GRANA PADANA

Salvini, 10 anni alla guida della Lega. Agiografia di un truce quaquaraquà

Un filmato celebra i due lustri del Capitano. Tutte le capriole di un politico con valori posticci e posizioni mobili, spregiudicato fino all'autolesionismo. E molti di quelli che oggi in pubblicano lo santificano in privato ne dicono peste e corna - VIDEO

Un video di quasi 18 minuti, con immagini di repertorio, interviste ai compagni di partito, i passaggi decisivi: la Lega celebra così i 10 anni della segreteria targata Matteo Salvini, con un filmato sui social dal titolo “M10 Capitano”, richiamando l’appellativo con cui si faceva chiamare durante la stagione al Viminale. Si parte con Giancarlo Giorgetti: è lui che nel 2013 proclamò il risultato del congresso del 2013, e lui fu tra gli artefici dell’elezione: «Era maturo il tempo di trovare qualcuno cui passare il testimone – dice in una intervista in cui ricorda il momento della scelta – ci trovammo tutti e tre, io e Bobo (Maroni, ndr). Dicemmo “Matteo tocca a te, bisogna trovare qualcuno che abbia le energie, le idee per rinnovare il movimento”. Non è nato in una capanna ma sotto un tendone, diciamo così…», dice ironizzando sulla vicinanza del Natale. Una idea, quella di Salvini segretario, di cui il presidente della Camera Lorenzo Fontana rivendica la primazia: «Ero a La Zanzara, mi chiesero chi sarebbe stato il segretario dopo Bossi e io risposi Salvini: una previsione azzeccata», afferma l’inquilino di Montecitorio che di Salvini è stato per qualche tempo anche coinquilino.

Il senatore Andrea Paganella ricorda invece i primi mesi della segreteria: «Sono stati i più difficili, Matteo ha deciso di dare una nuova identità al partito, ha preso il toro per le corna per cambiare tanto, quasi tutto, e così ha salvato la Lega». Il vicesegretario Andrea Crippa racconta la prima campagna elettorale, quella del 2014, fatta in camper: «Nessuno credeva in noi, Matteo è stato incredibile, e i risultati parlano per lui». Tocca poi a Roberto Calderoli: «Ha preso in mano una Lega che la vedeva veramente brutta, l’ha portata in alto, in altissimo con il 34% alle Europee del 2019, tanto lavoro e entusiasmo, ci riporterà a quei numeri e a quei valori di cinque anni fa». Risultati ottenuti grazie alla trasformazione del partito, che viene spiegata da Massimiliano Romeo e Giuseppe Valditara: «Salvini è riuscito a trasformare la Lega da partito confinato in alcune regioni del Nord in partito nazionale», dice il capogruppo in Senato ricordando le Politiche del 2018, in cui – aggiunge il ministro dell’Istruzione – «vinceva l’intuizione di trasformare la Lega in forte movimento nazionale ma strettamente legato ai territori».

Il lato umano lo racconta Attilio Fontana: «C’è sempre, nei momenti di difficoltà. Quando ti senti solo, lo chiami e lui ti dà sostegno, consiglio, ti fa capire che insieme a te c’è il partito e ci sono milioni di leghisti». Gli fa eco Alessandra Locatelli che sottolinea «l’entusiasmo, la forza che ci trasmette anche di fronte alle situazioni più complesse e ai momenti più difficili». Poi tocca agli altri governatori di Regione: Donatella Tesei ricorda la vittoria in Umbria, Maurizio Fugatti quella in Trentino, Christian Solinas l’alleanza col Partito Sardo d’Azione che ha portato alla sua elezione.

Il governo giallo-verde del 2018 lo racconta per primo Matteo Piantedosi, allora suo capo di gabinetto al Viminale, e poi Massimiliano Fedriga: «L’esperienza col M5s non è stata facile, ma ha portato risultati incredibili nella lotta alla criminalità organizzata e all’immigrazione clandestina». Un passaggio che viene sottolineato da diverse dichiarazioni di repertorio dello stesso Salvini, tutte sul tema “ruspa” da utilizzare contro criminalità e immigrazione, fino alle parole contro “una zingara, una zingaraccia di Baranzate” che minacciava un proiettile per l’allora ministro dell’Interno.

Tocca al capogruppo alla Camera Riccardo Molinari affrontare invece il momento della rottura: «Il governo col M5s era complicato ma ha portato risultati importanti: quota 100 sulle pensioni e i decreti immigrazione. Ma eravamo arrivati a un punto in cui le differenze stavano esplodendo, ed era evidente che c’era un dialogo aperto con il Pd come era chiaro dai posizionamenti europei». E via con le immagini di repertorio sulle “poltrone” abbandonate.

E poi c’è il futuro. Luca Zaia parla della battaglia per l’Autonomia regionale: «Matteo ci ha messo faccia e impegno, ora aspettiamo solo il momento in cui sarà legge». Lorenzo Fontana sottolinea che i risultati ottenuti «sono solo un punto di partenza».

Il video si chiude con oltre due minuti di foto: da Salvini bambino a quelle con i figli piccoli, e poi una carrellata di compagni di partito (tra gli altri Giorgetti, Zaia, Fedriga, Bossi, Calderoli, Rixi, Borghi, Centinaio, Durigon, Crippa, Molinari, Molteni).

