POLITICA & SANITÀ

Direttori Asl contro lo zanzarologo: "Assurda la proposta di Crisanti"

Vertici delle aziende nominati da commissioni composte dall'Anac, limite di due mandati: è il disegno di legge del microbiologo oggi senatore Pd che crea imbarazzo persino nel suo partito. Serpieri (Fiaso): "Mina la nostra professionalità"

Zanzarologo. Per avversari e detrattori, la cui schiera si è andata ingrossando dai tempi del rivoluzionario studio sulla popolazione di Vò Euganeo dove esplose uno dei primi focolai Covid fino all’approdo in Parlamento nelle liste del Pd, non c’è stato appellativo più negativo per definire Andrea Crisanti. L’esordio da senatore del microbiologoè un disegno di legge il cui fine dichiarato e non meno ammiccante è quello di “tenere lontana la politica dalle nomine dei vertici delle Asl”. Nel testo appena depositato al Senato, Crisanti circondato da un eloquente silenzio del suo stesso partito prevede che i direttori generali delle aziende sanitarie siano scelti da un commissione nominata, per ogni azienda, dall’Anac (l’autorità nazionale anticorruzione) e composta da rappresentanti dei medici, degli operatori sanitari, dei pazienti e dal sindaco della città sede dell’Asl, lasciando al presidente della Regione solo la nomina formale alla quale può rifiutarsi solo per motivate ragioni di conflitto di interessi. Non solo, per colui che è stato uno dei protagonisti del circo mediatico dei “virologi” nel corso della pandemia, i manager possono svolgere non più di due mandati anche se in sedi diverse. 

Ce n’è d’avanzo per far alzare la fronda ai vertici delle Asl e delle Aso, ma anche tra chi aspira a guidarne una. Il tam tam tra i direttori è un segnale di guerra verso una riforma che viene letta come un attacco frontale, non solo e non tanto alla politica, ma proprio nei confronti di una categoria. La Fiaso, la Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere, sorta di sindcato unitario del direttori generali, sta predisponendo un documento ufficiale, ma già dalle prime reazioni si annuncia una presa di posizione molto dura. In Piemonte il coordinatore della federazione è Chiara Serpieri, attuale direttore generale dell’Asl del Verbano-Cusio-Ossola e, precedentemente, dell’azienda di Vercelli.   

Dunque, dottoressa Serpieri, se il testo di Crisanti diventasse legge la politica resterebbe fuori dalla finestra, spalancandosi la porta all’Autorità anticorruzione. È questo che voi direttori ritenete sbagliato e perché?
“Intanto mi faccia ricordare che fare il direttore generale non è un’occasionalità, ma è una professione. Io lavoro da 43 anni nel servizio sanitario nazionale, ho un curriculum credo qualificato come tutti coloro che sono abilitati a dirigere un’azienda sanitaria e tutti lavoriamo e continuiamo a studiare perché la sanità nella quale sono entrata nel 1980 non è la sanità di oggi e neppure quella del futuro. Quindi, credo che le nostre professionalità debbano essere gestite e apprezzate e soprattutto utilizzate”.

Ma l’Anac?
“Non solo so, credo che nel mondo delle istituzioni valga un principio di competenza e non so se tra le competenze dell’Anac c’è quella di dare una pagella di incorrutibilità di un direttore piuttosto che di componenti di una commissione di valutazione, nonché quella di scegliere come comporre una commissione cui demandare la scelta del direttore”.

Davvero un sistema che non funziona per troppa politica, come sostiene Crisanti?
“Noi siamo valutati al momento dell’ingresso nell’elenco degli idonei: quest’anno oltre mille persone su centinaia di migliaia di dipendenti del servizio. Le aziende sanitarie sono circa 200 e che ci sia un parterre di mille persone tra le quali scegliere mi sembra un aspetto positivo. La nostra è o non è una professionalità? Se lo è, va valutata come tale e va considerato che è di alto profilo perché risponde da un lato delle scelte tecniche che pone in atto e dall’altro di pianificazioni strategiche che vengono fatte a livello politico. È un ruolo di confine”.

Togliere alla Regione il potere di nomina, di cui comunque la politica dovrebbe risponderne agli elettori al momento del voto, per darlo a un organismo composto da un’Autorità che richiama per molti versi l’ambito giudiziario. Più rischi che benefici?
“Se noi direttori generali stipuliamo il contratto con la Regione, mi sembra ragionevole che la Regione sia convinta del fatto che io posso servire, nel senso di public service, l’istituzione. Perché mai togliere all’ente quella che è una prerogativa logica, ma anche una responsabilità?”.

Tra le misure contenute nel testo c’è pure il limite a due incarichi per i direttori, un po’ come fossero sindaci. Che ne pensa?
“Lo trovo assurdo. Siamo dei professionisti”.

Tra i suoi colleghi direttori qual è la reazione alla proposta del “virologo” senatore?
“Mi permette di dire: no comment?”

Concesso. Chiaro il senso della risposta. Ma, bocciato almeno dalla vostra categoria il disegno di legge Crisanti, c’è qualcosa che comunque andrebbe cambiato nel rapporto tra i vertici delle aziende sanitarie e i loro datori di lavoro, le Regioni?
“C’è una cosa che stiamo proponendo come Fiaso e riguarda le retribuzioni. Il ruolo dei direttori andrebbe contrattualizzato a livello nazionale, trovando un’uniformità normativa ed economica, un po’ come si è fatta per l’idoneità nazionale”.

Il rischio di dumping tra Regioni, una che fa concorrenza all’altra offrendo di più?
“Non è un rischio, è la realtà. Ci sono regioni che dal punto di vista professionale potrebbero costituire una sfida molto interessante e una tappa nell’esperienza, ma offrono stipendi più bassi”.

Il Piemonte com’è messo su questo fronte?
“L’anno scorso ha recuperato il gap con altre Regioni. Non siamo ancora in cima alla classifica, ma non siamo più al fondo”. 

print_icon