Centro alternativo al populismo

Il confronto, del tutto naturale nonché scontato, tra il Pd e i 5 stelle a Torino in vista delle prossime elezioni regionali piemontesi, non sappiamo se produrrà risultati concreti. Ovvero, se approderà alla costruzione, o meno, di una alleanza politica alternativa a quella guidata – quasi sicuramente – dall’attuale presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio.

Ma, al di là dell’esito di quel confronto, è abbastanza evidente richiamare almeno un aspetto politico che è sufficientemente oggettivo per poterlo mettere in discussione. E cioè, il Centro, le forze centriste, i movimenti centristi e, di conseguenza, lo stesso elettorato centrista sono semplicemente alternativi rispetto al populismo. A livello politico e culturale. E, quando si parla di populismo, non possiamo non fare rifermento al partito che ne rappresenta l’essenza e che, soprattutto, ne interpreta la sua ragion d’essere. Ovvero, il partito dei 5 stelle.

Ora, e senza alcuna polemica e, men che meno senza alcun pregiudizio ideologico, è chiaro a quasi tutti che i valori – o i disvalori, a seconda dei punti di vista – che animano e caratterizzano i movimenti populisti sono francamente non solo distinti e distanti ma sono addirittura alternativi rispetto a chi, storicamente, si riconosce nei valori del Centro e, nello specifico, in una vera e credibile “politica di centro”. Perché il populismo, essendo l’essenza dell’antipolitica, è l’esatto contrario di tutto quello che le forze politiche centriste hanno dispiegato dal secondo dopoguerra in poi. Ossia, l’anti politica, la demagogia, il qualunquismo, il disprezzo per le storiche culture politiche, l’assenza di una precisa cultura di governo, la demonizzazione della cultura delle alleanze, la distanza siderale rispetto alla cultura riformista, la demonizzazione della centralità dei partiti e la voglia di rimuovere, e di ridicolizzare, tutto ciò che è riconducibile alla storia democratica del nostro paese sono solo alcuni tasselli che compongono il mosaico della concreta prassi populista.

E le forze centriste, in particolare quelle riconducibili al filone del cattolicesimo popolare e sociale, ne rappresentano da sempre l’esatta alternativa. Diventa, di conseguenza, molto difficile se non addirittura imbarazzante immaginare di costruire colazioni di governo con forze e movimenti squisitamente e strutturalmente populisti. E questo, lo ripeto, non per ragioni dettate da pregiudiziali o da pregiudizi, ma solo e soltanto da motivazioni di carattere politico e culturale. Fuorché si accetti la logica trasformistica che, del resto, è stata uno degli elementi costitutivi della identità e, soprattutto, della esperienza di governo del partito populista per eccellenza.

Per queste ragioni, molto semplici e cariche, al contempo, di contenuti politici, le forze centriste al prossimo appuntamento elettorale piemontese saranno in un campo politico alternativo rispetto ai partiti e ai movimenti populisti. Per coerenza politica innanzitutto ma anche per rispettare una storia che ha caratterizzato tutto il Novecento e che non può essere messa in discussione per una elezione, seppur importante, come quella del rinnovo della guida della Regione Piemonte.

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