SANITÀ

Pnrr sempre più a rischio flop.
Zero ospedali di comunità

Forti ritardi nella realizzazione delle strutture. Attive (anche se non a pieno regime) soltanto il 13% delle Case di Comunità e il 17% dei nosocomi "territoriali". Ma il grosso problema è la scarsità di letti per acuti. Icardi "Troppi tagli nel passato - RAPPORTO AGENAS

Andamento lento, quasi immobile, nella realizzazione delle strutture sanitarie previste e finanziate dal Pnrr. A poco più di due anni dalla data del 30 giugno 2026 quando tutto quanto dovrà essere pienamente funzionante, pena la perdita dei fondi europei, le percentuali riferite alle opere compiute superano a malapena la doppia cifra e, anche in questo caso, con evidenti differenze tra una regione e l’altra.

Il ministro della Salute Orazio Schillaci, rispondendo a un question time alla Camera ha spiegato che “non si rileva alcuna ragionevole preoccupazione che si superi la data prevista dal Pnrr”, ma i numeri dell’ultimo rapporto dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali non sembrano supportare la tranquillità del Governo. 

Delle 1.430 case di comunità previste dal piano, ad oggi sono attive soltanto 187, ovvero il 13% e se si guarda alla ripartizione territoriale si scopre che sono presenti soltanto in sei regioni, con il numero maggiore in Lombardia (92), seguita dall’Emilia-Romagna con 43 e dal Piemonte che di case di comunità ne ha attive 38 sulle 92 previste, poi a seguire la Toscana con 6, altrettante in Molise e 2 in Umbria. Si fa presto a dire attive, ma il rapporto Agenas sottolinea come anche laddove queste strutture risultino funzionanti, nel 34% dei casi l’orario di apertura è bene lontano dai previsti sette giorni su sette e quello giornaliero sta al di sotto delle dodici ore quotidiane. Per non dire della presenza dei medici di famiglia, presenti solo nel 54% delle case di comunità formalmente operative. 

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Su questo fronte, come evidenziano i dati, il Piemonte è una delle regioni messe meglio o meno peggio. Ma c’è una spiegazione dietro quel numero e sta, per la gran parte dei casi, nella riconversione e potenziamento delle già esistenti case della salute. I restanti due terzi da cistruire ex novo arriveranno in tempo per l’estate 2026?. “Le gare per i lavori sono gestite a livello centrale e i soggetti attuatori sono le Asl, lo spazio di intervento della Regione sui tempi è praticamente nullo”, osserva l’assessore alla Sanità Luigi Icardi che sui tempi e le risorse necessarie per attuare quanto previsto dal Pnrr non ha mai fatto mistero delle sue preoccupazioni, neppure nei colloqui con il ministro. Preoccupazioni motivate anche dall’ormai certa revisione del piano con lo scorporo di una parte di quanto previsto e il finanziamento dirottato sui fondi dell’edilizia sanitaria, evitando la tagliola del giugno 2026, ma ponendo il problema dell’uso di risorse spesso già impegnate per altre opere, incominciando dai nuovi ospedali o da interventi migliorativi di quelli esistenti, proprio come nel caso del Piemonte. 

E se destano meno allarme i dati e le proiezioni per quanto riguarda le centrale operative territoriali, che richiedono strutture decisamente meno grandi e complesse, per le quali la percentuale nazionale di realizzazione è ferma al 12% con 77 attivate su 611 previste, anche in questo caso la situazione piemontese, con 7 Cot realizzate, mette la regione nel novero delle sette che qualcosa, fino ad oggi, hanno fatto. 

Al palo, invece, il Piemonte è per quanto riguarda gli ospedali di comunità. Il piano ne prevede 434 su tutto il territorio nazionale, mentre dalla recente rilevazione completata a giugno da Agenas in funzione ce ne sono solo 76, distribuiti tra Veneto (in testa con 38), Lombardia (17) Puglia (6), Emilia-Romagna (5), Provincia di Trento (4) e Umbria con un ospedale di comunità. Tutto il resto del Paese sta a zero. Dei 27 ospedali di comunità previsti in Piemonte non ce n'è ancora neppure uno, “ma il nostro servizio sanitario può, attualmente, contare su un notevole numero di letti Cavs, oltre cinquecento posti di continuità assistenziale a valenza sanitaria, che sostanzialmente possono sostituire nell’attesa quelli degli ospedale di comunità”, spiega Icardi affrontando la questione con lo Spiffero. Letti, quelli presenti nelle Rsa, così come in altre strutture pubbliche e private, che non concorrono al computo totale e dunque al rispetto della soglia fissata e che, negli intendimenti della Regione, potranno in parte essere riconvertiti negli ospedali di comunità.

Nel contempo una parte di letti oggi assegnati alla riabilitazione e alla psichiatria, avendo superato i parametri, saranno a loro volta trasformati in Cavs. Un risiko tra posti e loro definizione, che non nasconde da una parte i ritardi sulla tabella di marcia del Pnrr e dall’altra una non risolta necessità di ulteriori letti nel sistema sanitario piemontese. “Il grosso tema, anzi il problema è quello della scarsità di letti per le acuzie, tagliati troppo pesantemente negli anni passati. Vanno recuperati  – sostiene Icardi – e lo si può fare sia rendendo più appropriati i ricoveri, ma nel contempo garantendo una rete territoriale efficiente, sia aumentando il numero disponibile anche liberando i reparti grazie alla continuità data dai Cavs e, in futuro, dagli ospedali di comunità”. Che per ora ci sono solo sulla carta.

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