SANITÀ

Stretta sui medici gettonisti

Le misure varate dal Governo limitano ai Pronto Soccorso (e al massimo per un anno) il ricorso agli esterni. Scatta il tetto ai costi delle cooperative sollecitato da Icardi. Picco (Azienda Zero): "Bene il blocco al rientro nel pubblico di chi se ne va"

La tanto invocata stretta sulle cooperative dei medici gettonisti è arrivata. O, perlomeno, il decreto passato ieri sera in Consiglio dei ministri pone una serie di limiti, finanziari e temporali, tesi ad arginare una situazione che ormai è di fatto fuori controllo, con i bilanci delle Asl fortemente a rischio per i costi esorbitanti di servizi indispensabili a coprire le carenze di personale.

La nuova norma prevede che medici a gettone potranno lavorare "esclusivamente nei servizi di emergenza-urgenza ospedalieri, per un periodo non superiore a dodici mesi” e che le aziende sanitarie “per fronteggiare lo stato di grave carenza di organico del personale sanitario, possono affidare a terzi i servizi medici ed infermieristici solo in caso di necessità e urgenza in un'unica occasione e senza possibilità di proroga”.

Inoltre, per arginare l’emorragia professionisti dal pubblico alle cooperative – fenomeno più volte motivo di allarme anche in Piemonte dove le uscite dal pubblico per rientrare come libero professionista assai più remunerato si sono susseguite in crescendo da mesi – vengono bloccate le porte girevoli. Nel testo predisposto dal ministro della Salute Orazio Schillaci è previsto che “il personale sanitario che interrompe volontariamente il rapporto di lavoro dipendente con una struttura sanitaria pubblica per prestare la propria attività presso un operatore economico privato in regime di esternalizzazione non può chiedere successivamente la ricostituzione del rapporto di lavoro con il servizio sanitario nazionale”. 

Una misura che, proprio guardando alla situazione piemontese, fa dire al commissario dell’Azienda Sanitaria ZeroCarlo Picco: “Oltre a chi quel passaggio lo ha già fatto c’è chi lo stava meditando e adesso, probabilmente, ci rifletterà molto di più”. La prospettiva, allettante fino ad oggi, domani potrebbe esserlo assai meno, proprio in virtù di quell’altro giro di vite che riguarda l’utilizzo delle cooperative e la loro remunerazione. Più volte e da mesi le Regioni avevano sollecitato il Governo a porre un tetto alle spese per i gettonisti. Lo stesso assessore alla Sanità Luigi Icardi, anche nella sua veste di vicecoordinatore della commissione Salute della Conferenza, si era rivolto al ministro chiedendo una misura che nessuna Regione avrebbe potuto assumere autonomamente senza rischiare di finire penalizzata e che, quindi, necessitava di una sua applicazione su scala nazionale. 

Dunque, ancora un anno e poi i Pronto Soccorso non potranno più essere praterie per le cooperative cui le casse della sanità pubblica pagano una media che supera i mille euro per ogni turno di un medico, spesso specializzato in discipline che poco o nulla hanno a che vedere con l’emergenza-urgenza e, non di rado, avendo ampiamente superato l’età della pensione.

“Con questo decreto arrivano alcuni segnali che attendevamo da tempo, ma ci sono aspetti su cui c’è ancora grande timore”, dice Fabio De Iaco, presidente della Società Italiana di Medicina di Emergenza e Urgenza. “Il timore diffuso è che le cooperative, pur con tutti gli aspetti negativi, sono l’ultima spiaggia in alcune situazioni. Fissare con decreto che non si può procedere con i gettonisti oltre un anno, ha poco senso se questa disposizione non viene accompagnata da un progetto più ampio e strutturale. Credo e spero che questo accadrà”, osserva De Iaco che opera come direttore di Dea in un ospedale torinese ed è componente del comitato voluto dalla Regione per affrontare l’emergenza dei Pronto Soccorso. 

Altro aspetto che viene salutato positivamente riguarda gli specializzandi: “Per la prima volta un governo scrive che entrano nel servizio sanitario nazionale, nel caso specifico negli ospedali”. Ma è anche un’ulteriore risposta alle richieste avanzate al ministro dal Piemonte, insieme alle altre Regioni. “Otto ore alla settimana sono poche, ma sono già qualcosa”, ammette Picco sempre riferendosi all’innovazione che porterà gli specializzandi in corsia, “senza che nella norma sia prevista la richiesta di autorizzazione al direttore della scuola di specializzazione”, ovvero all’università. 

La scommessa o il pericolo, a seconda di come lo si guardi, di fronte a un provvedimento atteso e accolto con soddisfazione, resta quella di come preparare il sistema alla svolta, tra limiti indispensabili all’espansione del ricorso ai gettonisti e ai loro costi e una carenza di personale che ad oggi permane in tutta la sua gravità. Certamente una sfida cui è chiamato il sistema sanitario, tanto più in una regione dove il pericolo di veder saltare i conti delle Asl sotto i costi proibitivi delle cooperative è concreto e rimanda a tempi non lontani in cui la Sanità finì a lungo commissariata. 

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