Salario minimo, confusione massima

Sono contrario al salario minimo determinato per legge a causa dell’incompetenza dei politici nel trattare una materia che non conoscono e a cui approcciano in modo ideologico. Sono anche politicamente scorretto. Faccio una prima domanda al raggruppamento delle opposizioni che hanno presentato la proposta unitaria: ma quando parlate di 9 euro lordi all’ora vi riferite alla sola paga base o al Tec (Trattamento economico complessivo)? E nel caso sia il Tec quali voci ritenete debba comprendere? Solo quelle salariali o tutte quelle che concorrono a un trattamento economico anche di natura non salariale ma formata da welfare e benefit? I premi aziendali e la contrattazione aziendale sono fuori dal calcolo per determinare la soglia del salario minimo?

A tutte queste domande nella proposta di Pd-5S-Azione-Verdi e Sinistra-Più Europa non c’è traccia. “Di cosa parlano?” mi viene da chiedere. Perché questa è la “ciccia” del problema, non le statistiche su quanti non raggiungono, oggi, i fatidici 9 euro. Lo sottolineo perché da queste risposte varia moltissimo il costo per le aziende e varia la loro reazione sul piano contrattuale futuro, e spiego il perché.

Se nell’ultimo quindicennio la contrattazione nazionale e aziendale si è sviluppata molto sull’erogazione di welfare aziendale, pensiamo ad esempio al valore economico per il lavoratore e al costo per l’azienda e anche alla portata storica di MétaSalute per i metalmeccanici che estende le prestazioni sanitarie anche ai famigliari.

Ecco uno strumento del genere rischia di essere vanificato perché genererebbe due costi per l’azienda: da una parte l’erogazione del welfare e dall’altra parte se non si danno aumenti in paga base l’azienda rischia di avere lavoratori che vanno al di sotto della soglia minima. Ovviamente le aziende decideranno di non affidarsi più a contrattazioni che trattino welfare e benefit ma solo più a aumenti in paga base. Peccato che il salario erogato in paga base copre a posteriori, a malapena, l’inflazione, mentre welfare e benefit vanno oltre gli indici inflazionistici.

Trovo poi pericolosissimo il “comitato di aggiornamento tecnico” per alleggerire le imprese dai costi di adeguamento perché tradotto in pratica sarà uno strumento che le aziende useranno, per compensare la soglia minima salariale, chiedendo tagli sui diritti e le tutele previste dai contratti. Uno scambio più salario e meno tutele perché per le imprese il costo dovrà essere zero o vicino allo zero. Chi dovrebbe avere fatto politica per anni non ha ancora capito cos’è la contrattazione sindacale e valutare i pro e i contro.

Quindi se le opposizioni sapranno sciogliere questo nodo, ben più importante di chi è rappresentativo o meno avranno fatto un enorme passo in avanti nell’avere le idee più chiare quando si parla di salario dei lavoratori. Perché, spero lo abbiano capito che una proposta sul salario minimo non coinvolge solo chi è al disotto della soglia ma tutti i lavoratori in quanto mette mano alla contrattazione complessivamente.

Inoltre il Professore ordinario di Diritto del lavoro Marco Barbieri ci ricorda in Italia “ci sono 4.578.535 lavoratori e lavoratrici che guadagnano meno di 9 euro lordi l’ora” (se non calcoliamo la Tec) di cui il 90% dei lavoratori domestici.  Vorrei ricordare che questa tipologia di lavoratore ha come datore di lavoro le famiglie, un altro lavoratore, spesso un pensionato che possono già trovarsi in una condizione di disagio economico. Quindi quale risposta la proposta di legge delle opposizioni dà a questi cosiddetti “datori di lavoro famigliari”?

Una legge sul salario minimo, senza una precisa definizione di chi ha diritto a fare contrattazione e a rappresentare i lavoratori, anziché ridurre, amplierebbe i contratti pirata perché spingerebbe i datori di lavoro a orientarsi su sindacati di comodo. Siccome una parte cospicua dell’opposizione firmataria della proposta sul salario minimo manifesta sovente in piazza con i Cobas e il sindacalismo autonomo davvero i promotori sono sostenitori dell’unità sindacale e dei sindacati che firmano i contratti prevalenti o sotto sotto vorrebbero più deregulation e meno sindacato confederale? Tradotto nel politicamente scorretto, sono per fare un favore ai padroni o sostengono Cgil-Cisl-Uil?

È poi paradossale che la Cgil e la Uil sostengano l’esatto contrario di quella che è la natura di un sindacato e vogliano una Legge anziché contrattare. Oltretutto Conte & company si stanno facendo turlupinare da Confindustria, infatti Bonomi sornionamente dice che il tema del salario minimo non è di sua competenza salvo poi appena ci sarà una legge sostenere che la stessa definisce la base minima salariale e che il resto del salario sarà di sola competenza aziendale in base ai loro parametri.

L’ideologia e la mancanza di visione e competenza strategica sta portando una parte del Sindacato e la sinistra a compiere un errore epocale perché se è vero che in Europa quasi tutti i Paesi hanno il salario minimo è altrettanto vero che il Sindacato in quei Paesi conta poco e/o è fortemente ideologizzato. In quali Paesi il Sindacato ha un’interlocuzione così forte con il Governo, tutti, come in Italia?

Forse prioritario sarebbe discutere del lavoro autonomo che camuffa il lavoro dipendente, dai rider in su, e del ruolo dei datori di lavoro cooperativistici che ormai imperversano a supporto degli Enti Locali e della Sanità cioè proprio laddove la politica è onnipresente. Questa scelta dimostra ancora una volta il limite politico e di conoscenza del mondo del lavoro da parte della sinistra. Chiamate Giubileo!

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