SANITÀ

Gettonisti, mesi contati per le coop. Lombardia sold out, Piemonte piange

Nella regione di Fontana dopo la messa al bando delle cooperative, 851 domande per 235 posti per medici negli ospedali. Vince la linea dura di Bertolaso. Situazione deludente nelle Asl piemontesi: le graduatorie non superano le tre adesioni

Mesi contati per le cooperative di gettonisti, ma il futuro dopo la completa messa al bando delle cooperative che forniscono professionisti agli ospedali è ancora tutto da scrivere, con non poche e pesanti incognite. Intanto mentre in Lombardia l’assessore alla Sanità Guido Bertolaso può vantare 851 domande a fronte di 235 posti riservati ai liberi professionisti da ingaggiare senza passare per coop e società di servizi, altrove come in Piemonte analoghi bandi registrano una scarsissima partecipazione.

Entro la fine di maggio, secondo le norme volute dal ministro della Salute Orazio Schillaci e inserite nel decreto Bollette, le cooperative dovrebbero uscire definitivamente dai Pronto Soccorso e da altri reparti dove da tempo operano per rimediare alla carenza di personale dipendente e alle difficoltà ad assumere nuovi medici. Un termine che, tuttavia, potrebbe slittare con alcune proroghe su pressione delle stesse coop che hanno facile gioco proprio per la scarsità di assunzioni, sia a tempo indeterminato, sia determinato. 

Un quadro in cui ha fatto scalpore la decisione dell’ex capo della Protezione Civile subentrato a Letizia Moratti nella guida della sanità lombarda e il conseguente risultato della sua sfida al sistema delle cooperative di gettonisti. “Non è nel dna del medico andare a fare il commerciante per servizi prestazionali occasionali”, aveva detto Bertolaso presentando il bando rivolto direttamente ai professionisti. E a chi paventava un effetto boomerang, aveva risposto: “C'è chi dice che adesso non verranno più a lavorare qui, ma andranno in Emilia-Romagna o nelle regioni vicine. E per quanto tempo? Quindi, o vanno in Arabia Saudita e in Norvegia o, se vogliono restare, devono cominciare a rivedere le loro priorità”. Una sfida non meno rischiosa delle molte altre che hanno segnato la carriera di colui che nessuno può negare sia un decisionista. Meno di un mese dopo i numeri non solo gli hanno dato ragione, ma hanno superato ogni più ottimistica aspettativa. 

“Avevamo bisogno, spalmati nell'arco di tutto l'anno, della copertura di 235 posti in questa particolare specialità e abbiamo ricevuto 851 domande. Quindi – osserva Bertolaso – mi pare che possiamo tranquillamente considerarlo un grande successo. Primi in Italia abbiamo deciso di interrompere questa vergognosa vicenda dei gettonisti e delle cooperative”. E forse sta proprio in questa chiusura anticipata dei rubinetti reginali da cui ogni anno escono milioni a fiotti incassati dalle coop ad avere portato la Lombardia la soluzione che ha portato ad ottenere un risultato inatteso in questi numeri.

Esito sideralmente lontano da quello che, fino ad oggi si registra in Piemonte, dove analoghi bandi pubblicati sia dalle Asl vedono una media di non più di tre partecipanti per ciascuna azienda. E dire che la retribuzione offerta in non pochi casi è superiore a quella di 60 o 80 euro l’ora (nel secondo caso per specialisti) offerta da Bertolaso. Un ultimatum, quello dell’assessore lombardo, che ha dato i suoi frutti in una regione che, come si osserva in ambienti sanitari, ha una tradizione e una cultura della professione medica diversa da quella del Piemonte. La radicata e assai più diffusa presenza di strutture sanitarie private sul territorio lombardo porterebbe a un approccio più favorevole e convinto al lavoro in libera professione rispetto a quanto accade in Piemonte, dove però il problema non può trovare solo in questo aspetto una spiegazione. A conferma di ciò, i tanti concorsi per posti a tempo indeterminato che vanno deserti o contano un numero a dir poco esiguo di partecipanti.

Un Piemonte ancora troppo poco attrattivo per i camici bianchi, questo è un dato difficilmente contestabile. Basta scorrere le graduatorie dei bandi analoghi a quello lombardo per trovare tre professionisti per l’Asl Città di Torino, uno soltanto per la medicina di emergenza e urgenza alla Città della Salute, ancora uno per la stessa specialità all’Asl Asti e via così, con qualche azienda che addirittura non compare nell’elenco lasciando il dubbio che il bando non lo abbia neppure fatto.

Ma il dubbio ancor più pesante è quello su ciò che accadrà nel giro di un po’ di mesi quando, se non ci saranno proroghe, le coop dovranno uscire da tutti gli ospedali piemontesi. Uno scenario che la sfida, rivelatasi vincente, di Bertolaso ha anticipato, peraltro non senza rischi. L’assessore lombardo ha citato i casi di cooperative che prevedono penali pesantissime per i gettonisti che avessero risposto al bando regionale. Ma anche su questo la linea dell’ex capo della Protezione Civile è dura: “Siamo pronti a denunciare tutti quelli che pensano di andare avanti con questa procedura”. Che la stretta lombarda avvantaggi, almeno un po’, anche al di qua del Ticino?

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