegli appena 2.462 nuovi ingressi in organico distribuiti su tutto il Paese, sui cui si può contare nel 2019.

In appena sei anni, dal 2012, la sanità italiana perde circa 25mila dipendenti. Un taglio dovuto a quelle che la Ragioneria Generale definisce “misure di contenimento della spesa che si sono succeduta a partire dal 2005”. Alcune Regioni non riescono più a fare tornare i conti in quella che è la loro principale voce di bilancio e scattano i piani di rientro. Accade in Piemonte, dove il commissariamento scatta nel 2010 e durerà per oltre sei anni, nel corso dei quali la riduzione del personale sarà ancora più pesante che in altri casi e lascerà una gravosa eredità i cui effetti si producono ancora oggi.

Rispetto ad altre regioni dove l’occupazione registrata nel 2021 risulta superiore, come nel caso dell’Emilia-Romagna, del Veneto e della Toscana o un sostanziale pareggio evidenziato in Lombardia, il dato piemontese fa emergere ancora un divario negativo tra l’organico del 2021 e quello di dieci anni prima. È pur vero che lo scorso anno, così come in questa prima parte del 2023, passi in avanti sono stati fatti e dunque il gap potrebbe ragionevolmente essere ulteriormente ridotto. “Le assunzioni fatte nel corso dell’emergenza non sono comunque state sufficienti a colmare le perdite di personale dell’ultimo decennio oltre a non essere in grado di rispondere ai nuovi bisogni di assistenza che la pandemia ha reso evidente”, osserva Francesco Coppolella, segretario regionale della sigla di rappresentanza degli infermieri Nursind.

Se i 670.566 dipendenti del servizio sanitario nazionale censiti nel 2021 portano ad avvicinare la cifra del 2012 (673.416) è pur vero che anche in questo caso l’Italia si presenta a macchia di leopardo, con regioni meno gravate dalla carenza di personale e altre di più. E poi ci sono le varie figure professionali che presentano, a loro volta, situazioni diverse. Basterebbe citare la sempre preoccupante carenza di medici, i bandi che vanno spesso deserti e i Pronto Soccorso ormai affollati, oltre che di pazienti in attesa, il ricorso a gettonisti ingaggiati dalle cooperative con esborsi allarmanti per le casse pubbliche. 

“Per colmare tutte le lacune ed essere pronti a gestire, non in emergenza bensì in normalità, tutti i servizi e avere personale per le strutture previste dal Pnrr, al Piemonte servono 5mila infermieri in più”, sostiene Claudio Delli Carri, segretario regionale di Nursing Up. “Con l’emergenza Covid ne sono stati assunti oltre duemila, ma si deve tenere conto di quelli che sono andati in pensione e la maggiore richieste generata da alcuni servizi. Oggi il Piemonte può contare su circa 24mila infermieri e 10mila operatori sociosanitari, numeri ancora insufficienti”.

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