POLITICA & AMBIENTE

Blocco auto, giravolte e scaricabarile.
La Regione spera nel Governo Meloni

Solo pochi mesi fa l'assessore Marnati tranquillizzava i piemontesi: "Rinviamo la stretta sugli Euro 5". Poi il dietrofront: "Non è un provvedimento devastante". Negli ultimi giorni l'ennesima capriola: "Fermare la misura". E in nome dell'autonomia ci pensi Roma

In Regione Piemonte confidano ancora che qualcuno da Roma li salvi dall’introduzione del blocco ai diesel Euro 5 che, fino a prova contraria, scatterà il 15 settembre. E raccolgono sponde, come l’interessamento del ministro dell’Ambiente, il piemontese Gilberto Pichetto Fratin, che a partire dalla settimana prossima lavorerà per “fermare o rimandare questo provvedimento che finirebbe per creare enormi difficoltà a migliaia di professionisti, famiglie e imprese”. Anche dal ministero delle Infrastrutture guidato da Matteo Salvini ci tengono a ricordare come proseguano gli sforzi del Governo per scongiurare la misura che bloccherà l’ingresso di quasi 215mila auto in 76 Comuni del Piemonte (solo a Torino 140mila vetture).

Mancano appena 20 giorni, una deadline ravvicinata che aumenta la sensazione di pericolo imminente. Ma di improvviso non c’è niente (al massimo di improvvisato), come si scopre ripercorrendo le dichiarazioni sulla misura dell’assessore piemontese all’Ambiente Matteo Marnati.

Il 13 febbraio di quest’anno ha spiegato come, lavorando insieme al Governo Meloni, si sarebbe impegnato a scongiurarne l’introduzione del provvedimento. Mentre oggi Marnati afferma che grazie alla “scappatoia” del Move-In il nuovo blocco “non è un provvedimento devastante”. All’epoca la pensava diversamente, molto in linea col suo amico sindaco di Novara Alessandro Canelli e con Capitan Salvini: “Penso che non sia giusto accettare che la lotta all’inquinamento penalizzi i più poveri, quelli che non hanno il denaro per cambiare l’auto”. Parole che purtroppo. Marnati dovette rimangiarsi subito.

Infatti, con un primo plateale dietrofront, il 14 febbraio Marnati annunciò: “La qualità dell’aria è un bene imprescindibile e la Regione non arretrerà di un millimetro sulle politiche antismog. Abbiamo messo in campo un piano di azioni che intendiamo mantenere senza alcuna esitazione”. Lo disse davvero, non era stato hackerato da Extinction rebellion: secondo una delle ipotesi più plausibili, la smentita arrivò per paura che la Procura di Torino potesse inserire anche l’attuale giunta regionale con la precedente contro la quale già procede per inquinamento ambientale colposo sulla base del Piano regionale di qualità dell’aria approvato da Sergio Chiamparino nel 2019. Rimandare il blocco agli Euro 5 costituirebbe una violazione del protocollo antismog siglato tra le Regioni del Nord appartenenti al Bacino Padano, e la Regione Piemonte tace per non rischiare altre grane. Ma allora perché dovrebbe rischiarle, al posto suo, il Governo centrale, che se non rispetta la richiesta europea rischia una maxi-multa che restringerebbe ancora le maglie di un bilancio statale già risicato, come dal Meeting di Rimini ci tengono a far capire i titolari della spesa (Giorgetti&Fitto)?

Intanto, di fronte alle proteste di cittadini, commercianti e piccoli imprenditori a dir poco sconcertati per come è stata gestista la questione è partito lo scaricabarile: colpa dei Comuni che sapevano già da tempo (e spesso disertavano i tavoli provinciali sulla qualità dell'aria), responsabilità dei precedenti governi che non hanno fatto nulla (Conte si è limitato al bonus monopattini), tutti sotto accusa pur di assolvere la Regione. Che pure, almeno per la confusione generata da questi continui stop and go più d'un passo falso l'ha compiuto.

print_icon