Se son pochi mille euro al mese

“Un ragazzo che rifiuta di lavorare sottopagato a 1.000 euro fa bene, non può accettare quelle condizioni — dice Maurizio Landini —. Il lavoro deve essere una condizione che permette a chi lo fa di vivere dignitosamente e non di essere sfruttato, non di dovere ringraziare perché ti fanno lavorare. Basta, questa cultura, l’abbiamo già pagata”. Qualcuno della Cgil ha avvisato Landini dei Contratti Nazionali che le categorie di Cgil-Cisl-Uil firmano?

Perché se il segretario della Cgil pensa che guadagnare mille euro al mese non sia dignitoso, e può darsi che abbia ragione, allora un problema ce l’hanno anche i sindacati confederali. Se ci riferiamo a lavori pagati in nero è sicuramente sfruttamento anche perché quell’imprenditore, o sfruttatore se preferite, crea un danno alla società non pagando tasse e contributi. Ma Landini dimentica che, ad esempio, uno degli strumenti che abbiamo definito fondamentale per l’ingresso nel mondo del lavoro come l’apprendistato prevede salari di ingresso, netti, che partono da meno di mille euro al mese.

Secondo Indeed stipendi la media del salario lordo da apprendista è appena sopra i mille euro lordi al mese, se non consideriamo le altre voci che compongono la retribuzione lorda complessiva annua ma solo la paga base siamo a meno di 6 euro/ora.

Allora abbiamo alcune tipologie di problemi: il primo è la dimensione del lavoro atipico e citando Unioncamere Piemonte emerge che “la domanda di lavoro a maggio 2023 (in Piemonte) è trainata dai contratti a tempo determinato con il 58% delle entrate programmate, seguiti da quelli a tempo indeterminato con il 26% dei casi. L’apprendistato rappresenta la tipologia contrattuale prescelta per il 10% delle entrate, mentre gli altri contratti detengono una quota del 6% del totale complessivo regionale”.Ma se la dimensione del lavoro a tempo determinato è di tale portata presuppone un problema di insicurezza sul futuro che impedisce di programmare una vita fatta di scelte e sicurezze ma non sicuramente sottopagata rispetto ai contratti che noi firmiamo.

Quindi il problema primario è la insicurezza della durata del rapporto di lavoro più che la dignità e la quantità del salario che è normata, comunque, dai Contratti nazionali che noi sindacalisti firmiamo. L’altra questione è la percentuale molto bassa di contratti di apprendistato; il 10% delle assunzioni significa che lo strumento non funziona ma siccome è il miglior strumento con un salario d’ingresso crescente e, sebbene con una clausola trabocchetto della Fornero, con la trasformazione finale in un contratto a tempo indeterminato che dà garanzie e certezze future al giovane lavoratore. Allora domandiamoci come sindacato, Landini in primis, perché questo strumento funziona così poco, cosa modificare per renderlo più fruibile magari eliminando burocrazia in eccesso e rendendo la formazione on the job meno rigida.

La peggiore cosa che possa fare un sindacalista è ingenerare nelle persone, a partire da quelle che vorrebbe rappresentare, confusione. Se parliamo inoltre di alternanza scuola-lavoro o Pcto, di tirocini formativi è una cosa ben diversa da contratti di lavoro veri e propri. Per i Pcto non c’è retribuzione in quanto fanno parte di momenti conoscitivi del mondo del lavoro mentre i tirocini extracurricolari formativi prevedono una retribuzione minima di 500 euro/mese.

Se fossimo capaci di uscire dagli slogan inutili e dannosi; oltretutto controproducenti perché si ritorcono contro di noi e passassimo alla fase del ragionamento dovremmo dire che bisognerebbe lavorare su contratti a salario d’ingresso crescente in cambio di contratti di lavoro a tempo indeterminato. Uno scambio salario con sicurezza occupazionale sarebbe un atto di coraggio sindacale per uscire dal solito tran tran di affermazioni comizianti.

Vittorio Foa ci ha insegnato la mossa del cavallo che scarta e vince sorprendendo l’avversario ma, purtroppo, molti nel sindacato vogliono fare la torre.

print_icon