TERZO POL(L)O

Renziani alla conta senza sorprese, Fregolent chiude la porta alle correnti

L'ex premier blinda il Piemonte con la sua fedelissima e stoppa le manovre di Marattin. Che ci fosse lui dietro la candidatura di Maino? Pare proprio di sì. Polemiche a Vercelli. E in vista delle regionali cade il veto sul M5s ma...

Nel segno di Matteo Renzi. Silvia Fregolent ha vinto in Piemonte un congresso che è diventato scontato solo nelle ultime settimane, solo quando i referenti di quasi tutte le province hanno deciso di sostenere lei contro Matteo Maino che, arrivato da Azione, si è iscritto direttamente alla segreteria di Italia Viva, lanciando all’indomani dell’adesione la sua candidatura alla presidenza del partito. In una cena ad Asti, raccontata dallo Spiffero, l’accordo attorno al nome della senatrice che aveva da poco annunciato la decisione di “prendersi” il partito di cui era stata “co-coordinatrice” fino a quel momento, assieme a Mauro Marino. Dei 715 iscritti che hanno partecipato al congresso di Italia Viva, 521 si sono espressi per lei (73%), gli altri 194 per Maino (27%) che ha vinto nelle province di Biella e Vercelli. E visto che ogni congresso non è tale se non si porta dietro qualche polemica ecco che proprio a Vercelli sta montando il malumore per l’elezione di Mauro Orsan, dirigente Uil, “un militante dell’ultimo momento” aiutato da ex Pd come Emanuele Caradonna, a cui sono bastate un pugno di tessere per scalare il partito nella provincia del riso.

Una impresa che, secondo alcuni dirigenti, avrebbe tentato – a livello regionale – pure il deputato Luigi Marattin, che al Piemonte deve la rielezione a Montecitorio e da tempo è in frizione con Renzi e la sua gestione del partito come messo nero su bianco in un documento ripreso nei giorni scorsi da Maino. Un segnale che qualcuno ha interpretato come il tentativo di creare un avamposto critico rispetto all’unanimismo che ha caratterizzato questa tornata congressuale. Manovre che avrebbero spinto l’ex premier a lanciare Fregolent nella mischia e spegnere sul nascere ogni focolaio di dissenso, blindando una regione strategica soprattutto in vista delle europee, considerata la sua intenzione di candidarsi nel collegio del Nord-Ovest. Dopo la convergenza di quasi tutte le province sulla senatrice torinese che di fatto ha azzoppato la campagna di Maino, Marattin ha pubblicato un post in cui faceva ecumenicamente il suo in bocca al lupo a entrambi i contendenti che da entrambi i fronti è stato giudicato un tantino cerchiobottista. Di certo Fregolent è stata appoggiata dall’altro parlamentare renziano piemontese, Enrico Borghi, che da qualche settimana attrae i delusi di Pd e Azione. Dopo la consigliera comunale Cinzia Vallone è arrivato anche Stefano Costa, già presidente della Provincia del Vco.

Soddisfatta dell’elezione? “Beh, direi un risultato bulgaro” si compiace Fregolent che ha ricevuto subito dopo l’incoronazione il messaggio di Chiara Gribaudo, candidata in pectore alla presidenza del Piemonte “perché oltre al comune sentire in politica ci sono anche i rapporti personali”. Dal segretario regionale del Pd Mimmo Rossi “niente”, “ma ci sentiremo nei prossimi giorni, spero”. È un rapporto difficile quello tra dem e renziani soprattutto in questo periodo elettorale. Non solo Fregolent lamenta una certa freddezza da parte del suo ex partito (“o pensano che voglia andare con Alberto Cirio o mi danno per scontata, in entrambi i casi sbagliano”), anche da Borghi arriva una richiesta di chiarimento e soprattutto “pari dignità tra gli interlocutori”. Il riferimento è al dialogo avviato con il Movimento 5 stelle e paradossalmente anche con Azione dove “Enrico Costa e Cirio sono solo due dita della stessa mano”, mentre ancora non c’è stata una formale interlocuzione con Italia Viva. Un pregiudizio nei confronti dei seguaci di Renzi? Chissà. 

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Ma la questione è soprattutto politica: “A chi dice che ho una predisposizione per Cirio dico che alle amministrative di Torino abbiamo scelto il Pd e ci è costato mezzo partito. Il tema è capire che Pd ho di fronte” prosegue Fregolent. Per esempio, “l’alleanza con il M5s pregiudicherà il progetto del secondo inceneritore della regione di cui abbiamo estremamente bisogno?” si chiede la neo segretaria dei renziani piemontesi che peraltro militava nella componente degli Ecodem quando era nel Pd, insomma l’area più ambientalista. Perché “Ho letto che Stefano Lo Russo li vede cambiati, maturati, ma a me sembrano sempre gli stessi, basti pensare a quel vergognoso elogio funebre pronunciato a Montecitorio per la morte di Napolitano”. Insomma, le differenze rimangono anche se è caduto il veto nei confronti del partito di Giuseppe Conte, “purché ci si metta d’accordo sui programmi, perché io l’Unione me la ricordo e di fare il solito minestrone con tutto e il contrario di tutto, no grazie”. Su questo Borghi rincara la dose: “Il problema è aver dato il mazzo a Chiara Appendino – dice –. Il tentativo di voler nazionalizzare le elezioni regionali si scontra in Piemonte col fatto che qui i grillini sono contro la Tav, contro l’inceneritore del Gerbido, contro il Terzo Valico, contro la Tangenziale Est. E siccome il gap infrastrutturale del Piemonte è più marcato che mai chiedo se hanno cambiato idea loro o il Pd. Io vorrei saperlo prima di allearmi”.