SANITÀ

Guardia Medica, stop a mezzanotte.
Pazienti costretti a chiamare il 118 

L’ipotesi di copertura del servizio per otto ore all'Emergenza nel nuovo piano della medicina territoriale. Attese da più di 10 anni le Aft dovrebbero affidare e medici di famiglia e della guardia il servizio notturno e festivo. Perplessità e critiche dei sindacati

Allo scoccare della mezzanotte la guardia medica chiude e tutto passa, per le successive otto ore, all’Emergenza 118È uno scenario non ancora certo, ma possibile quello di cui si sta discutendo negli incontri tra sindacati dei medici e Regione Piemonte per costruire il futuro sistema di continuità assistenziale.

Dietro l’immancabile acronimo, in questo caso Aft che sta per aggregazioni funzionali territoriali, si prospetta una rivoluzione della medicina del territorio la cui origine risale ormai a una dozzina d‘anni fa, anche se la sua realizzazione pratica è ancora attesa in tutto il Paese, non senza più d’una ragione. E tra le non poche difficoltà che rallentano i tempi di attuazione, ma fanno prospettare pure ipotesi come quella di passare a un certo punto la palla, pardon i pazienti, dalla guardia medica al 118 con tutto ciò che potrebbe conseguirne in primis per lo stesso servizio di emergenza, c’è come al solito la carenza di personale. 

Per capirci, solo a Torino come ricorda Roberto Venesia segretario regionale della Fimmg, “a fronte della norma che prevede una guardia medica ogni 5mila abitanti siamo a un medico per oltre 13mila”. E se in molte parti del resto del Piemonte il rapporto si avvicina o rispetta i parametri, spesso numerose postazioni di guardia medica sono sguarnite, imponendo al professionista di coprire un territorio assai più vasto, con tempi che si allungano, visite che non possono essere fatte e, di conseguenza, anche in questi casi un aumento degli accessi ai Pronto Soccorso, sempre più ingolfati.

Ma c’è, naturalmente, di più nel lungo elenco delle cose che non vanno come dovrebbero. Il rapporto tra medico di famiglia e medico che copre le ore notturne e i festivi il più delle volte è inesistente, due binari che corrono paralleli senza quasi mai incrociarsi. Una situazione diametralmente opposta a quelle prevista dalla riforma che dopo oltre un decennio ancora deve partire. Le Aft dovrebbero, infatti, aggregare obbligatoriamente i medici di famiglia e quelli che svolgono il servizio di guardia coprendo bacini di un determinato numero di abitanti e, soprattutto, garantire il servizio ai cittadini continuativamente nell’arco delle 24 ore sette giorni su sette. Un pool di professionisti in grado di garantire servizi oggi di fatto a compartimenti stagni e con la guardia medica in capo ai distretti delle Asl, mentre in futuro dovrà essere parte integrante delle aggregazioni funzionali dove gli stessi medici di famiglia potranno anche svolgere l’attività che oggi è demandata ad altre figure. E già qui è facile immaginare più che probabili resistenze, le stesse che si prefigurano per altre strutture in divenire come le case e gli ospedali di comunità previsti da Pnrr.

Un elemento in più che, sommato alla scarsità di medici non risolvibile nel giro di poco tempo, pare rendere assai probabile l’ipotesi di ridurre l’orario della guardia medica, fermando il servizio alla mezzanotte e da lì fino alle otto quando riprende la disponibilità del medico di famiglia, passando le richieste dei cittadini al 118. “Anche se la norma nazionale prevede la copertura per tutte le 24 ore, in alcune regioni compreso il Piemonte, c’è l’ipotesi di prevedere una riduzione a 16 ore el servizio in capo alle Aft”, conferma Mauro Grosso Ciponte, segretario regionale di Snami, altra sigla di rappresentanza che partecipa al tavolo avviato in Regione e coordinato dal vicedirettore vicario della Sanità Franco Ripa

In quell’arco orario scoperto che, secondo rilevazioni nazionali vede un numero ridotto di richieste, a supplire sarebbe il servizio di emergenza 118. “Uno scenario che non si avvererà”, prevede Venesia, il cui sindacato nazionale tuttavia pubblicò una bozza di piano in cui era previsto l'intervento del 118.  Non nasconde affatto le sue preoccupazioni e contrarietà un altro sindacalista dei camici bianchi come Antonio Barillà, al vertice regionale dello Smi. “Come sindacato siamo fortemente critici verso questa riorganizzazione affidata alle Aft, per una serie di ragioni, prima tra tutte un organico di medici insufficiente per poter svolgere quel tipo di servizi”.

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