LA SACRA RUOTA

Elkann batte cassa per stare in Italia. Stellantis va a investire in Marocco

Il gruppo che di italiano non ha (quasi) più niente decanta con i fornitori le opportunità del paese nordafricano. Ma pretende soldi pubblici per mantenere le fabbriche. Calenda spara a zero e denuncia la "più grande operazione di de-industrializzazione"

È cambiata l’insegna ma non l’andazzo. Battere cassa per non battere in ritirata, pretendere finanziamenti e contributi pubblici con la minaccia, qualora non vengano erogati, di trasferire la produzione. Stellantis è il caso emblematico della più grande de-industrializzazione italiana. Carlo Calenda, che da tempo punta il dito sul comportamento del gruppo automobilistico, torna dalle colonne del Messaggero a denunciare quella che «è una storia allucinante. Sia per le dimensioni della vicenda sia per l’omertà della sinistra e del sindacato». Dopo la morte di Sergio Marchionne, ricorda l’ex ministro, John Elkann «ha cominciato a vendere le attività, innanzitutto la Magneti Marelli. L’ha ceduta durante il governo Conte a una società giapponese, super-indebitata, di proprietà di un fondo. All’epoca, chiesi al governo d’intervenire bloccando la vendita attraverso il golden power. Ma Conte decise di non farlo». All’epoca Elkann «diede assicurazioni sugli stabilimenti e sul lavoro in Italia. Come abbiamo visto con la brutta fine della fabbrica Magneti Marelli a Crevalcore, queste assicurazioni non valgono nulla. Ma questo non è che il principio. La morale è l’irresponsabilità di un capitalismo che usa l’Italia a proprio piacimento. Anzi, è più di questo». Come noto, durante il Conte 2 Fca ha ricevuto una garanzia pubblica di 6,3 miliardi, «per consentire agli azionisti di pagarsi un dividendo in Olanda da 3,9 miliardi di euro. E di fatto vendere la ex Fiat a Peugeot. Questi sono capitalisti che si fanno gli affari loro. Se ne infischiano dell’Italia e sono stati favoriti da una politica debole e compiacente».

Ne fa le spese il Sistema Italia, sostiene Calenda, «basta guardare la situazione degli stabilimenti Stellantis francesi rispetto a quelli italiani. Quelli francesi sono tutti pronti per i motori elettrici, di quelli italiani soltanto uno è al passo con i tempi. In Francia, si registrano dieci volte i brevetti Stellantis rispetto a quanti se ne registrano in Italia. Le fabbriche italiane, a cominciare da Mirafiori, si vanno desertificando. E Tavares viene a inaugurare a Mirafiori una linea di rottamazione, spacciandola per economia circolare, alla presenza di tutte le autorità cittadine». Del resto, Stellantis è l’unica casa automobilistica in Italia. E il ministro delle Imprese Adolfo Urso crede che sia importante far arrivare a breve nel nostro Paese un nuovo produttore, in modo da aumentare la produzione di auto (arrivare ad almeno 1,3 milioni di autovetture, sostiene Urso, contro le misere 475 mila vetture di oggi). Come farlo? Con una dose corretta di incentivi, spiega, smettendo di dare aiuti pubblici a chi produce all’estero. Nelle cinque riunioni con Stellantis che inizieranno il 22 gennaio il ministro vuole analizzare i programmi e come ricadranno sui 5 siti produttivi in Italia, a partire da Menfi. Finora tanti tavoli, un’intera segheria di parole ma nessuna decisione.

Mesi fa Calenda aveva chiesto al presidente della commissione Attività produttive del Senato, di FdI, di convocare Elkann perché «risponda della situazione ex Fiat. Per ora, non è accaduto nulla. La triste realtà è che oggi quel gruppo produce in Italia il 30 per cento in meno rispetto all’epoca Marchionne. E i nuovi modelli, spacciati per made in Italy, vengono fatti in Serbia», lamenta Calenda. «Di italiano – continua il leader di Azione – la ex Fiat non ha più nulla. Dobbiamo avere consapevolezza di questo dato di fatto. L’Italia è diventata per loro un mercato qualunque e chiedono ai governi soldi e incentivi, per mantenere quel minimo di presenza a cui sono arrivati».

L’ex ministro dice inoltre di essere in possesso di una lettera che «Stellantis ha inviato ai fornitori italiani, decantando le opportunità di spostare gli investimenti in Marocco dove il gruppo di Elkann è già presente in maniera massiccia. Oltre alla lettera, hanno inviato un dépliant del governo marocchino che esalta le facilitazioni per l’industria dell’automotive in quel Paese. La fuga dall’Italia continua sempre di più». Perciò il ministro Urso vuole aprire le porte a un’altra industria dell’auto: «Mi auguro che accada. Purtroppo, non è facile. Noi, come governo Renzi, riuscimmo a far investire Lamborghini, gruppo Audi, nella nuova linea dei suv, battendo la concorrenza dell’Europa dell’Est e lo facemmo solo attraverso un grande lavoro diplomatico e un pacchetto dedicato. Ma non bisogna dare Stellantis per persa. Il governo deve il prima possibile incontrare Tavares, anche perché mi pare che sia lui l’unico a decidere», conclude Calenda.

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