SANITÀ

Meloni vuole il bonus per i medici. Ma a pagarlo sono le Regioni

Nell'ultima manovra una sorta di super tredicesima per camici bianchi e infermieri. Problemi di cassa con i bilanci già definiti. Tutti i governatori vogliono erogarla a gennaio, solo la Lombardia disponibile già a fine anno. Tavolo tecnico a Roma

La legge è del Governo, le Regioni “possono” adeguarsi. Nell’ultimo ddl Bilancio si fa riferimento a una sorta di super tredicesima come anticipazione dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego. Un “premio” ai milioni di dipendenti pubblici alle dirette dipendenze del Governo, ma che si fa per quanto riguarda i medici del Servizio sanitario nazionale?

Come da prassi consolidata, la legge nazionale non provvede direttamente ma “apre” alla possibilità che Regioni, enti locali e aziende sanitarie si allineino nell’erogazione del beneficio. La parola chiave, in tal senso, è quel “possono” che apre un baratro a due mesi dalla chiusura dei bilanci 2023. In altre parole, per il personale della Sanità pubblica questo bonus non è affatto obbligatorio e dovranno decidere nel merito le singole Regioni con più di un occhio al portafogli, perché nel provvedimento viene espressamente detto “con oneri a carico dei propri bilanci”. Le Regioni sono pronte a farsi carico, i problemi riguardano piuttosto la tempistica dell'erogazione: tutte, con l'eccezione della Lombardia, vorrebbero spostarlo a gennaio.

A sollevare la questione è il vicepresidente di Palazzo Lascaris Daniele Valle (Pd), secondo il quale “la decisione del governo Meloni di lasciare alle Regioni la scelta se erogare il beneficio è davvero pilatesca, visto che arriva con una finanziaria che comporta una ulteriore riduzione di risorse al Servizio sanitario nazionale e alle Regioni”. Da un altro punto di vista potrebbero i primi esperimenti di autonomia differenziata. “Come opposizione siamo disponibili a confrontarci a partire dalla variazione di bilancio che stiamo già discutendo in commissione: sediamoci insieme e troviamo le risorse, perché i rami secchi non mancano”.

Peraltro, la discrezionalità della decisione è soltanto nell’alternativa si o no, giacché in caso di decisione positiva il beneficio è blindato (“con le modalità e nella misura”). Sarà un bel problema da risolvere per gli organi regionali e l’operazione potrebbe anche essere intesa come prova tecnica di autonomia differenziata. Per dare una misura si tratta di 1.516 euro per i medici e tutti gli altri dirigenti sanitari e 846 euro per i dipendenti inquadrati nella cosiddetta quarta area, cioè i funzionari non dirigenti e gli infermieri. In Piemonte l’operazione vale circa 50 milioni di euro.

Durante la Commissione Sanità della Conferenza delle Regioni il tema è stato affrontato a livello tecnico e l’opinione comune è stata quella di far slittare l'erogazione del contributo al gennaio del 2024 così da evitare che gravasse sugli attuali bilanci. L’unica regione disponibile a erogare entro la fine dell'anno è appunto la Lombardia, titolare del ben noto "tesoretto".

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