DIRITTI & ROVESCI

In Italia sempre meno aborti, cresce quello farmacologico

Il calo delle nascite incide ovviamente anche sulle interruzioni delle gravidanze. Inoltre aumenta il ricorso alla contraccezione. Nel 2021 effettuati 63.653 interventi (-4,2% rispetto al 2020). Ginecologi obiettori sono il 63,6% - DOCUMENTO

Si riduce in Italia il ricorso all’aborto. Nel 2021 sono state 63.653 le interruzioni volontarie di gravidanza, in contrazione del 4,2% rispetto al 2020, seguendo un trend costante dal 1983 a oggi. Il dato italiano rimane tra i valori più bassi a livello internazionale. Nel 2021 il numero di aborti è diminuito in tutte le aree geografiche e in tutte le fasce d’età. Una riduzione che riguarda anche le donne straniere, pur essendo coloro che hanno il più alto tasso di abortività. Le minorenni che si sono sottoposte all’aborto sono state 1.707, pari al 2,7% degli interventi praticati in Italia, tasso in leggero aumento. Sono i dati forniti dal ministro della Salute Orazio Schillaci nella sua annuale relazione. A livello regionale il Piemonte è, con Liguria ed Emilia-Romagna, tra le regioni con il più alto tasso di abortività (maggiore del 6,5 per mille donne)

È in deciso aumento l’aborto farmacologico, meno invasivo e più sicuro per la donna, mediante mifepristone e prostaglandine. Questo è stato, nel 2021, il metodo più utilizzato (48,3%), seguito da isterosuzione (42,7%) e raschiamento (8%), con un incremento deciso rispetto al 31,9% del 2020. In molti paesi d’Europa la percentuale delle interruzioni di gravidanza con la pillola abortiva è decisamente più alta: in Francia tre aborti su quattro sono farmacologici, in Gran Bretagna addirittura l’87%, in Finlandia il 98. L’incremento, in Italia, è il frutto delle “Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con Mifepristone e Prostaglandine” contenute nella circolare del Ministero della Salute del 12 agosto 2020. Il ricorso all’aborto farmacologico varia, tuttavia, molto tra le Regioni, sia per quanto riguarda il numero di interventi che per il numero di strutture che lo offrono. Valori percentuali più elevati della media nazionale sono stati rilevati in dodici regioni tra cui Liguria (72,5%), Basilicata (72%), Calabria (72%), P.A. di Trento (67,6%), Emilia-Romagna (64,9%) e Piemonte (62%).

Per quanto riguarda l’obiezione di coscienza, il fenomeno ha riguardato il 63,6% dei ginecologi (valore in diminuzione rispetto al 64,6% del 2020), il 40,5% degli anestesisti e il 32,8% del personale non medico. Si rilevano ampie variazioni regionali per tutte e tre le categorie. Per il ministro Schillaci, tuttavia, “eventuali problematiche nell’offerta del servizio IVG potrebbero essere riconducibili all’organizzazione del servizio stesso, e non alla numerosità del personale obiettore”.

Qui il Rapporto del Ministero della Salute

print_icon