ANALISI

Le cliniche battono gli ospedali. In sanità l'eccellenza è privata

Le migliori performance arrivano dall'accreditato col 27% delle strutture rispetto al 9% del pubblico. Un ruolo determinante lo gioca la specializzazione. Tetto di spesa fermo dal 2011. In Piemonte è all'8% ma fornisce il 20% delle prestazioni - IL RAPPORTO

Un intervento salvavita, in cui la rapidità è cruciale, come l’angioplastica coronarica negli infartuati viene svolto tempestivamente nel 52% delle strutture sanitarie private contro il 32% degli ospedali pubblici. Ma questo, pur importante, è solo uno egli indicatori che evidenziano in generale un livello superiore della qualità dei servizi, specie per quanto concerne l’alta specialistica clinica, nelle cliniche private (peraltro nella stragrande maggioranza dei casi accreditate e quindi accessibili attraverso il servizio sanitario) rispetto agli ospedali pubblici. C’è, tuttavia, anche un rovescio della medaglia visto che il fondo della classifica, ovvero le strutture che mostrano una qualità medio bassa, mostra una percentuale maggiore del privato, col 32% rispetto al pubblico che si attesta al 19%. 

Due aspetti che se apparentemente contraddittori e, per certi versi, difficilmente comprensibili si spiegano con un ulteriore elemento posto in luce dal Rapporto sulla qualità degli outcome clinici negli ospedali italiani prodotto da Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali e Aiop, l’associazione che rappresenta gran parte della sanità privata. L’analisi pone, infatti, in evidenza come incida molto a favore della qualità che si registra nelle strutture private il loro essere in alcuni casi monospecialistiche o comunque con un basso numero di aree specialistiche. Per contro, quando si allarga lo spettro delle specialità, magari in strutture di piccole e medie dimensioni, il livello qualitativo scende, anche al di sotto di quello del pubblico. Resta, comunque, il dato complessivo riguardante la comparazione delle strutture con qualità alta e molto alta, rispetto alle 7 aree cliniche prese in esame dal rapporto e che vede il privato col 27% delle sue strutture rispetto al pubblico fermo al 9%.

Leggi qui il Rapporto

Non una banale gara, tantomeno materia per alimentare schieramenti spesso ideologici come quelli aprioristici contro il privato (peraltro accreditato e quindi, di fatto parte integrante e indispensabile del sistema sanitario) o altri basati su (pre)giudizi circa l’inadeguatezza del pubblico. “Il rapporto vuole mettere in evidenza sia l’apporto che la componente pubblica e quella privata hanno fornito al corretto funzionamento del servizio sanitario nazionale, sia la risposta rispetto all’emergenza pandemica”, spiega il direttore generale di Agenas, Domenico Mantoan. Ed è sempre l’ex “Doge” della sanità veneta approdato al vertice dell’agenzia pone in evidenza un problema tuttora irrisolto: “Il privato accreditato, a differenza di altri comparti, è l’unico sottoposto a dei tetti rigidi, congelati al 2011, con la conseguenza di generare una schizofrenia di sistema”.

Questione, quella del blocco ai parametri fissati dall’allora ministro della Salute del governo Monti, Renato Balduzzi, su cui pone l’accento anche il presidente di Aiop Piemonte, Giancarlo Perla: “È anacronistico, a fronte dell’aumento dei costi, mantenere tetti di spesa che risalgono a più di dieci anni fa, producendo un danno che colpisce innanzitutto gli utenti, ovvero i cittadini che hanno bisogno di cure”. E non basta certo l’aver escluso dal tetto i fondi per il recupero delle liste d’attesa, come ricorda Angela Adduce, dirigente della Ragioneria dello Stato, la quale osserva che “più volte la Ragioneria  ha proposto la revisione dei limiti, ma la decisione è una scelta politica che deve essere presa in maniera coerente nell'ambito degli equilibri di finanza pubblica”. 

Il rapporto evidenzia alcuni dati interessanti proprio sul Piemonte, dove il privato “pesa” circa l’8% sulla spesa sanitaria complessiva con un budget di 713 milioni non solo per ricoveri e interventi, ma anche per il settore ambulatoriale, a fronte di una fornitura del 20% delle prestazioni complessive.

Dal campione preso in esame risulta che per l’area clinica del sistema cardiocircolatorio la qualità è alta, molto alta nel 67% delle strutture pubbliche e nel 75% i quelle private, con una differenza sensibile ma non così notevole come altrove, ad esempio in Lombardia dove il divario è tra 45% e 74%. Da notare, inoltre come a fronte del 7% degli ospedali che segnano un livello basso o molto basso, in questa categoria non si trova nessuna struttura privata. Altro focus del rapporto riguarda la chirurgia oncologica e qui la differenza tra pubblico e privato nel top delle prestazioni è più notevole: 75% per le cliniche contro il 43% degli ospedali, così come per l’opposto ovvero la bassa qualità dove si registra il 47% del pubblico contro il 25% del privato.

Numeri, valutazioni che anziché aprire ancor più il solco ideologico, spesso infarcito di informazioni non sempre chiare, dovrebbero indurre a riflessioni e correttivi ladove necessario, come evidenziato dalle analisi dettagliate del rapporto. “La prospettiva deve essere quella della complementarietà – osserva Giovanni Baglio, direttore ricerca di Agenas – non della concorrenza fra pubblico e privato”. E prospettiva, per ora, sembra restare mentre l’approccio ideologico di una parte della politica resiste. Anche di fronte ai dati.

print_icon