OBITUARY

Addio a Bettazzi, "vescovo rosso" ultimo testimone del Vaticano II

Aveva 99 anni. Guidò la diocesi di Ivrea dal 1966 al 1999. Figura di primo piano (e controversa) del mondo ecclesiale. A lungo presidente di Pax Christi. Il dialogo con la cultura marxista, il carteggio con il segretario del Pci Berlinguer

Ha raggiunto la Casa del Padre. Monsignor Luigi Bettazzi è morto questa mattina prima dell’alba a 99 anni, ne avrebbe compiuti 100 il 26 novembre. Figura di primo piano del mondo ecclesiale italiano, in particolare della Chiesa cosiddetta “progressista”, è stato per 33 anni vescovo di Ivrea, dal 1966 al 1999, prima di trasferirsi nel castello vescovile di Albiano, dove risiedeva. Ieri l’ultimo suo successore, Edoardo Cerrato, aveva invitato i fedeli alla preghiera: “Accompagniamo monsignor Bettazzi che si sta avviando lucidamente al tramonto terreno. La nostra preghiera lo sostenga”. Nella notte, fanno sapere dalla diocesi, “ha ricevuto l’Eucaristia, l’Unzione degli Infermi e la Benedizione Papale, con grande lucidità, rispondendo con un filo di voce alle preghiere e manifestando una sorridente riconoscenza alle persone che gli sono state accanto”.

Nato a Treviso ma trasferito da giovane a Bologna, dove aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale nell’agosto del 1946, il 10 agosto 1963 venne nominato vescovo ausiliare di Bologna. Accanto al cardinale Giacomo Lercaro prese parte al Concilio Vaticano II e, al termine delle assise, ricevette la titolarità della diocesi eporediese. Parallelamente al servizio nella Chiesa locale ha dedicato molto tempo all’impegno “civile”: guidò Pax Christi, diede vita alla “scuola di laicità”, fu al fianco dei lavoratori dell’Olivetti, della Lancia e del cotonificio Vallesusa. Attività pubblica che culminò nello scambio epistolare con il segretario del Partito comunista italiano Enrico Berlinguer.

Al centro il dialogo tra la fede cattolica e l’ideologia marxista. Bettazzi scrisse a Berlinguer il 6 luglio 1976, avendone risposta un anno dopo: il 14 ottobre 1977. «Mi scusi – scrisse Bettazzi – questa lettera, che molti giudicheranno ingenua, e non pochi contraddittoria con la mia qualifica di vescovo. Eppure mi sembra legittimo e doveroso, per un vescovo, aprirsi al dialogo, interessandosi in qualche modo perché si realizzi la giustizia e cresca una più autentica solidarietà tra gli uomini. Il “Vangelo”, che il vescovo è chiamato ad annunciare, non costituisce un’alternativa, tanto meno una contrapposizione alla ‘liberazione’ dell’uomo, ma ne dovrebbe costituire l’ispirazione e l’anima». «Lei – rispose Berlinguer – ha sollevato problemi la cui soluzione positiva è molto importante per l’avvenire della società e dell’Italia, per una serena convivenza fra tutti i nostri concittadini, non credenti e credenti, oltre che, in particolare, per lo sviluppo di quel dialogo, per amore del quale ha pensato di rivolgersi a me, come lei dice, in quanto segretario del Partito comunista italiano». Nel Partito comunista italiano – proseguiva Berlinguer – «esiste ed opera la volontà non solo di costruire e di far vivere qui in Italia un partito laico e democratico, come tale non teista, non ateista e non antiteista; ma di volere anche, per diretta conseguenza, uno Stato laico e democratico, anch’esso dunque non teista, non ateista, non antiteista».

Nel 1978, un altro atto pubblico che suscitò molto scalpore. Assieme a due colleghi vescovi chiese di potersi offrire prigioniero in cambio del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro rapito dalle Brigate Rosse. La richiesta, tuttavia, venne respinta dalla Curia Romana. Celebre anche per le battaglie per l’obiezione fiscale alle spese militari, sostenne l’obiezione di coscienza e nel 1992 partecipò alla marcia pacifista organizzata a Sarajevo da “Beati costruttori di pace e Pax Christi” insieme a monsignor Antonio Bello nel mezzo della guerra civile in Bosnia ed Erzegovina.

Bettazzi è stato il terminale in Piemonte della potente cordata curiale che faceva capo al cardinale Achille Silvestrini, suo coetaneo e corregionale, nonché capofila di quella «mafia di San Gallo» grazie alla quale fu eletto papa Francesco. Quasi un anno prima degli eventi, l’ex vescovo di Ivrea profetizzò infatti – stupendo tutti – che Benedetto XVI si sarebbe dimesso e che al suo posto sarebbe asceso al Soglio di Pietro il cardinale Jorge Mario Bergoglio.

Sette anni dopo, la rinuncia alla guida della diocesi di Ivrea per raggiunti limiti di età, un passo che però non ne segnò la pensione come comunemente la si potrebbe intendere. Anzi nel 2007 si dichiarò favorevole ai Dico, disegno di legge presentato dal governo Prodi sui “diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi”, comprese le coppie omosessuali. Gli ultimi anni sono stati ancora all’insegna dell’educazione alla nonviolenza (ha partecipato a tutte le Marce della pace organizzate il 31 dicembre) e della riflessione sul Concilio Vaticano II, di cui è stato un sincero apologeta.

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