Auto elettrica, non siamo tutti uguali

Il mercato dell’auto, per ora, non segue gli orientamenti di studiosi e analisti. E nemmeno quelli dell’Unione Europea. E siccome viviamo in un mondo capitalista le imprese vanno dove si dirige il mercato. Le auto a benzina hanno incrementato le vendite, anche se impercettibilmente, dal febbraio 2022 a oggi e nel campo dell’alimentazione alternative, se escludiamo la Norvegia e una buona fetta di mercato in Germania per le auto Bev, la fa ancora da padrone il motore endotermico accoppiato all’elettrico, cioè l’ibrido con il 25% del mercato europeo. Le auto elettriche hanno 13% di mercato e il ricaricabile scende dell’1,5% assestandosi al 7,1%.

Non è un contesto eccellente per un futuro tutto elettrico in Europa, considerando che abbiamo quasi 250 milioni di auto circolanti la cui età media è di 12 anni e che gli incentivi dei vari governi, Italia in testa, non incidono sullo svecchiamento.

Insomma, chi ha un’auto vecchia non può permettersi di cambiare auto e ciò significa che il governo italiano per favorire la domanda di auto non può intervenire solo con incentivi ma deve creare una politica di crescita del benessere economico familiare: dal salario all’aumento della spesa pubblica.

Se calcoliamo tutta l’Europa poi arriviamo a 294 milioni, l’Italia è seconda con quasi 40 milioni dietro alla Germania con 48,5 milioni di auto circolanti.

La prima domanda sorge spontanea: dove troveranno le case costruttrici di auto tutte le materie prime per costruire batterie per un così imponente parco auto? Quanto gli costeranno?

Resta poi il problema di elettrificare il rifornimento e quindi il consumo di energia elettrica che in alcune ore della giornata sarà intensivo. Oggi ci dicono di usare la lavatrice di notte perché c’è un minor consumo di energia elettrica ma domani? Le emissioni forse si attenuano se prima affrontassimo il problema del produrre energia pulita.

Tornando sulle auto circolanti l’impatto dell’elettrico nel suo complesso è quasi insignificante; infatti, benzina e diesel coprono il 93% (2021), quelle solo elettriche lo 0,8%. In Italia la percentuale di auto a motore endotermico è un po’ più bassa, 87,6% con un significativo 7% di gpl e 2,5% di metano; per contro l’elettrico puro è allo 0,3%.

Se la vita media è oltre i 12 anni significa che l’obiettivo di produrre solo elettrico dal 2035 avrà un impatto “definitivo”, semmai sia raggiungibile, solo oltre il 2045. Allora viene da chiedersi se sia reggibile dal punto di vista economico la sopravvivenza dei produttori di auto considerando la temporalità tra produzione, vendita e tempistica del mercato. Mi sembra proprio di no.

Però, sovente, gli analisti ci portano l’esempio della Norvegia che primeggia con le auto elettriche con, però solo 5 milioni di abitanti e tanto petrolio da estrarre; infatti, è il terzo esportatore mondiale e moltissimo gas estratti soprattutto nel mare del nord. Ecco perché questo Paese può permettersi uno spostamento green, hanno l’83% di auto elettriche, senza smettere di estrarre petrolio. Non è un esempio significativo ed esportabile ma un’eccezione.

A livello mondiale circolano 1,3 miliardi di auto e da evidenziare che in Brasile, sola eccezione, oltre l’82% delle auto sono alimentate a flex fuel, ovvero un motore in grado di utilizzare indifferentemente benzina, bioetanolo (alcool prodotto mediante fermentazione di prodotti agricoli ricchi di zuccheri) o una qualsiasi miscela dei due. La potenzialità ecologica di questa alimentazione alternativa è legata al fatto che non produce Co2 ma sappiamo cosa costa in termini di deforestazione e monocolture intensive per produrre questi carburanti.

È però importante ed è un primo risultato che arrivino segnali di apertura dall’Europa sui biocarburanti perché escludendo l’uso di terreno agricolo per produrli, ma anche per installarvi impianti per energia pulita, è invece importante la filiera in un’ottica di economia circolare del recupero del rifiuto, del riciclo degli scarti alimentari, agricoli e animali.

Raramente la politica è riuscita a influenzare e condizionare il mercato, anzi i liberisti puri sappiamo come la pensano; per contro nei Paesi in cui il mercato è determinato dai governi sappiamo come vivono; quindi, rimane la solita via ancora da realizzare orientando il mercato, governarlo, renderlo accessibile a tutti i ceti sociali garantendo il benessere economico delle persone e parafrasando Don Milani, che mi perdonerà, non si può dare a tutti l’elettrico se non siamo tutti uguali.

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