L'auto elettrica non parte

La vendita di auto BEV in Italia non decolla, nel 2023 rappresenta solo il 4,3% del mercato. Gli operai che producono la 500E a Mirafiori finiscono in cassa integrazione eppure solo nel corso degli ultimi cinque anni  l’Unione Europea ha finanziato le aziende con oltre 100 miliardi per promuovere ricerca, progettazione e produzione nel settore automotive, comprese le batterie.

Nel solo 2019 l’industria e i Governi dell’Ue hanno messo sul piatto ben 60 miliardi per la produzione di veicoli elettrici e batterie, 19 volte in più dell’anno precedente.  Nel 2023 stanziati 4 miliardi finiti soprattutto in Germania e in Francia. Anche il ministro Adolfo Urso ha annunciato un finanziamento di 6 miliardi di euro fino al 2030 nel fondo per l’automotive, ovvero un miliardo l’anno, forse un po’ pochino.

Infatti l’immatricolazione di auto solo elettriche negli altri Paesi vede un incremento numerico tendenzialmente in crescita: in Francia si passa da oltre 138mila del 2021 alle 261mila dell’anno passato; in Germania da 307mila a 470mila. L’Italia arranca e scende rispetto al 2021 passando dalle 61mila alle 59mila del 2023. Siamo appena davanti alla Spagna che però dal 2021 ha più che raddoppiato la crescita.

Di 500E, in Italia, nei primi undici mesi del 2023 se ne sono vendute appena 4.751 e pensare che nel 2022 è stata l’auto più venduta, con quasi 7mila esemplari, nell’anno successivo viene superata da Tesla Y e Tesla 3, mentre va molto bene nel 2023 in Germania e Francia, principali mercati del cinquino elettrico.

Viene da domandarsi dove finiscono i sostanziosi sostegni europei alle aziende automobilistiche se poi i finanziamenti con conseguenti investimenti non si trasformano in produzione e vendita. Ovviamente questo schema non vale per tutti ma sicuramente vale per i modelli Maserati e 500E prodotte e Mirafiori; considerando anche che Stellantis raggiunge risultati di Gruppo significativi in generale e in particolare sui margini e profitti.

Il costo all’utente delle auto elettriche è sicuramente il principale problema sul mercato italiano. In attesa dell’invasione cinese nei segmenti A e B, che spiazzerà nuovamente i produttori europei, si dovrebbe agire su questo versante. Non credo che la strada sia quella degli incentivi che “non incentivano” i produttori ad abbassare il costo finale visto che lo Stato, cioè chi paga le tasse, si fa carico di una parte del costo.

Se sommiamo gli ingenti finanziamenti europei al fatto che producendo un’auto elettrica al netto, del per ora alto costo della batteria, diminuiscono i costi di produzione con meno operai, meno particolari da montare, più intelligenza artificiale e automazione, diventa chiaro che le aziende scaricano sulla società in generale il costo elevato della singola auto e incamerano alti profitti. Sergio Marchionne puntò molto sull’alta gamma perché consentiva alti margini sulla singola auto, ora Stellantis punta ad alti margini anche sui modelli elettrici delle gamme più basse ma quanto reinveste? Sempre Marchionne sosteneva che si investiva con i soldi che si guadagnavano oggi è ancora così in Stellantis?

Forse c’è qualcosa che non funziona se ci aggiungiamo la cassa integrazione per i lavoratori e modelli Stellantis prodotti in Italia, direi più che altro a Mirafiori, che non vendono. Paradossalmente l’unico modello Maserati che segna un andamento accettabile è il SUV Grecale prodotto a Cassino. Considerando che l’industria automotive in Italia non ha dato, nel 2022, risultati peggiori degli anni passati e che ha saputo diversificare il portafoglio clienti rimane la domanda in sospeso: avere a Torino un hub solo dedicato all’elettrico è ancora la scelta migliore?

A Torino, il futuro potrebbe anche essere in campo motoristico segnato da una pluralità di fonti di energia diverse, insieme agli altri attori industriali può essere un terreno di crescita industriale? Ricordiamoci che esiste ancora un ramo d’azienda che si chiama FPT e che produce “a tutto spiano” motori per tutti gli ambiti commerciali, dai veicoli pesanti all’agricoltura, ai motori marini e produce componenti per auto in più ambiti. Diversificare era una vecchia parla d’ordine che ha permesso a molte aziende di sopravvivere alle crisi, mi sembra che Mirafiori vada, sempre più, verso il mono-prodotto che spesso è stato il suicidio industriale. Lear docet.

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