SANITÀ

Pronto soccorso nelle cliniche.
Primi sì dal sindacato dei medici

I vertici nazionali di Anaao: "Assurdo che chi cura acuzie non partecipi all'emergenza". Ma in Piemonte l'organizzazione si oppone: "Non servono nuovi Dea". De Iaco (Simeu): "Esempi di attività eccellente". Messaggio a Cirio dall'assemblea Aiop

Pronto Soccorso anche nelle cliniche private? Si, no, forse. La questione si trascina da anni, attraversando amministrazioni regionali di opposto colore politico, senza che il Piemonte abbia mai fatto quel passo compiuto da non poche altre Regioni superando una sorta di tabù ideologico e, per dirla un po’ brutalmente, dando anche l’osso e non solo la polpa alla sanità privata. 

Neppure la durissima prova della lunga emergenza Covid, l’accumulo mostruoso dei tempi d’attesa con l’inevitabile conseguenza dell’affollamento dei Pronto Soccorso, a fronte di un personale sempre più carente, ha fino ad oggi portato a una rivisitazione di una norma – quella che vieta l’emergenza-urgenza alle strutture private accreditate – e la realizzazione di un sistema compiuto invocato dallo stesso sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed, nel suo livello nazionale. In un recente studio, il segretario nazionale del sindacato, Pierino Di Silverio, insieme ad altri esponenti dell’organizzazione, esorta l’avvio di “un’inedita prospettiva di rapporto di collaborazione tra pubblico e privato”, ma il messaggio forte è contenuto in un altro punto del documento, laddove ci si chiede “come sia possibile l’accreditamento di presidi con posti letto per acuti, privi di servizi di Pronto Soccorso e dunque sottratti al circuito di emergenza-urgenza”. In sostanza dal vertice di Anaao si pone l’attenzione su situazioni, come quella del Piemonte, in cui il privato non fornisce il servizio di Dea, anzi gli viene vietato.

Non sono tuttavia mancate, negli anni, le proposte e le offerte di disponibilità da parte delle rappresentanze della sanità privata. E se allora le criticità pur esistevano, ma non erano paragonabili a quelle attuali, oggi la crescita costante degli accessi ai Pronto Soccorso e l’altrattanto costante diminuzione dei professionisti pone la questione in maniera ancora più pressante. Le indicazioni di Anaao ne sono l’evidente e, per alcuni versi, sorprendente conferma, anche se lo stesso sindacato presenta due posizioni diverse, quasi confliggenti: quella nazionale e quella regionale. Quest’ultima, come conferma la segretaria per il Piemonte Chiara Rivetti allo Spiffero, è decisamente contraria all’apertura al privato, sostenendo che “gli attuali Pronto Soccorso sono in numero sufficiente e adeguato, mentre il problema del sovraffollamento va risolto con l’aumento dei posti letto nei reparti”. Resta sempre la questione del personale insufficiente, cui si sopperisce con un non meno privato di quello delle cliniche, ovvero le cooperative o le società di gettonisti.

E se il vertice nazionale di Anaao sostiene la necessità “accordi di convenzione tra strutture pubbliche e private dotate di Dea o Pronto con quelle limitrofe prive di questi servizi per mettere a disposizione dei Pronto Soccorso della rete un numero programmato di posti letto”, aprendo ulteriormente a una sinergia tra il servizio pubblico e quello accreditato, da quest’ultimo in Piemonte arriva l’ennesima sollecitazione alla Regione per modificare la norma, adeguandosi a molte altre regioni, partendo dalla Lombardia e dal Lazio e proseguendo col Veneto, la Toscana, l’Emilia-Romagna, la Puglia e la Campania. “Siamo pronti e non da oggi a dotare le nostre strutture, che hanno i requisiti, dei Pronto Soccorso”, ribadisce Giancarlo Perla, presidente di Aiop Piemonte, l’associazione che riunisce gli operatori della sanità privata “laica” e che giovedì prossimo a Villa Sassi terrà l’assemblea annuale. In quell’occasione il tema sarà tra i principali e un messaggio chiaro, in tale senso, sarà rivolto nuovamente al presidente della Regione Alberto Cirio e all’assessore alla Sanità Luigi Icardi, entrambi invitati.

“L’idea in sé non è affatto da bocciare, ci sono esempi in cui l’emergenza-urgenza viene svolta in maniera eccezionale da strutture private. Non mancano esempi a Roma, così come in Lombardia e lo stesso Gradenigo a Torino lavora molto bene”, osserva Fabio De Iaco, presidente nazionale di Simeu, la Società italiana di medicina di emergenza e urgenza. Il Gradenigo è l’unico caso in Piemonte, frutto del passaggio dal pubblico al privato dell’ospedale che era già dotato di Dea e che lo ha mantenuto. “L’approccio non dev’essere assolutamente ideologico – aggiunge De Iaco – ma ritengo indispensabile tutta una serie di garanzie da parte dei privati che dovrebbero essere assicurate, a partire da quel ruolo che del Pronto Soccorso che spesso rasenta l’aspetto sociale. Penso a patologie croniche, soggetti fragili, anziani e tutti quei casi che pur non rappresentando un potenziale bacino per acuzie e terapie di alta intensità debbono comunque sempre trovare adeguata risposta”.

Una risposta, sul terreno della politica, decisamente contraria alla possibilità di ampliare i Pronto Soccorso in Piemonte, aprendo ai privati, è arrivata netta dal Pd: “No. “Il Pronto Soccorso deve essere gestito dal pubblico” aveva detto il capogruppo in Consiglio regionale Raffaele Gallo. Ancor più duro il suo collega, Domenico Ravetti, pronto a “una irrinunciabile battaglia a viso aperto”. Ma se la posizione del Pd, in Piemonte (visto il diverso approccio di Stefano BonacciniVincenzo De Luca e Michele Emiliano, per citare tre presidenti dem, per nulla contrari) è nota da tempo, resta da capire quella di chi la Regione la governa.

“Assegnare ai privati la gestione dei pronto soccorso è una idea ancora tutta da valutare”, aveva detto Icardi lo scorso gennaio intervenendo in aula. Sempre un po’ di mesi fa, a quanto risulta, Cirio ebbe un’interlocuzione con i vertici del Cottolengo proprio sulla possibilità di aprire un Pronto Soccorso in quello che è rimasto l’unico ospedale religioso in Piemonte. E di questa eventualità il governatore ne parlò anche in un incontro con i sindacati in cui si disuteva la situazione sempre più grave della prima linea degli ospedali. La struttura della Piccola casa della Divina Provvidenza, però, non ha i locali necessari. Quelli che avrebbero potuto essere adibiti a Pronto Soccorso, ospiteranno lo studentato di imminente apertura. Resta quell’“apertura” che parrebbe emergere dall’approccio del governatore a una questione che nessuno suo predecessore ha risolto, forse neppure affrontato compiutamente. Arriverà qualche segnale più chiaro dalla convention torinese della sanità privata?

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