Pnrr, i rischi dell'incompetenza

Il capogruppo del Carroccio alla Camera Riccardo Molinari che dice di aver “parlato con molti sindaci di comuni piccoli” e si chiede se abbia “senso indebitarsi con l’Ue per fare cose che non servono” non è lo stesso Molinari segretario della Lega del Piemonte? Me lo chiedo perché in Piemonte, nel marzo 2021, la Giunta di centrodestra trionfalmente presentava così il suo piano sul Pnrr: “La Regione intende allinearsi al cambio di passo necessario per far fonte a questo straordinario nodo storico, proponendo un pacchetto di 1.273 interventi per complessivi 26,9 miliardi che offre una garanzia di realizzazione dei prefissati obiettivi di ricaduta sulle economie locali”. Tra l’altro nella Missione 1 inserivano la sede dell’Intelligenza artificiale di cui non si hanno più notizie tranne quella del suo ridimensionamento e spacchettamento.

Ma se Molinari ha parlato in questi giorni con tanti sindaci chi aveva parlato con i sindaci due anni fa, quando la Regione Piemonte nel suo documento sul Pnrr scriveva di “una indicazione tanto più preziosa quanto risultante non dall’applicazione più o meno fedele di direttive impartite dall’alto, ma dal concorso di migliaia di proposte spontanee che si sono aggregate intorno ad alcune precise strategie leader”. Sempre nel documento della Regione si legge dell’ampio coinvolgimento dei Comuni: “Il roadshow Piemonte cuore d’Europa. Diamo forma al futuro, dal 25 febbraio al 31 marzo (2021), ha coinvolto tutti i Comuni piemontesi e ha registrato la partecipazione di oltre 2.500 stakeholders in 11 incontri territoriali a Novara, Vercelli, Verbania, Biella, Alessandria, Asti, Cuneo, Torino e Alba”. Oltretutto dei 1273 progetti presentati la stragrande maggioranza sono di Comuni sovente piccoli e se guardiamo i termini di scadenza dei progetti vediamo che all’incirca la metà scadono tra il 2023 e il 2024.

Ecco perché la Lega lancia l’allarme sul rinunciare a una parte dei finanziamenti del Pnrr. Il vero motivo è che i Comuni sovente governati da liste civiche di ispirazione leghista e a trazione centrodestra non sono in grado di realizzare i progetti presentati. E dire che l’allora Governo Draghi aveva messo a disposizione una task force di esperti proprio per supportare gli enti locali con problematiche realizzative del Pnrr.

Allora subentra il secondo problema: la qualità degli amministratori locali. Secondo un criterio ormai diffuso, l’elettore promuove l’amico e non la competenza, si diventa assessore o sindaco perché portatori di un pacchetto di voti, pur essendo spesso inadeguati o incompetenti a svolgere determinati incarichi. Così facendo non solo si diffonde un malcostume ma si sviluppa e radicalizza l’incapacità a governare qualsiasi istituzione, organizzazione, associazione. Se ciò è accompagnato da una burocrazia che deve sopravvivere a sé stessa e autorigenerarsi allora l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi diventa realtà.

Risulta anche inutile ricorrere a sotterfugi meschini come addossare le colpe ai governi precedenti perché se leggiamo il rapporto del Governo Draghi sullo stato di attuazione del Pnrr del 5 ottobre 2022, ovvero un mese dopo la vittoria del centrodestra, leggiamo che tutti i 51 traguardi e obiettivi in scadenza a fine 2021 erano stati raggiunti e finanziati così come i 45 traguardi e obiettivi dell’anno dopo.

Il Pnrr ha un piccolo “baco” al suo interno che destabilizza la politica italiana, soprattutto nel centrodestra: e cioè prevede date e scadenze precise e ravvicinate che vanno rispettate. Questo è un problema enorme per la politica italiana abituata alla tattica del rinvio, del prendere tempo.

Tornando a Molinari mi sarei aspettato, visto che il problema lo ha posto “un autorevole” esponente politico piemontese, che ci fosse una reazione del centrodestra piemontese e dei sindaci. Sono disposti a rinunciare ai loro progetti? Cosa diranno ai loro elettori? È questa l’idea di sviluppo del territorio piemontese e torinese che ha la Lega?

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