SCIUR PADRUN

Più Confindustria meno industria

Partone le danze per il rinnovo dei vertici. Al microimprenditore Bonomi potrebbe succedere un proprietario di cartiere. All'Unione di Torino è duello tra Gay e Boglione (ma Marsiaj medita un prolungamento del mandato). Insomma, manifattura addio

Con l’assemblea di oggi all’auditorium del Parco della musica di Roma, si aprono le danze per la successione di Carlo Bonomi al vertice di Confindustria che si porterà dietro anche una lunga serie di congressi territoriali tra cui quello di Torino, un tempo capitale degli industriali italiani. Rapporti di forza e di potere s’intrecciano in un’organizzazione che conta in tutta la Penisola oltre 150mila imprese associate.

Una partita rimasta finora sottotraccia, seppur qualche nome è stato sussurrato lungo i corridoi ovattati di viale dell’Astronomia. Il mantovano Alberto Marenghi, proprietario di una cartiera (non esattamente un colosso) è attuale numero due di Bonomi che pare lo sponsorizzi per la sua successione e chissà se così facendo gli farà del bene. Poi c’è il modenese Emanuele Orsini, anche lui nella pletora dei vicepresidenti con la delega del Fisco, che tuttavia paga di essere sposato con una deputata di Fratelli d’Italia – maggior azionista dell’attuale governo con cui Confindustria dovrà interloquire e anche battagliare in questa legislatura – e il fatto di aver tentato già una volta l’avventura senza riuscire a ottenere gli appoggi necessari. Il terzo è il presidente di Federacciai, il ligure Antonio Gozzi, un’azienda di famiglia molto attiva nel trading energetico. La sensazione, tuttavia, è che qualcuno ancora possa aver mantenuto nascoste le proprie carte in vista delle elezioni della prossima primavera, qualcuno in grado di raccogliere la maggioranza dei consensi possibilmente in discontinuità con l’attuale presidente che era stato precedentemente a capo di Assolombarda e ora ha perso buona parte del suo consenso.  

Tra coloro che oggi saranno a Roma ci sono anche Marco Gay e Giorgio Marsiaj, protagonisti a loro volta di una sfida nella sfida. Il primo è presidente di Confindustria Piemonte, il secondo a capo dell’Unione industriali di Torino: entrambi sono alle prese con la successione. Di più, secondo indiscrezioni di via Fanti, quartier generale dell’organizzazione subalpina,  Gay sarebbe tra coloro che ambiscono alla poltrona di Marsiaj. L’attuale numero uno piemontese, che incarna quella nuova generazione post industriale di cui fanno parte tra gli altri anche i coniugi Davide Canavesio e Barbara Graffino (il primo attivo nella ristorazione, la seconda è presidente dei Giovani dell’Ui) che seppur ormai con qualche capello bianco pure loro, hanno professato e professano un cambio generazionale in quel tempio della conservazione che è l’Unione.

A quanto pare Gay avrebbe ingaggiato un braccio di ferro con Marco Boglione, il capo di BasicNet, azienda di abbigliamento che ha tra gli altri i marchi K-way e Kappa e Superga. A sentire chi conosce bene le dinamiche confindustriali ogni riflessione è rimandata all’assemblea del 6 novembre, ma non mancano le indiscrezioni soprattutto perché i due si stanno muovendo da mesi e nel farlo qualche traccia sul terreno la lasciano. In una sfida tanto incerta l’unica cosa certa è che, chiunque vinca, il prossimo presidente dell’Unione non sarà un industriale, almeno nel senso classico, un campione della manifattura. Gay, infatti, è a capo di Digital Magics e si occupa di innovazione e start up, mentre Boglione è un licenziatario, cioè mette i marchi su prodotti realizzati da altri e in gran parte all’estero. E chissà, allora, se certe voci riguardo a una terza via siano poi così infondate: quelle cioè che parlano di un immarcescibile Marsiaj alla finestra e pronto a sfoggiare il piano C, la proroga della sua presidenza magari per un anno, così da attendere che il conflitto trovi una soluzione naturale e allo stesso tempo si avvicini un’altra scadenza, quella della Camera di commercio di Torino. Che punti alla presidenza? Sicuro: nonostante le 76 primavere sulle spalle, l’arzillo Marsiaj di andare in pensione non ha alcuna intenzione.

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