Autonomia, la forza della Cisl

Il pluralismo è, da sempre, la principale ricchezza di una democrazia stabile e matura. Lo è a livello politico e, a maggior ragione, lo è anche sul versante sociale. Cioè su quello sindacale. Del resto, è noto a tutti che anche nel sindacato permangono antiche distinzioni. Politico e culturali.

Innanzitutto, sul ruolo del sindacato, peraltro importante e decisivo in un sistema democratico e partecipativo. Nello specifico, la profonda e storica differenza tra ciò che pensa l’antico sindacato “bianco”, cioè la Cisl e, al contrario, la prassi concreta che caratterizza invece il tradizionale sindacato “rosso”, ovvero la Cgil. E, del resto, non è un mistero per nessuno che la “cinghia di trasmissione” è l’antico slogan che da sempre contraddistingue il comportamento concreto della Cgil nella vita pubblica italiana. Un sindacato importante e fortemente rappresentativo nel nostro paese a livello politico, sociale, professionale e culturale che è sempre stato un potente braccio politico ed organizzativo della sinistra politica. Per quasi 50 anni del Partito Comunista Italiano e poi di tutti i partiti che sono nati lungo la nota filiera Pci/Pds/Ds/Pd. Con qualche fisiologica e del tutto naturale incomprensione durante questo storico percorso. Cioè un sindacato che, del tutto legittimamente, svolge un ruolo decisivo per riaffermare con forza e determinazione le ragioni politiche della sinistra. Con l’unica incognita, per fermarsi al dibattito di questi ultimi mesi, che non si sa bene chi detta l’agenda politica in quel campo. E cioè, se sia la Cgil di Landini che indica le priorità e il partito condivide e segue o se sia il partito della Schlein che concorda con il sindacato il progetto da portare avanti. Comunque sia, è il perfetto ritorno della storica ed organica “cinghia di trasmissione” tra il principale partito della sinistra italiana e il forte e potente sindacato “rosso”.

Tutt’altra concezione quella della Cisl. Perché in tutta la sua storia, da quando è stata fondata nel lontano 1950 in poi, le due parole d’ordine del sindacato “bianco” sono sempre state “autonomia” dalla politica e dai partiti e centralità della “contrattazione”. A livello locale come a livello nazionale. Due tasselli che hanno accompagnato l’intera storia della Cisl e che ha permesso a questo sindacato popolare, democratico e riformista, di concentrare l’attenzione esclusivamente sui contenuti e sul merito delle questioni sul tappeto senza farsi abbagliare e condizionare dalle pregiudiziali politiche e di schieramento. E proprio le vicende di questi giorni con lo sciopero generale proclamato dalla Cgil e la precettazione decisa dal Ministro dei Trasporti Salvini, ha visto la Cisl mantenere una posizione di rara correttezza e coerenza. Non interessata, cioè, alla contestazione politica pregiudiziale contro il governo di centro destra ma che ragiona e si confronta esclusivamente sui contenuti e sul merito. Insomma, un sindacato che fa del riformismo la sua bussola di riferimento. Sì alle riforme ma con gradualità e al contempo con determinazione. Perché anche così, pensa la Cisl, si difendono e si promuovono meglio e con più efficacia gli interessi dei lavoratori, dei ceti popolari e dei ceti meno abbienti.

Ecco perché, e senza alcuna novità, ci troviamo di fronte a due concezioni diverse, se non addirittura alternative, attorno al ruolo che deve avere il sindacato nella società e nel suo rapporto con la politica e le istituzioni. Ma anche questo, checché se ne dica, fa parte del pluralismo che era e resta una ricchezza per l’intera democrazia italiana.

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