LA SACRA RUOTA

Mirafiori non solo sfasciacarrozze. Cirio: "Serve un nuovo modello"

Mentre il ministro Urso batte i pugni e ribadisce l'obiettivo di un milione di auto in Italia, Stellantis batte cassa e chiede incentivi per l'elettrico. Intanto la Panda è già volata in Serbia e su Torino più incognite che certezze: "Affondiamo negli annunci"

Più che un obiettivo è diventata una litania. La produzione di un milione di auto in Italia è l’orizzonte che si dà il ministro del Made in Italy Adolfo Urso e pure Stellantis, rappresentata dal responsabile di Corporate Affairs Italia, Davide Mele, lo ha confermato, precisando che a quella somma al massimo ci si arriverà sommando “auto e veicoli commerciali”. Sul come e sul quando nessuno si pronuncia, anche dopo il tavolo apparecchiato oggi a Roma nella sede del Mimit. Persino la Fiom, finora tanto ossequiosa nei confronti del gruppo italo-francese e soprattutto dei suoi vertici italiani, timidamente mette le mani avanti: “Siamo entrati a questo incontro con una domanda e cioè se Stellantis avesse intenzione di fare investimenti oppure di chiudere gli stabilimenti: ebbene oggi a questa domanda l’azienda non ha ancora risposto” ha detto il leader dei metalmeccanici Cgil Michele De Palma, secondo il quale è evidente come a oggi “non vi è certezza rispetto alla salvaguardia occupazionale che riguarderà tutti gli stabilimenti”. Decisamente più duro il numero uno della Fim Ferdinando Uliano secondo cui “stiamo affondando negli annunci”

“Stellanti – afferma Mele in una nota – contribuisce in modo determinante all’economia italiana e alla bilancia commerciale del Paese con un surplus di 11 miliardi dal 2021 al giugno di quest’anno con veicoli prodotti in Italia ed esportati in tutto il mondo. L’ultima novità è la Fiat 500e costruita a Mirafiori ed esportata negli Stati Uniti, ma si può anche sottolineare che l’85% della produzione di Atessa o il 90% delle Maserati prodotte in Italia viene esportata. Abbiamo presentato un piano condiviso con missioni specifiche per ogni stabilimento che porterà il Gruppo a produrre il più ampio portafoglio di veicoli degli ultimi dieci anni, ampliando l’offerta dei nostri dieci marchi per coprire altrettanti segmenti di mercato”. Per fare tutto questo, però, “sono cruciali una serie di fattori abilitanti specifici, come la cancellazione dell’impatto della normativa Euro 7 per la continuazione della produzione di modelli accessibili in Italia, gli incentivi adeguati per i clienti di veicoli elettrici per sostenere il mercato e lo sviluppo della rete di ricarica, e il miglioramento della competitività industriale di Stellantis e dei fornitori italiani, incluso il costo dell’energia”.

Il ministro Urso guarda il bicchiere mezzo pieno. Secondo lui, il tavolo insediato oggi, con tutti gli attori del settore automotive – Regioni, sindacati e Anfia – “rappresenta un punto di svolta per il sistema paese per raggiungere un obiettivo ambizioso, ma concreto: invertire il declino produttivo registrato negli ultimi anni in Italia per raggiungere la soglia di un milione di veicoli da parte dell’azienda nei siti produttivi italiani”. Sì ma come? Stellantis una linea l’aveva tracciata chiedendo specifici fattori abilitanti, come il rinvio o la rimozione della normativa (Euro 7) che impedisce la continuazione della produzione di modelli a prezzi accessibili in Italia, gli incentivi alla vendita di veicoli elettrici e la rete di ricarica per sostenere i clienti e il miglioramento del costo dell’energia così da sostenere la competitività industriale di Stellantis e dei fornitori italiani.

C’era una volta l’Italia grande paese industriale. L’anno scorso in Italia sono state prodotte appena 450mila auto a fronte di un milione e 400mila immatricolazioni e l’80% degli incentivi sono finiti ad auto prodotte all’estero, anche da Stellantis. “Questo non può più accadere” ha aggiunto Urso. Insomma, al tavolo c’è chi batte i pugni (neanche poi tanto) e chi batte cassa. Stellantis chiede incentivi sulle auto elettriche, il governo nicchia e la produzione finisce all’estero come è capitato lunedì scorso, quando Giorgia Meloni ha appreso dalle parole del presidente serbo Aleksandar Vučić che la nuova Panda elettrica sarebbe stata prodotta nel suo paese, e più precisamente nello stabilimento di Kragujevac. Con buona pace di Pomigliano d’Arco e delle 4mila persone che ci lavorano dentro, che per un paio d’anni ancora continueranno a produrre il modello tradizionale.

L’impatto dell’azienda sull’economia nazionale valga tra l’1 e il 3 per cento del PIL. Secondo l’Istat, l’istituto nazionale di statistica, il settore della produzione di automobili in Italia dà lavoro a 160 mila persone, la maggior parte delle quali dipende proprio da Stellantis. Secondo le stime della Fiom negli ultimi dieci anni “abbiamo perso più di 11.500 lavoratori”.

In questo scenario s’inserisce anche Mirafiori, un tempo tra i più grandi siti industriali d’Europa, dove oggi si realizzano appena 100mila auto finché tiene la 500 Elettrica. Su questo il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio chiede “l’impegno di tutti per rilanciare la produzione e arrivare almeno al primo obiettivo di produrre un milione di veicoli in Italia, assegnare a Mirafiori un secondo modello e ancorare a questo territorio la ricerca e lo sviluppo”. Dal presidente del Piemonte anche l’appello all’azienda a evitare “scivoloni comunicativi come la vendita degli stabilimenti del gruppo sulle piattaforme immobiliari online, perché il rischio concreto è che nell’opinione pubblica si faccia strada l’idea del disimpegno del gruppo in Italia, quando invece abbiamo bisogno di un’industria dell’automotive forte, che crede nell’Italia, nei suoi stabilimenti e nel potenziale della sua manodopera per cui chiediamo non solo la piena occupazione, ma anche la sua crescita”.

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