SCIUR PADRUN

Confindustria, Orsini in testa ma Garrone è alle calcagna

Con la nomina dei saggi parte la corsa alla presidenza di viale dell'Astronomia. Al momento si prospetta un duello, però si cercherà di arrivare a una candidatura unitaria. Il Piemonte vuole correre in aiuto del vincitore. C'è da piazzare Marsiaj

Con la nomina e l’insediamento dei saggi, questo pomeriggio parte ufficialmente la corsa alla presidenza di Confindustria. Saranno chiamati a tracciare l’identikit dei nomi da sottoporre in votazione per il Consiglio generale del prossimo 4 aprile e a questa prima conta potrà partecipare chi ha almeno il 20% del peso assembleare associativo o chi avrà depositato le 19 firme dei membri del parlamentino di viale dell’Astronomia: condizioni necessarie per evitare lunghi ricorsi. È verosimile pensare che proveranno quindi a partire in quattro: Emanuele OrsiniEdoardo GarroneAlberto Marenghi e Antonio Gozzi. Al voto saranno mandati però presumibilmente solo i primi tre che raggiungono almeno uno dei due requisiti, peso associativo o firme sottoscritte.

Il candidato da battere rimane Orsini, ex presidente di FederLegno e attuale vice nazionale con delega a credito e finanza. Preparata con notevole anticipo rispetto agli altri la sua scalata verso la successione a Carlo Bonomi, Orsini ha lavorato sodo anche nella raccolta delle 19 firme dei membri del consiglio generale necessarie, arrivando ad averne già 42 anche se queste sottoscrizioni non sono affatto scolpite sulla pietra e possono crescere o diminuire fino all’ultimo minuto. Secondo più di una fonte l’ex presidente di Federlegno e uno degli attuali vicepresidenti di Confindustria potrebbe contare su pressoché tutta l’Emilia-Romagna, la parte orientale del Veneto, il centro della Toscana insieme al Trentino e a Udine, insieme a ben oltre il 20% del peso associativo garantito da grandi aziende e alcune multinazionali.

Partito più tardi ma con la benedizione di un manipolo di big del calibro di Diana Bracco, Emma Marcegaglia, Marco Tronchetti Provera, Garrone sta macinando terreno ogni giorno. Sul presidente di Erg e dell’editrice del Sole 24ore (carica da cui è pronto a dimettersi per incompatibilità) so stanno orientando oltre l’associazione “casalinga” ligure anche la potente Assolombarda di Alessandro Spada e quella piemontese di Marco Gay (assieme al vicepresidente dell’Unione Industriali di Torino Antonio Calabrò). A dispetto delle possibili diffidenze del corpaccione delle piccole e medie imprese rispetto alla genesi della candidatura (“decisa dai soliti noti nel salotto di casa”), l’industriale genovese convertito dal petrolio al green non ha certo il problema delle firme che si dice saliranno rispetto alle quasi trenta attuali, tantomeno del peso associativo. Semmai il suo lato debole di cui potrebbero giovarsi i concorrenti, è il suo stretto legame con lo Stato (e quindi con l’interlocutore Governo) dato dalle non poche concessioni nell’ambito del settore energetico di cui è titolare: “Quanta autonomia nelle trattative con il Governo può garantire un presidente il cui business del proprio gruppo dipende in larga misura dalle decisioni politiche?”.

Staccato e destinato prima o poi a fare il portatore d’acqua è il bonomiano Marenghi, stessa sorte per Gozzi, numero uno del colosso multinazionale dell’acciaio Duferco, con sede all’estero (e anche questo non è quel che si dice un atout), che nell’attuale classifica più che provvisoria è dato all’ultimo posto.

Nel delicato lavoro dei saggi ci sarà assai probabilmente quell’operazione di moral suasion e di assemblaggio di diverse istanze con l’obiettivo di sondare, appunto, la possibilità di arrivare a una candidatura unitaria e, pertanto, più forte. In questa prospettiva, sempre più in molti vedono in Garrone la figura con il profilo di maggiore standing. E, sempre in un quadro a dir poco in divenire, non è affatto escluso che parte di coloro che hanno sottoscritto l’appoggio a Orsini (e di altri) decidano di spostarlo a favore del genovese. Un’eventualità che, a oggi, non riguarda il Piemonte dove sono arrivati tutti i candidati a esporre i loro programmi, ma nessuno nell’ambito confindustriale della Regione ha apposto la sua firma. Chiaro che l’intenzione dei piemontesi, dopo cinque anni di purgatorio e marginalità, sia quella di convergere senza indugi su chi s’appresta a succedere a Bonomi. O, per dirla con Longanesi, correre in aiuto del vincitore. Il plenunm composto da 182 imprenditori voterà il leader prescelto che si insedierà poi dopo il voto finale dell’assemblea il 23 maggio.

All’iniziale simpatia nei confronti di Orsini sembra prevalere oggi una propensione verso Garrone, ben oltre quella non nascosta di Gay i cui legami con l’industriale ligure sono molto forti e non da oggi. Dunque non è senza ragione che i telescopi di viale Astronomia e degli osservatori di ciò che accadrà nei prossimi mesi sono puntati su una regione non schierata formalmente a sostegno di nessuno. Lo stesso Piemonte confindustriale che, dal canto suo, ha già designato i suoi tre saggi che dovranno guidare e accompagnare il cambio al timone di via Fanti con il più che previsto subentro di Gay nel ruolo oggi ricoperto da Giorgio Marsiaj a sua volta determinato a conquistare una vicepresidenza nazionale. Saranno gli ultimi tre ex presidenti, di via Fanti, Dario GallinaLicia Mattioli e Gianfranco Carbonato a celebrare riti e liturgie per un cambio al vertice decisamente meno movimentato e senza sorprese rispetto a quello di viale Astronomia. 

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