LA SACRA RUOTA

Stellantis inverte la marcia: Mirafiori cresce del 18%

Segnali positivi nel primo trimestre: produzione +4,8 per cento a livello nazionale. Il polo di Torino, con quello di Pomigliano d'Arco, trainato dalla 500. Tasto dolente la Maserati. Arrancano i veicoli commerciali a causa della carenza dei materiali. Il report della Fim-Cisl

È un primo trimestre che inverte la tendenza quello della produzione di Stellantis con un +4,8 per cento. Lo ha reso noto Fim-Cisl durante la presentazione dei dati sulla produzione del gruppo automotive per il primo trimestre 2023. Il dato dei primi tre mesi di quest’anno è positivo rispetto al 2022. A giovare maggiormente di questo segno più sono i poli produttivi di Torino e Pomigliano d’Arco, che trainano la crescita con la 500 elettrica e l’Alfa Romeo Tonale.

Nel capoluogo piemontese la crescita di produzione è stata del 18,4 per cento (25.900 unità), mentre a Pomigliano la crescita è stata ancora più marcata con un +22,7 per cento. L’attuale andamento produttivo fa prefigurare un 2023 prossimo alle 100mila Fiat 500e. Il 91,5% dei volumi dello stabilimento torinese sono rappresentati da 500 bev, il restante 8,5%, pari a 2.200 unità, è rappresentato dalle produzioni Maserati, quest’ultime ben lontane dalle 10.000 unità negli anni di punta delle produzioni Maserati. Sulla linea Maserati che, a differenza della 500e viaggia su un solo turno, nel primo trimestre ci sono stati 27 giorni di fermo produttivo coinvolgendo circa 1740 lavoratori. Alle produzioni di Levante, Ghibli e Quattroporte si sono aggiunte finalmente le nuove produzioni di Granturismo e Gran Cabrio. Per la Fim è fondamentale il rafforzamento delle produzioni Maserati, la partenza produttiva su una nuova piattaforma, delle due nuove Maserati Gran Turismo e Gran Cabrio, per le quali si aspettano le versioni Folgore full-elettric nel corso del 2023. L’unico polo con un segno meno è stato quello di Plant di Sevel-Atessa con un -10,6 per cento sulla produzione dei veicoli commerciali. A causare questo dato negativo la carenza dei materiali.

Nel complesso, però, c’è ancora molta preoccupazione per l’automotive. “A 5 mesi dall’insediamento del governo Meloni, sul settore auto molte dichiarazioni ma pochi fatti concreti”, affermano il egretario nazionale Fim-Cisl Ferdinando Uliano e il segretario generale Fim di Torino Canavese Davide Provenzano. “A tutt’oggi non si è provveduto ad utilizzare le risorse stanziate nel Fondo specifico dell’automotive per favorire la reindustrializzazione e la trasformazione del settore. Si stanno finanziando unicamente gli incentivi alla domanda”, spiegano i sindacalisti, citando ad esempio l’acquisto di auto sostenibili, e ribadendo che non si devono “sottrarre risorse per la reindustrializzazione indispensabili per evitare l’impatto negativo di oltre 75mila lavoratori nel comparto a seguito del cambio delle motorizzazioni. Il Fondo stanziato era di circa 8 miliardi di euro in 8 anni, utilizzato per poco più di 1 miliardo solo per incentivare l’acquisto delle auto”.

Le risorse devono essere utilizzate “per favorire la reindustrializzazione e compensare con nuove attività le perdite occupazionali causate dal cambio delle motorizzazioni. Bisogna accorciare la catena di fornitura, portando nel nostro Paese le produzioni di tutta la componentistica che rappresenterà l’auto del futuro: dai semiconduttori, dalle batterie, ai componenti necessari per la motorizzazione elettrica, per la guida autonoma, per la digitalizzazione e la connettività. Il Governo deve essere consapevole – avvertono i sindacalisti – che senza un piano per la transizione industriale attivabile immediatamente, il rischio licenziamento e desertificazione industriale diventa certezza”. Le sigle metalmeccaniche – Fim, Fiom e Uilm – insieme a Federmeccanica avevano presentato uno studio comparato di quanto gli altri stati in Europa hanno fatto e stanno facendo per salvaguardare la filiera produttiva. “Questo studio lo abbiamo presentato al ministro Urso, ci auguriamo che possa essere utilizzato concretamente per scaricare a terra gli investimenti nelle aziende del nostro Paese”, dicono Uliano e Provenzano, che esortano: “Non bisogna perdere tempo, la situazione di criticità e di forte trasformazione che sta attraversando il settore automotive nel suo complesso e le ripercussioni negative che gravano sull’indotto, emergono in tutta la loro drammaticità dalle numerose situazioni di crisi. Mancano interventi specifici per rafforzare gli ammortizzatori sociali, la formazione professionale, necessari per governare la transizione e il cambiamento delle competenze professionali dei lavoratori verso l’elettrico, l’idrogeno, la digitalizzazione, la connettività e la guida autonoma”, concludono.

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