TARTASSATI

Canone Rai, resteremo in bolletta. Però finirà su quella del cellulare

Il ministro Giorgetti per indorare la pillola non esclude una riduzione del costo dell'abbonamento con l'imposta legata a un'utenza telefonica. "Una quota verrebbe posta a carico della fiscalità generale". Ma Salvini non aveva promesso di abolirlo?

Il leader del suo partito, Matteo Salvini, ha promesso di abolirlo o comunque di toglierlo dalla bolletta della luce, lui, Giancarlo Giorgetti, non può farne a meno spostandolo però su quella del cellulare, pur prospettando una progressiva diminuzione dell’importo. Per il canone Rai “in un’ottica di medio periodo è doveroso interrogarsi sulle forme di ampliamento del presupposto d’imposta, attualmente legato al possesso di un apparecchio televisivo presunto in presenza di un contatto di energia. Ma le nuove modalità di trasmissione e lo sviluppo di piattaforme multimediali, come Rai Play, consentono ormai di accedere ai contenuti del catalogo Rai utilizzando diversi device (smartphone, tablet, pc). Qualora, quindi, il presupposto dell’imposta venisse individuato nel possesso di un’utenza telefonica mobile, l’ampliamento della platea degli incisi connesso a tale variazione comporterebbe di ridurre il costo pro-capite del canone”.  È quanto ha affermato stamattina il ministro dell’Economia e delle finanze durante un’audizione presso la Commissione Vigilanza Rai della Camera.

L’esponente leghista di governo ha spiegato che “a oggi il canone risulta pagato da circa 21 milioni di soggetti, mentre le utenze telefoniche attive sono circa 107 milioni. Questa ipotesi richiederebbe, tuttavia, di risolvere alcuni problemi di applicazione, come ad esempio il calcolo delle utenze per nucleo familiare ovvero la definizione di un tetto massimo al fine di evitare il pagamento di una somma più elevata dell’attuale canone”.

Cambiamento che dovrebbe essere “connesso al rinnovo della concessione”, con tutto ciò che questo comporta sul piano politico, come le polemiche di queste settimane hanno evidenziato. “In conclusione, ritengo che ogni ipotesi di revisione delle modalità di finanziamento della Rai deve prendere le mosse da una chiara definizione degli oneri connessi allo svolgimento del servizio pubblico; dalla garanzia di sostenere gli investimenti a tali obblighi connessi e da un’attenta revisione delle dinamiche di spesa dell’azienda”, ha sottolineato l’inquilino di Palazzo Sella.

Potrebbero esserci problemi con l’Europa? “Dagli approfondimenti svolti con l’ausilio dell’Agenzia delle entrate risulta che ogni Stato membro ha la facoltà di determinare il proprio sistema di finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo. Ad oggi, è possibile suddividere gli Stati membri in tre categorie, a seconda del sistema adottato. Vi sono, infatti, paesi che: si avvalgono solo del canone (attualmente solo la Svezia e, prima della Brexit, anche il Regno Unito); altri che ricorrono a fonti di finanziamento diverse dal canone. All’interno di tale categoria possono distinguersi due sottocategorie: nella prima vi rientrano i paesi in cui il canone è stato abolito; nella seconda vi rientrano, invece, i paesi che non sono mai stati finanziati dal canone (quali la Spagna che dal 2010 finanzia l’emittente pubblica per il 50% con sovvenzioni statali e per l’altro 50% da una tassa sulle compagnie telefoniche, i gruppi audiovisivi e i canali a pagamento);alcuni presentano invece un sistema misto di finanziamento, comprensivo sia del canone sia di altre entrate: tra questi rientra l’Italia”, ha concluso.

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