FINANZA & POTERI

Un papa straniero in Compagnia, Messina incontra Gorno Tempini

Il Ceo di Intesa è il vero kingmaker della partita per la fondazione San Paolo. Il piano è uno switch di poltrone tra l'attuale presidente di CdP e Profumo. Mentre i due dell'Avemaria (Cirio-Lo Russo) "bamblinano" i giochi entrano nel vivo

Un papa straniero nel sancta sanctorum delle fondazioni bancarie qual è la Compagnia di San Paolo, seconda solo a Cariplo per patrimonio? Qualche indizio su un possibile arrivo da oltre i confini torinesi e pure piemontesi del successore di Francesco Profumo, forse lo si può trovare al di fuori delle liturgie che sempre accompagnano un passaggio complesso e cruciale come quello che avverrà la primavera prossima.

L’incontro tra Carlo Messina, il ceo di Intesa Sanpaolo di cui la Compagnia è principale azionista pubblico con oltre il 9,89%, e l’attuale presidente di Cassa Depositi e PrestitiGiovanni Gorno Tempini non fa certamente parte del rituale, ma non per questo appare meno rilevante. Tutt’altro. Di cosa abbiano discusso, pochi giorni fa, i due big della finanza ovviamente non è dato sapere con certezza, figurarsi un’ufficialità di un rendez vous avvolto dalla massima discrezione. Ma sono i due profili e lo scenario in cui si muovono a parlare. 

Messina, sovvertendo i rapporti tra vertice della banca e il suo azionista principale, è riconosciuto da tutti come il player principale, seppur anomalo e informale, della partita che si dovrà concludere con la figura cui affidare le redini della fondazione di corso Vittorio Emanuele. C’è chi taglia corto spiegando che il presidente lo sceglie lui. Forse un po’ troppo tranchant come spiegazione, ma nient’affatto lontana dal vero.

Gorno Tempini, 62 anni il prossimo 18 febbraio, bresciano come Giovanni Bazoli cui è stato a lungo legato. Proprio sotto l’ala del Professore il giovane bocconiano ha mosso i suoi primi passi nel suo salottino buono, la Mittel. Bazoli ne era presidente e aveva nei capitali della Carlo Tassara di Romain Zaleski, il cavallo di Troia per muoversi a Piazza Affari, poi uscito di scena nel post bolla targato Lehman Brothers. È proprio in seno alla Mittel che Gorno ha dovuto affrontare, andandosene però prima dello showdown, la prima grande grana della sua carriera: l’acquisto, strapagato, di E.Capital Partners, società di consulenza specializzata in finanza etica. Non resta certo disoccupato, Gorno Tempini: a chiamarlo alla guida di CdP fu l’allora ministro Giulio Tremonti e a benedire la nomina quella che continuavano a chiamarla Trinità: lo stesso Tremonti, Bazoli e Giuseppe Guzzetti, il monarca di Acri che guidò per quasi vent’anni l’associazione tra le fondazioni di origine bancaria e le Casse di Risparmio, cedendo infine lo scettro a Profumo continuando a vestire i panni di qualcosa di più di cardinale della finanza bianca lombarda.

All’odore di incenso, nella stanza presidenziale di Cdp, si è andato però unendo quello di zolfo e sulfurei. Il banchiere bocconiano, con trascorsi negli alti ranghi di Intesa Sampaolo, non piace a Fratelli d’Italia. Già gli è andata male la corsa per la presidenza di Cariplo, finita a Giovanni Azzone, sostenuto da Guzzetti (e da qui un progressivo ma netto raffreddamento dei rapporti) mentre Messina spingeva per Ferruccio Resta. Adesso la poltrona in CdP non è tra le più solide. Vi ha posato lo sguardo concupiscente da tempo un abile cacciatore della specie come Profumo, il quale tra un po’ di mesi insieme alla Compagnia dovrà lasciare pure l’Acri e da savonese, tra terra e mare, non è abituato a navigare senza un approdo certo e confortevole.

Che ci sia uno switch, un cambio di poltrone, quello nell’abile mente di Messina? Un favore al Governo liberando la presidenza di CdP dal non gradito ospite, favorendo quest’ultimo nel percorso verso l’ambitissimo vertice della Compagnia e schiudendo la porta d’ingresso della cassaforte di Stato al più che collaborativo azionista che a CdP punta da tempo? Ipotesi di un risiko in cui manca, però, colui che per prassi consolidata quasi a norma spetta indicare il nome del presidente della Compagnia: il sindaco di Torino. A Stefano Lo Russo e all’altra metà della coppia della concordia istituzionale, il governatore Alberto Cirio, il ceo di Intesa-Sanpaolo ha ribadito la necessità di fare un nome, che abbia le caratteristiche giuste. Ovvero, standing all’altezza del ruolo e (non detto, ma fatto intendere) non s’intrometta troppo nella gestione della banca.

Ce l’avranno, i due dell’Avemaria, il nome da portare in conclave? Quelli che girano, per ora, restano i soliti. L’economista Pietro Garibaldi non piace a Messina e l’appoggio goduto del Gruppo Gedi non pare sufficiente. L’ex ministro Domenico Siniscalco è tagliato fuori per ragioni anagrafiche dopo il limite dei 70 anni recentemente introdotto dal perfido Profumo. A dispetto del non idilliaco rapporto con il sindaco, resta nel novero il (quasi ex) rettore del Politecnico Guido Saracco. Altro l’orizzonte, per ora, non mostra. E non è peregrina l’ipotesi che Torino, dopo aver perso il suo peso nelle nomine di Iren e della stessa Fondazione Crt (finita nelle braccia del tortonese Fabrizio Palenzona), debba veder un lombardo alla guida della Compagnia. Un papa straniero finirebbe per far vestire, a chi non avrebbe saputo o non sarebbe riuscito a indicare l’alternativa in casa, i panni di don Abbondio.

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