ECONOMIA DOMESTICA

Ora le imprese tornano a casa,
una su due rientra in Piemonte

Tra gli imprenditori che avevano spostato le attività all'estero, la metà è rimpatriata o ha in animo di farlo. Tiene la produzione industriale (+1,6% nel secondo trimestre). Auto e componentistica guidano la ripartenza. Torino performance migliore

“Si va via per tornare” scriveva Dacia Maraini e a quanto pare l’assunto vale anche per le industrie. Un fenomeno, quello del reshoring, che riguarda sempre più aziende italiane. Un focus sul Piemonte, presentato questa mattina da Unioncamere, indica che un’azienda su cento (specie le grandi industrie, in particolare tessili e di mezzi di trasporto) negli anni passati ha trasferito in parte o interamente la propria attività all’estero, ma la novità è che di queste una su due è rientrata (il 33%) o ha intenzione di farlo nel prossimo futuro (il restante 17%). Un dato in crescita se si pensa che nel 2020 gli imprenditori piemontesi con questo obiettivo erano solo il 35%. L’approfondimento non riguarda solo il lavoro ma anche l’approvvigionamento di materiali: secondo la ricerca in Piemonte sono 10 aziende su 100 ad averlo delocalizzato all’estero. Non per molto: 4 su 10 hanno scelto di riportarlo in Italia, mentre 3 su 10 lo trasferiranno in un paese vicino alla Penisola, il cosidetto nearshoring. E non si tratta di belle speranze: la metà degli interpellati il reshoring, produttivo o di approvvigionamento, l’ha già messo fatto tra il 2020 e il 2022.

E chissà che non abbia contribuito anche questo fenomeno alla tenuta della produzione manifatturiera del Piemonte che nel secondo trimestre dell’anno ha registrato una crescita dell’1,6% rispetto allo stesso periodo del 2022. Un dato che va visto alla luce del rialzo dei tassi: se nonostante le scelte restrittive della Bce sulla politica monetaria “ci troviamo comunque a commentare dei dati positivi e non recessivi, io credo che dal momento in cui dovesse ripartire l’economia avremo tutte le caratteristiche per avere fenomeni moltiplicatori nel nostro territorio” afferma Andrea Perusin, direttore dell’area Piemonte Sud e Liguria di Intesa Sanpaolo. “Siamo in una fase di passaggio, sono d’accordo che non ci sono motivi per essere pessimisti", gli dà manforte il collega/competitor Marco Montermini, a capo del corporate business di Unicredit nel Nordovest, “i prossimi trimestri sono cruciali per capire se dal soft landing”, l’atterraggio morbido di un ciclo economico che smorza la crescita senza andare in negativo, “si passerà a una nuova crescita, o se il rallentamento continuerà”.

Al momento, se la variazione sul 2022 fosse nulla nel secondo semestre di quest’anno, il Piemonte chiuderebbe il 2023 con una crescita della produzione industriale dell’1,5%. Sarebbe un altro anno positivo dopo il rimbalzo post-Covid del 2021 (+10,3%) e la crescita sostenuta del 2022 (+3,4%). Un risultato figlio della componentistica e del settore aerospaziale, e che ha finito per premiare le province di Torino e Cuneo. È il Piemonte occidentale a trainare l’industria in questa fase, con gli ordinativi esteri che nella Granda segnano un +6,6% (sempre sul II trimestre 2022) e a Torino vanno in doppia cifra (+10,9%). Dato ancor più significativo visto che è contemporaneo alla battuta d'arresto dell’economia tedesca, che da sola assorbe il 14,6% dell’export subalpino. I nostri vicini non se la passano così bene questo trimestre: in Emilia-Romagna (-0,3%) e Lombardia (+0,5) la produzione industriale vivacchia, mentre il Veneto segna un deciso -4% sul 2022.

Guardando ai vari settori dell’industria subalpina, oltre al +4,8% del settore dei mezzi di trasporto (che include aerospazio e componentistica), vanno bene elettricità ed elettronica (+3,6%) e alimentare (+2,9%). Resta stagnante invece il settore del legno per mobili (+0,2%) mentre plastica e chimica subiscono una contrazione (-0,8%). Se a livello settoriale la situazione è quasi ovunque positiva, lo stesso non si può dire guardando i territori. Come già detto, Torino (+3,6%) e Cuneo (+2,8%) trainano la produzione industriale regionale, ma nelle altre province si contano diversi segni meno. Mentre Biellese, Vco e Alessandrino fluttuano intorno allo zero, Asti fa -1,5%, mentre Novara è il fanalino di coda regionale (-2,2%): paga il calo della rubinetteria, del tessile e della chimica.

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