Roccella, dissenso o intolleranza?

La mancata presentazione del libro del ministro Roccella al recente Salone del Libro di Torino non può passare sotto silenzio o derubricato ad un fatto di colore o di banale incomprensione. No, perché dietro a quella vicenda – e soprattutto dopo le reazioni politiche dei vari partiti – emerge anche qual è la concezione che alcuni attori politici e giornalistici hanno del pluralismo, del rispetto dell’avversario politico, della tolleranza e del confronto tra parti politiche profondamente diverse. Detto in altri termini, della concezione che si ha della democrazia e dei suoi istituti principali.

Ora, tutti più o meno sappiamo qual è stata la dinamica concreta di quella presentazione mancata. Ma quello che importa sottolineare, almeno a mio parere, sono appunto le reazioni politiche. Perlomeno di alcuni partiti.

Dunque, ricapitolando, e se ho ben capito, la tesi della sinistra – a cominciare dalla sua segretaria nazionale Schlein – e del circo mediatico che la appoggia è la seguente: il confronto è sempre importante ma non si può non tener conto che ci troviamo di fronte ad un Governo con una specifica caratterizzazione autoritaria, con una possibile deriva fascista, con una politica che restringe se non addirittura annulla i diritti fondamentali e che, dulcis in fundo, può stravolgere la Costituzione e azzerare la stessa libertà di espressione e di spazi democratici. E, di conseguenza, il diritto di contestare – in sé, come ovvio e scontato, legittimo – può anche tacitare il “nemico” giurato della democrazia, della libertà e della difesa dei principi basilari. Insomma, e tradotto per i non addetti ai lavori, se la Roccella non ha potuto presentare il suo libro a Torino la responsabilità politica è esclusivamente riconducibile a ciò che dice, a ciò che pensa e a che cosa rappresenta politicamente il ministro Roccella. E quindi, coerentemente con questa tesi, con quello che dice e che pensa la Roccella la cosa migliore è zittirla. Con le buone o con le cattive, come si suol dire. Anche perché, ultima considerazione della sinistra – come ha detto il direttore della Fondazione del Salone del Libro Lagioia – “nel momento in cui c’è una ministra che è anti abortista si capisce che le donne si sentano minacciate”. E quindi, com’è facile dedurre, tutto può accadere.

Ecco perché, senza esercitarsi in altre considerazioni, quello che emerge in modo inequivocabile dopo queste svariate reazioni non può non inquietare la coscienza democratica e liberale del nostro Paese. E cioè, detta con molta semplicità ma con altrettanta chiarezza, c’è un “pensiero” – che si riconosce nella sinistra post-comunista a livello politico, culturale, editoriale, giornalistico, sociale, artistico e letterario – che può rappresentare un futuro tranquillo, equilibrato, radioso e rassicurante per tuti. Chiunque ostacola questo “pensiero” o questa “cultura politica” può e dev’essere contestato in tutte le forme. Anche, comprensibilmente, tacitando chi esprime un dissenso da quel pensiero e da quella cultura politica.

Conclusione. Il “caso Roccella” ha dimostrato che, seppur nel rispetto di tutte le opinioni, il confronto libero e democratico nel nostro paese ricomincia ad avere scarsa cittadinanza, al di là delle dichiarazioni di rito del tutto burocratiche e protocollari, soprattutto dopo l’esito delle urne dello scorso 25 settembre. Ora, per evitare che questo brutto clima degeneri e che dopo aver tacitato l’avversario/nemico si mettano in campo altre azioni per batterlo definitivamente, credo sia opportuno ricordare e far proprie le regole basilari di una vera ed autentica democrazia. Ovvero, rispetto rigoroso dell’avversario; piena valorizzazione del pluralismo politico e culturale; garanzia per le minoranze e, in ultimo ma non per ordine di importanza, accettazione del dialogo e del confronto come regola aurea di convivenza civile. In sintesi, senza la conservazione di questi principi basilari è la stessa democrazia che rischia di entrare definitivamente in crisi. E, al riguardo, il “caso Rocella” ci ha ricordato nuovamente e per l’ennesima volta nella storia politica del nostro Paese, questo insegnamento civico e democratico.

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