VERSO IL 2024

Saracco è fuori dal campo (largo)

Non è il rettore del Politecnico il nome attorno al quale costruire l'alleanza tra Pd e M5s alle prossime regionali in Piemonte. Il gran rifiuto del 2021 e le parole definitive di Appendino lo hanno escluso e lui sembra aver messo da parte la politica (almeno per ora)

“Non è una questione di nomi e se lo fosse non sarebbe certo quello di Guido Saracco a risolverla”. Faccia a faccia con il segretario del Pd piemontese Mimmo Rossi è stata proprio Chiara Appendino a risolvere sul nascere una delle potenziali querelle tra i dem, escludendo ogni ipotesi di accordo attorno al rettore del Politecnico alle prossime elezioni regionali in Piemonte. Un incontro avvenuto prima della pausa estiva in quel giro di consultazioni in cui Rossi, appena eletto segretario in modo unitario, testò anche la disponibilità dello stesso Saracco, il quale era parso in quell’occasione convinto di poter tenere insieme i due principali oppositori del governo di Giorgia Meloni. Le parole di Appendino, poi, hanno cambiato il quadro.

Forse l’ex sindaca è rimasta scottata dal gran rifiuto del Magnifico che, oltre due anni orsono, si sfilò sul più bello dalla corsa per Palazzo Civico: Appendino aveva già in tasca l’accordo con la sinistra dem, e attorno al nome del rettore stava per nascere il patto tra i due principali alleati della coalizione che sosteneva il secondo governo di Giuseppe Conte. Stefano Lo Russo – a capo dell’opposizione in Sala Rossa – sembrava in un angolo per la soddisfazione di Cinquestelle e una buona parte del Pd. Poi Saracco fece un passo indietro, la prima cittadina finì in fuori gioco, costringendo una parte del Pd a digerire obtorto collo la candidatura di Lo Russo e portando il M5s a una corsa solitaria che ne certificò l'irrilevanza in quella competizione.

Sono passati più di due anni da allora e molte cose sono cambiate. Appendino, ora deputata, ha manifestato in più occasioni l'intenzione di lavorare – a partire dal livello nazionale – a un’alleanza strutturale tra Pd e Cinquestelle. Un’impostazione che tuttavia non ha ancora convinto Conte, il quale preferisce tenere le mani libere e continuare a praticare la politica dei due forni: alleati da una parte concorrenti dall’altra. Se ci sono possibilità di vincere e di gratificare qualche esponente sul territorio con incarichi politici o di sottogoverno allora ecco che scatta l’accordo, laddove invece le speranze sono ridotte al lumicino meglio provare a massimizzare i voti con una corsa solitaria. Per quanto riguarda il Piemonte è evidente come sia proprio Appendino ad avere l’ultima parola e al contrario di due anni fa, con Lo Russo, questa volta non pare aver posto veti. Questo non vuol dire che sia pronta ad accettare qualunque nome, al contrario, ma che non c’è una pregiudiziale su un candidato politico, di partito, qual è – per esempio – Daniele Valle.

Per tutti questi motivi a partire dallo scorso giugno il nome di Saracco ha iniziato a circolare con sempre meno insistenza, fermo restando che “non è lui che può aiutare il Pd ad allargare il perimetro delle sue alleanze” spiegava senza scendere nei dettagli Rossi, fedele all’accordo di tenere segreto il vis a vis con la numero due di Conte. Non solo: che la partita delle regionali non sia quella che intende giocare il rettore (non più, almeno) lo dimostra il fatto che il suo nome sia stato sussurrato all’orecchio del ministro Matteo Salvini per la successione di Mario Virano al vertice di Telt. Meglio una soluzione interna è stata la risposta del leader leghista e così la designazione è sfumata. Ma ora sono altre le sfide (e poltrone) che attendono Saracco.

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