GRANA PADANA

Lega divisa tra Le Pen e Ppe, Molinari: "Meglio i popolari"

Il capogruppo a Montecitorio (assieme al vicesegretario Crippa e al ministro Giorgetti) spinge per la svolta moderata, mentre Fontana teme che non venga compresa. Imbarazzo per la coabitazione con Alternative für Deutschland. La discussione nel Consiglio federale

Restare nel gruppo Identità e Democrazia insieme al partito di Marine Le Pen, ma anche in imbarazzante compagnia di Alternative für Deutschland, oppure puntare verso il Partito popolare europeo imboccando la strada verso l’uscita da un isolamento a Strasburgo? 

L’amletico dilemma su cosa essere o non essere in Europa, per la Lega resta al momento irrisolto. Anzi sulla prospettiva delle elezioni del prossimo anno e, dunque, sul posizionamento nell’ambito dell’europarlamento fin dalle prima battute della discussione il partito di Matteo Salvini mostra due linee, di fatto divergenti, senza lasciar prevedere quale prevarrà. 

Un primo passaggio importante di un non facile confronto interno si è svolto nel corso del Consiglio federale, convocato per la tarda mattinata dal leader del partito. Dopo circa tre ore di dibattito, nessuna decisione, come prevedibile, è stata presa e il segretario ha aggiornato la riunione al 29 maggio. Davanti alle posizioni, a tratti divergenti, dei dirigenti leghisti, il segretario si è guardato dall’esprimere una sua opinione, mentre dal dibattito se in apparenza tutti si sono detti d'accordo sul no alla formazione di estrema destra tedesca AfD, differenti le visioni sul se e come avvicinarsi al Ppe. 

Dopo le premesse del capodelegazione a Strasburgo Marco Campomenosi e del capogruppo di Identità e democrazia Marco Zanni, che hanno illustrato la situazione, è stata la volta di Lorenzo Fontana, ideologo della svolta sovranista avviata da Salvini a partire dal 2013, e tuttora responsabile Esteri del partito, oltre che naturalmente presidente della Camera. Per lui sarebbe oggettivamente “difficile spiegare all'elettorato un cambiamento di linea in Europa”, anche se le perplessità del presidente della Camera rispetto all'attuale composizione del gruppo Id, nella Lega, sono note da anni. 

Più netta la posizione a favore di un’uscita dal gruppo attuale e un percorso verso il Ppe, quella del capogruppo alla Camera Riccardo Molinari (“Con la vittoria del centrodestra, ci siamo confermati partito di governo: lo sbocco naturale è quello di cercare di entrare in maggioranza anche a Strasburgo”), così come quella del vice segretario Andrea Crippa. Con loro oltre a diversi coordinatori regionali e al governatore lombardo Attilio Fontana, mentre era assente il veneto Luca Zaia.

E se il ministro delle Riforme Roberto Calderoli avrebbe chiesto di rinviare la decisione a dopo il voto, diversa la posizione del titolare del Mef, il collega Giancarlo Giorgetti sostenitore della necessità di smarcarsi da alcuni partiti, come AfD : “Non possiamo pensare di essere un partito di governo in Italia essendo alleati degli estremisti tedeschi in Europa”.

Ma c’è un tema ulteriore a spingere la Lega verso una decisione rapida.Il partito di Salvini che elesse 29 eurodeputati con il boom del 34% delle europee del 2019, fu però marginalizzata per l'adesione al gruppo euroscettico. E oggi potrebbe rischiare un nuovo isolamento se i Conservatori, guidati da Giorgia Meloni e dal Pis polacco, si alleassero, come appare, con il Ppe in vista del voto del 2024. Alleanza che per ora dal fronte dei popolari non vede segnali di apertura alla Lega. E anche questo resta un problema.

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