Un funerale per tre

Il nostro Paese non si è mai distinto per la trasparenza delle sue istituzioni democratiche, e neppure per la tutela delle classi più deboli nei confronti della spregiudicatezza di molti capitalisti. In passato, il delicato sistema del welfare aveva almeno il compito di sostenere i cittadini nei momenti difficili della loro vita, nonché di creare l’illusione di un modello economico che volesse perseguire un minimo di giustizia sociale.

Non mancavano comunque le lamentele, espresse davanti a un caffè o dal giornalaio mentre si sfogliava un quotidiano, ed erano tante le proteste di piazza organizzate appena veniva messo in dubbio un diritto fondamentale, oppure se il potere di acquisto dei lavoratori era a rischio.

Sino agli anni ’70 la popolazione, malgrado il governo fosse affidato a un potere politico a dir poco ambiguo, raggiungeva importanti conquiste sociali; inoltre lo stipendio medio garantiva la possibilità di acquistare l’alloggio di residenza familiare e di pagare tutte le spese. Addirittura, la sintesi politica tendeva in genere a cercare una mediazione che impedisse di demonizzare una sola parte: il Pci amministrò infatti molte grandi città, malgrado la propaganda anticomunista di cui era perennemente vittima.

Da quel periodo sembra trascorso un secolo. Invece il cambiamento radicale nel tessuto sociale italiano si è realizzato in una manciata di anni: trasformazione che ha permesso di ammansire i lavoratori e dare campo libero agli imprenditori nostrani come alle multinazionali. La muta della pelle è avvenuta anno dopo anno, a colpi di privatizzazioni, grazie al mito del neoliberismo, ed ha avuto una micidiale accelerazione nel 2020: l’arrivo del Covid e le conseguenti misure di contenimento hanno dato la spallata finale allo Stato sociale.

Il virus, oltre ad aver aggredito l’esistenza di tante persone, ha distrutto il sistema sorto nel dopoguerra con l’emanazione delle Carta costituzionale. Le misure restrittive hanno dimostrato che il controllo della collettività è possibile, soprattutto tramite un uso strumentale dell’informazione e qualche dose di terrore iniettato nelle vene delle persone (sul modello della propaganda mussoliniana). Il banco di prova del monopolio produttivo, e quindi dei cartelli speculativi, è stato fornito proprio dall’emergenza sanitaria, tramite la chiusura del mercato europeo a qualsiasi vaccino che non fosse di fabbricazione statunitense (a prescindere dagli effetti collaterali e dall’efficacia dei prodotti resi obbligatori in Italia).

Si è trattato di un punto di non ritorno, varcato il quale tutto è diventato possibile per chi ha intenzione di arricchirsi a scapito di qualsiasi valore etico. In pochi mesi, infatti, la speculazione ha colpito ogni cosa (dalla carta, all’acqua minerale sino a gas e fonti energetiche) riducendo stipendi e salari a una miseria insufficiente per sopravvivere.

Le lobby che regnano a Bruxelles si sono scatenate. Ogni tutela posta a garanzia dei cittadini, della loro dignità, è in caduta libera e nessuna forza organizzata è più in grado di rivendicare la difesa dei diritti costituzionali. Crollo dei valori impressionante, che ha toccato una delle sue punte massime con la triplicazione dei costi del teleriscaldamento torinese: fatto di una gravità inaudita avvenuto nella noncuranza della giunta comunale.

In questi giorni oltre al continuo rialzo dei prezzi dei beni di prima necessità, soprattutto quelli alimentari, e dei voli aerei, assistiamo al rincaro senza tregua dei carburanti. La benzina, guarda caso durante il periodo degli spostamenti delle vacanze, ha superato l’asticella dei due euro al litro. Un aumento immotivato, visto il calo del prezzo del petrolio, che ha ricadute su ogni acquisto effettuato dai consumatori.

La sensazione dei cittadini di essere abbandonati al proprio destino è assoluta. Non basta inventarsi una tassa sugli extraprofitti delle banche, le quali hanno immediatamente fatto sentire la loro voce obbligando il governo a un cambio di rotta, per tornare al periodo pre Covid, poiché nel frattempo si è verificata una vera e propria catastrofe sociale. Del resto, le recenti dichiarazioni dell’esecutivo Meloni sulla “coperta corta” determinata dai conti di bilancio sono tutt’altro che rassicuranti: a rischio non sono infatti le folli spese in armamenti e aiuti bellici a Kiev, bensì le pensioni e le cure mediche.

Un ulteriore colpo letale alle garanzie costituzionali, e all’esistenza quotidiana di tutti noi, nell’assordante silenzio delle piazze. Nell’indifferenza assoluta, l’eutanasia della democrazia è quasi giunta a buon fine: si attende ora solamente il suo funerale in pompa magna, ossia l’istituzione della repubblica presidenziale insieme a quella delle autonomie regionali differenziate. 

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