ECONOMIA DOMESTICA

Marelli, fiato sospeso a Venaria

Secondo indiscrezioni il fondo Usa Kkr chiederà al Governo, sulla scia dell'accordo sulla rete Tim, di avere mani libere per la chiusura di due stabilimenti in Italia. Come al solito gli Agnelli, fatto l'affare, hanno sbolognato le grane

Sarà Magneti Marelli l’agnello sacrificale sul tavolo dell’accordo tra Governo e il fondo statunitense Kkr per il controllo della rete Tim? La domanda si fa pressante dopo che Start Magazine ha diffuso l’indiscrezione di un prossimo incontro tra il top management del fondo di private equity americano e il Governo Meloni. Un meeting da tenersi tra la settimana prossima e la prima metà di settembre e durante il quale, secondo la soffiata raccolta nella finanza milanese, gli americani chiederanno a Meloni e soci un favore. Il fondo che acquisterà la rete di Tim (compresi i cavi sottomarini di Sparkle) dovrebbe arrivare in forze nella Penisola per chiedere al Governo di chiudere un occhio, per non dire tutti e due, di fronte alla chiusura di due stabilimenti italiani di Magneti Marelli.

L’azienda, fornitrice di prodotti e soluzioni tecnologiche per l’industria dell’auto, è passata dagli Agnelli a Kkr nel 2019, operazione che fruttò circa un miliardo di plusvalenza ad Exor, la cassaforte di famiglia, e che le consentì di triplicare gli utili rispetto al 2018. Un affare per John Elkann, che però oggi rischia di diventare un incubo per il tessuto industriale italiano. Se le intenzioni bellicose del fondo Usa verranno confermate (e gli indizi ci sono), si creerebbe una vertenza che riguarderebbe 825 dipendenti in due stabilimenti emiliani. Preoccupa particolarmente la situazione dello stabilimento di Crevalcore (230 operai), che produce componenti per motori endotermici e nel quale non si prevede un aggiornamento delle produzioni. La mancanza di un piano di riconversione preoccupa i sindacati, che temono la cessione o addirittura la chiusura dello stabilimento. A Bologna i lavoratori sono quasi 600, e a preoccupare le sigle sul futuro dei posti di lavoro sono le 130 uscite incentivate avvenute negli ultimi due mesi, che secondo i sindacalisti hanno tolto professionalità importanti allo stabilimento. Scenari foschi, sempre con la speranza che un domani non tocchino Torino, dove Marelli ha varie attività tra città e hinterland.

Nei vari scorpori, fusioni e acquisizioni a cui la famiglia Agnelli-Elkann ci ha abituato negli ultimi anni, l’interesse nazionale non è mai parso al centro. Lo era, almeno a parole, nel partito di Meloni. Che criticò la svolta “francese” di Fca con la creazione del gruppo Stellantis, e chiese all’allora premier Mario Draghi di intervenire per “salvaguardare l’interesse nazionale”. Un mantra per i Fratelli d’Italia che oggi, con le redini del Governo in mano, qualcuno a Meloni potrebbe anche rinfacciare. Perché non sarà facile cavare fuori un ragno dal buco con Kkr. Infatti, anche se saranno loro a volare in Italia, per gli americani sarà un po' come giocare in casa. Il fondo statunitense infatti, tramite Jp Morgan, si avvale della consulenza dell’ex titolare del Mef Vittorio Grilli, che durante il Governo Monti si occupò del bilancio dello Stato per poco meno di un anno fino alla conclusione della stagione dei tecnici dopo le elezioni del 2013. Per Palazzo Chigi invece la partita americana viene gestita da Gaetano Caputi, capo di gabinetto della presidenza del Consiglio, insieme ai vertici del Mef.

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