FINANZA & POTERI

Acri amara per Palenzona, sfuma la vicepresidenza

Dopo l'incoronazione di Azzone, la scelta del numero due cade sul sardo Spissu. Percorso sempre più accidentato per il camionista di Tortona che rischia di restare in panne anche sulla nomina del vertice di Cdp. Probabile la riconferma di Gorno Tempini

Dall’Acri all’acredine è un niente per Fabrizio Palenzona. Quella di ieri, che ha visto l’incoronazione di Giovanni Azzone alla presidenza dell’associazione che riunisce le fondazioni di origine bancaria e le Casse di Risparmio, è stata una giornata aspra per Furbizio. Il presidente della Fondazione Crt puntava alla vicepresidenza e pare fosse convinto di averla già in mano. Invece è rimasto con un pugno di mosche. Quel posto pare ormai destinato a Giacomo Spissu, numero uno della Fondazione di Sardegna e formalmente rappresentante delle fondazioni minori, bilanciando così il ruolo di Azzone, al vertice di Fondazione Cariplo e di fatto espressione delle casseforti principali. Lo stesso patto tra Palenzona e Giuseppe Guzzetti che ha portato al sostegno da parte del primo all’elezione di Azzone, ancora una volta ha confermato l’abilità del grande vecchio della finanza bianca lombarda nel siglare accordi da cui sicuramente a trarre vantaggio è egli stesso.

Indiscutibile, infatti, è che a decidere di portare Azzone al vertice dell’Acri, da lui governata come un regno per quasi vent’anni, e a far convergere anche un inizialmente recalcitrante (perché direttamente interessato a quella poltrona) Palenzona sia stato proprio Guzzetti. Che esce, per l’ennesima volta, vincitore. Altrettanto non si può davvero dire dell’inquilino di via XX Settembre di cui erano ben note le iniziali mire per succedere a Francesco Profumo, riaggiustate poi sulla vicepresidenza, con uno sguardo ben concentrato su una partita importante come quella, ancora da giocare, per la presidenza di Cassa Depositi e Prestiti

Va chiarito, anche rispetto a non disinteressati rumors provenienti da ambienti vicini al Camionista di Tortona, che Acri non ha alcun ruolo formale nelle decisioni sul vertice di Cdp. Lo stesso Azzone ieri ha ribadito che “non si è parlato di Cassa Depositi e Prestiti” e mai se ne parlerà ufficialmente nell’ambito dell’associazione, essendo quella scelta di pertinenza delle sole fondazioni socie della cassaforte di Stato. Delle 84 fondazioni aderenti all’Acri (insieme a 10 Casse di Risparmio) solo 62 sono presenti in Cdp, di cui soltanto 4 superano la soglia dell’1,5%, ovvero Fondazione di Sardegna, Cariplo, Compagnia di San Paolo e Crt. Il Mef, cui spetta la scelta dell’amministratore delegato, possiede l’82,77%, le fondazioni il 15,93 mentre il restante è in azione proprie. 

Partita ancora da giocare, si diceva, quella sul vertice di via Goito e incertezza non solo sui nomi, ma ancor prima anche sui tempi. Fonti di Palazzo Chigi spiegano che sarebbe intenzione di Giorgia Meloni affrontare il rinnovo dopo le elezioni europee e così, quasi certamente, sarà. Nel frattempo pare farsi sempre più consistente l’ipotesi di una riconferma dell’attuale presidente, Giovanni Gorno Tempini, sostenuto da Azzone e Guzzetti e che non dovrebbe trovare grandi difficoltà nel vedere ribadita la fiducia delle fondazioni, a partire da quelle più grandi. Più ostacoli per l’altro nome, quello di Gaetano Miccichè, avanzato e sostenuto proprio da Palenzona. La prima e difficilmente insormontabile difficoltà alla sua nomina la porrebbe lo stesso diretto interessato, oggi al vertice della divisione Imi di Intesa-Sanpaolo che in colloqui informale avrebbe manifestato tutte le sue perplessità all’ipotesi di lasciare un ruolo, come quello attuale, assai ben più remunerato rispetto all’emolumento previsto in Cdp, senza contare che quella poltrona gli precluderebbe una nutrita serie di incarichi. Se Palenzona arriverà all’incontro, previsto a breve, dei vertici della quattro fondazioni maggiori con il nome di Miccichè è facile che Big Fabrizio ne uscirà, per la seconda volta nel giro di poco, sconfitto.

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