Capodanno col botto

Mancano pochi giorni al nuovo anno, appuntamento che induce tutti noi a ripetere infinite volte l’usuale frase benaugurale: “Buon 2024, speriamo che il prossimo anno si riveli migliore di questo”.

L’auspicio è un classico, un mantra che viene enunciato in genere con poca convinzione, poiché è palese come ogni cosa vada costantemente, mese dopo mese, allo stesso modo: bene per pochi fortunati, i soliti, e male per tutti gli altri. Un futuro dai presupposti cupi accompagna parimenti i diritti sociali e il sistema sanitario pubblico, ambedue destinati a un irreversibile declino.

Molte persone hanno ricevuto chiamate telefoniche commerciali durante le feste natalizie. Una delle tante aziende nate in previsione della fine del mercato tutelato (per utenti gas e luce) ha voluto allietare diverse famiglie durante l’ora di pranzo del giorno di Santo Stefano, sottoponendo loro nuove offerte, insieme a vantaggiosi contratti.

In effetti, salvo proroghe dell’ultimo minuto, il 1° gennaio porterà ai consumatori italiani una prima grande novità, ossia la liberalizzazione totale delle bollette del gas per le abitazioni, mentre il 1° luglio sarà il turno di uscita dalla tutela delle fatture relative al consumo di energia elettrica (termine inizialmente previsto per il 1° aprile e poi prorogato). Appena finito l’eco dei fuochi di artificio esploderà quindi un altro botto, che sconvolgerà soprattutto le precarie finanze dei lavoratori. La schiera degli utenti le cui tariffe sono attualmente determinate dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera) si scioglie definitivamente, a tutto vantaggio del liberissimo mercato.

In poche settimane sono state avviate decine di società operanti nel campo energetico. Imprese che non producono alcunché, ma votate esclusivamente alla vendita del servizio e pronte a piombare sugli inermi consumatori con proposte contrattuali irrinunciabili, ma che raramente si rivelano davvero vantaggiose per chi le sottoscrive.

Nel nuovo anno, l’economia domestica subirà un ulteriore tracollo nel nome della finta concorrenza, mentre di sicuro andrà meglio ai soliti mastini della finanza, i quali vedranno gonfiare il portafogli senza fare sostanzialmente nulla. Gli speculatori hanno vita facile nel nostro Paese grazie alla perenne assenza di controlli nei loro riguardi, ma principalmente a causa della smemoratezza che caratterizza il nostro popolo.

All’indomani dello scoppio del conflitto russo-ucraino i costi in bolletta si triplicarono in un attimo. Coloro che avevano già scelto il mercato libero furono i più penalizzati dall’improvviso balzo in aventi dei prezzi. Un atto di pirateria finanziaria che, oltre ad essere immotivato, condannava al fallimento molte imprese e gettava sul lastrico interi nuclei familiari. Abbiamo subito svariate speculazioni, in questi tre anni, grazie ai “bravi” capitani d’impresa. Costoro hanno iniziato la loro originale corsa all’oro aumentando, appena comparso il Covid, il prezzo del gel igienizzante e delle mascherine (dopo aver fatto sparire dagli scaffali i prodotti per qualche tempo), per poi passare ad occuparsi dell’incetta delle siringhe (in prossimità della campagna vaccinale), e della carta (nelle settimane antecedenti l’avvio delle lezioni scolastiche).

Non paghi dei ricchi profitti, i padroni del mondo hanno poi concentrato le loro incursioni sul costo dei carburanti, lievitato enormemente alla vigilia degli spostamenti estivi, e del gas con cui si produce l’acqua frizzante nonché le bibite da spiaggia. Uno stillicidio di speculazioni attuate sulla pelle dei cittadini, ma da cui i medesimi non hanno imparato nulla. In Italia la libera concorrenza di fatto non esiste, poiché stritolata dalla creazione di cartelli monopolistici abili nel manipolare il mercato.

Buona parte della politica vuole affidare la gestione dei servizi essenziali (gas-energia elettrica) e della sanità pubblica a questo sistema in gran parte ammalato di ingordigia, che ignora i principi di assistenza universale e rinnega il giuramento di Ippocrate. Le privatizzazioni non trovano mai ostacoli sul loro cammino, esse vanno a pari passo con la riduzione degli spazi di democrazia partecipativa e istituzionale. Evidentemente l’assegnazione dei beni comuni ai privati non è conciliabile con il consenso popolare, e neppure con la trasparenza.

L’Italia guarda al nuovo anno inconsapevole di aver perso memoria e capacità critica. Basteranno due petardoni gettati su una piazza, e un calice di vino con le bollicine, per illudersi di svegliarsi il giorno dopo in uno Stato giusto, democratico ed equo.

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