La coperta sempre più corta

Il Governo Meloni è arrivato al passaggio più complicato del percorso politico intrapreso dopo la sua vittoria elettorale. Si tratta di una strettoia terribile, circondata da pericolose guglie rocciose, da cui è impossibile scappare: la “Legge di Bilancio 2024”. Il Bilancio è un duro banco di prova che permetterà agli italiani di comprendere quali sono le priorità reali dell’esecutivo in carica, e di verificare se gli impegni a favore del welfare, contenuti nel programma presentato agli elettori, troveranno un riscontro concreto nei futuri atti della premier.

Ad oggi le premesse sono tutt’altro che rassicuranti, e per averne conferma è sufficiente ascoltare, soprattutto nei talk show, gli opinionisti delle tante testate filogovernative. Giornalisti che all’unisono attaccano di continuo le “scellerate” misure adottate dal presidente Conte, in primis il Reddito di cittadinanza e a seguire il Superbonus, così come non perdono occasione per respingere nel modo più assoluto la proposta di legge che vorrebbe istituire il Salario minimo. Qualcuno di loro, dopo averla fortemente contrastata in passato, rivela addirittura pubbliche simpatie per l’ex ministra Fornero (la responsabile della riforma “Quota 100”, tanto odiata da Salvini), indicando nelle pensioni la causa principale del gigantesco buco di bilancio.

A quanto pare per l’Inps è giunto il turno di cadere ancora una volta nel mirino dei tagli della spesa pubblica. Una macabra attenzione già riservata precedentemente al Servizio sanitario nazionale, oramai condannato a seguire il modello lombardo: quel sistema privatistico che durante l’epidemia virale ha dato prova di grande fragilità e inadeguatezza (per non parlare degli scandali e dei costi che devono affrontare i cittadini lombardi per farsi curare).

Secondo direttori giornalistici e ministri la coperta è corta, per cui non solo non verrà onorata la promessa di aumentare l’indennità pensionistica sociale (la cosiddetta “Minima”), ma esistono addirittura buone probabilità che si decida una stretta proprio su quel capitolo di Bilancio. Ecco, quindi, come si caratterizza un esecutivo di Destra dalle marcate simpatie iperliberiste: riduzione della tassazione a favore dei grandi redditi (Flat tax); aiuti alle imprese societarie senza avere in cambio garanzie per i loro lavoratori; tagli alla spesa sociale e aumento di quella militare.

Scelte simili a quelle attuate in passato dal Governo Draghi, e che godono pure della simpatia dell’ex presidente Monti (sostenuti ambedue da maggioranze che comprendevano anche il centrosinistra). Premier che hanno smantellato lo Stato sociale, prediligendo di incrementare sostanzialmente la spesa destinata al Ministero della Difesa (che forse sarebbe tempo tornasse a chiamarsi Ministero della Guerra).

A fronte di una coperta corta sarebbe allora opportuno ridurre immediatamente le uscite destinate all’acquisto di aerei da combattimento e di armi. Inoltre si potrebbe condizionare il sostegno all’industria con la garanzia di salari adeguati, parametrandoli perlomeno all’inflazione attuale, onorando così il principio costituzionale di buste paga che consentano a tutti i lavoratori un’esistenza libera e dignitosa (art. 36 Cost.). Invece si preferisce usare i soldi pubblici per finanziare un conflitto sorto da interessi statunitensi puramente economici, come sembrano testimoniare i sospetti che avvolgono gli affari del figlio del Presidente Biden.

La guerra in Ucraina, secondo alcune autorevoli fonti americane, ha raggiunto un numero impressionante di vittime. Pare che tra le truppe di Kiev siano circa 400.000 i militari uccisi o feriti, un esercito inabile a tornare sul fronte, mentre dalla parte russa si contino almeno 125.000 soldati fuori gioco per ferite o morte in battaglia. Numeri impressionanti che pesano come un macigno sulla coscienza di tutti i governi che armano il conflitto con lo scopo di portarlo avanti il più possibile (a tal fine torneranno sicuramente utili le bombe a grappolo che Biden fornirà presto a Zelensky). Una follia bellicista, nazionalistica e patriottica, costruita sopra la testa dei popoli; decisa contro la volontà di una moltitudine non votata a tali oscurantiste ideologie: come documenta la gran quantità di disertori (200.000 solo in Ucraina).

Da tempo, le scelte della politica nostrana sono molto distanti da una prassi sinceramente democratica, che tenga conto di tutte le opinioni, ed ignorano la parte più fragile della popolazione. Un paio di anni fa è stato posto l’elmetto sulla testa degli italiani, consentendo a chiunque di ridurre malamente al silenzio i dubbiosi sull’efficacia dei vaccini anti-Covid, e tra non molto verrà consegnato loro anche il moschetto. La mostra di Milano dedicata al Battaglione Azov, composto da militanti che non hanno mai celato le proprie simpatie per il nazismo, è la cartina tornasole di come stia involvendo la nostra società: una deriva che giorno dopo giorno allontana il nostro Paese, così come tutto l’Occidente, dagli alti valori codificati nelle Costituzioni europee del secondo dopoguerra.

Le spese militari, oramai insostenibili anche per l’Italia, e le accuse di filo-putinismo rivolte di recente a Papa Francesco, poiché auspica la pace, sono intollerabili. Il clima di guerra ha intriso la nostra quotidianità, e a farne le spese saranno coloro la cui coperta non solo è sempre più corta, ma è addirittura lisa poiché tarmata. Il conto di questa follia lo pagherà il popolo, tutti i popoli: dagli italiani ai russi, passando per gli ucraini. Come sempre, del resto, le guerre le combattono i poveri, i quali danno la vita per arricchire ulteriormente i ricchi.

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