La Lega di Matteo Salvini compie, oggi, dieci anni. Era il 15 dicembre del 2013, infatti, quando Salvini fu proclamato segretario federale, nel congresso straordinario convocato al Lingotto di Torino. Il primo segretario milanese della Lega Nord aveva sconfitto qualche giorno prima il fondatore del movimento, Umberto Bossi, nelle primarie tra i militanti, che si erano tenute, il 7 dicembre, giorno di Sant’Ambrogio. Prima di allora, la Lega era sempre stata guidata da politici originari di Varese, dove, il 12 aprile del 1984, quasi 40 anni fa, nacque, per iniziativa del Senatur, la prima costola politica del partito, la Lega autonomista lombarda (federata poi con le altre forze autonomiste a dar vita alla Lega Nord, al congresso di Pieve Emanuele, nel febbraio del 1991).

Dopo il “dominio bossiano”, durato oltre vent’anni, il primo luglio 2012, il timone era passato a Roberto Maroni che aveva raccolto i cocci del partito travolto dallo scandalo sulle irregolarità dei rimborsi elettorali. Ma la segreteria di Maroni era durata poco più di un anno. Eletto governatore della Lombardia, fu sua l’idea di passare il timone a un giovane, l’allora quarantenne segretario della Lega lombarda, noto per gli anni a Radio Padania e in consiglio comunale a Milano, indicandolo come suo candidato alle primarie convocate per scegliere il suo successore. Il “patto”, siglato sottotraccia – che non fu poi mantenuto e, qualche tempo dopo, portò alla definitiva rottura con Flavio Tosi – era che Salvini avrebbe guidato il partito mentre l’ex sindaco di Verona sarebbe stato l’eventuale candidato premier leghista.

L’esordio di Salvini a Torino ebbe subito una connotazione netta. E la “foto di famiglia” del primo congresso non era poi così diversa da quella scattata il 3 dicembre di quest’anno a Firenze, all’evento organizzato dal gruppo sovranista “Identità e democrazia”. Già al Lingotto, dieci anni fa, sfilarono l’olandese Geert Wilders, gli esponenti dell’Fpo austriaco e dell’allora Front national di Marine Le Pen (ora Rassemblement national). L’unica significativa differenza è che al congresso del 2013 partecipò Viktor Zubarev, un esponente di Russia Unita, il partito di Vladimir Putin, dal quale la Lega si è poi dovuta allentare di recente in coincidenza con l’esplosione del conflitto ucraino.

Insomma, tolto il complicato e controverso rapporto coi russi, la Lega salviniana degli esordi era già quello che è ora, a livello di relazioni europee. Ed è proprio dall’alleanza con le destre in Europa e dalla successiva campagna “Basta euro” (Europee 2014) che la segreteria di Salvini impresse un profondo cambiamento a un partito fino a quel momento molto radicato sui temi del federalismo, “sindacato del Nord” fin dalla sua fondazione. Parallelamente a questo movimento a destra in Europa (per un partito tradizionalmente antifascista), Salvini, pur mantenendo i temi autonomisti, cercò fin da subito di dare una prospettiva nazionale alla Lega, fondando prima “Noi con Salvini” e arrivando a dar vita a un nuovo partito, il 14 dicembre del 2017, ovvero la Lega Salvini premier. Grazie al nuovo partito e a un nuovo modo di concepire la comunicazione politica – più veloce e fondata su una campagna aggressiva sui social gestita dalla cosiddetta “Bestia” di Luca Morisi e Andrea Paganella – le politiche del 2018 segnarono una svolta per Salvini che portò la Lega, per la prima volta davanti a Forza Italia, al 17%; percentuale mai toccata fino a quel momento.

La formazione del governo con i 5 stelle e le posizioni sul blocco degli sbarchi assunte come ministro dell’Interno fecero aumentare i consensi fino al record delle europee del 2019 (34%). Dalla decisione dello strappo coi pentastellati, nella famosa estate del Papeete (agosto 2019), i consensi della Lega diminuirono gradualmente fino all’8% delle politiche del 2022. Elezioni che però segnarono il ritorno della Lega in un governo politico – dopo la parentesi del sostegno “tormentato” all’esecutivo tecnico di Mario Draghi – e di Matteo Salvini ministro. La scelta è caduta sul ministero delle Infrastrutture e uno degli obiettivi centrali è la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina.

Sul fronte interno, nessuno ha finora minacciato realmente la leadership del capo di via Bellerio in questi dieci anni. Nel 2015, Salvini stroncò con l’espulsione ogni tentativo di Tosi di costruire consenso attorno alla propria figura con la fondazione dell’associazione “Fari”. E, nel congresso di Parma del 2017, sconfisse lo sfidante Gianni Fava e viene confermato segretario. Si tratta dell’ultimo congresso federale elettivo celebrato dalla Lega Nord prima di diventare una sorta di “bad company” della Lega Salvini premier, movimento che non è ancora mai andato a congresso. Dopo i provinciali, si stanno concludendo in questi mesi le procedure per le assise regionali – manca il congresso lombardo – poi si dovrebbe tenere, in una data imprecisata dopo le europee, anche quello nazionale.

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