GRANA PADANA

Vannacci sul fronte occidentale. Salvini e l'ammutinamento Lega

Attesa per l'annuncio della candidatura del generale con lo stipendio dimezzato (da Crosetto). L'altolà del Nord Est e i patti con i signori delle preferenze al Sud. Ceccardi presidia il Centro. Il cerino resterà in mano a Lombardia e Piemonte

È il gioco del cerino, ma con una bomba a mano. E quell’ordigno, che porta il nome del generale Roberto Vannacci, pronto a esplodere fra militari di truppa e alti gradi territoriali della Lega uniti nel comune timore di vedere in lista l’ex comandante del Col Moschin, ce l’ha nella giberna Matteo Salvini, convinto di ripetere nelle urne europee il successo del contesto libro Il mondo al contrario.

Il generale, sospeso dal servizio e con lo stipendio dimezzato, continua negare una parola chiara sulla sua discesa in campo, spiegando però che la decisione dipende soltanto da lui e, di fatto, confermando le palesi profferte del leader leghista. Tutti o quasi, soprattutto nel partito di probabile approdo, sono convinti si tratti solo di strategia e che la decisione sia presa da tempo. Si spiega così l’allarme scattato soprattutto nel Nord, ma come si vedrà i cavalli di frisia di fronte all’alto ufficiale sono già approntati pure nel resto del Paese, che con l’approssimarsi delle liste si fa sempre più alto.

Appena dell’altro giorno il coro levato dai leghisti del Nord Est: “Vogliamo gente del posto, non fenomeni”. E certamente non ha placato gli animi di veneti e friulani, l’ennesima dichiarazione di Vannacci, proprio a Udine, in cui ha ribadito che “se mi candido, lo comunicherò io”. Pure l’onore dell’annuncio, oltre a quello delle armi. Già da quelle parti la Lega è in ebollizione per il terzo mandato che Salvini non è riuscito a garantire al governatore Luca Zaia, soggiacendo alla decisione degli alleati e alla quale il Capitano cercherebbe vanamente di metterci una pezza offrendo una candidatura in Europa (linea ribadita ancora ieri in una riunione di vertice) peraltro immediatamente respinta al mittente dal Doge. Figurarsi cosa accadrebbe da quelle parti se si trovassero in lista, pure da capolista, il generale. “Ancora, ancora fosse degli Alpini – come fanno notare esponenti di rango nazionale con sguardo tra lo smarrito e l’atterrito – ma della Folgore…”. L’europarlamentare Gianantonio Da Re, storico militante di rito bossiano, è sulla soglia dell’espulsione per aver dato del cretino a Salvini, ma lo stesso Da Re ancora prima aveva avvertito: “Se in lista c’è Vannacci, non mi ricandido”.

Destra marsc’ verso il Sud dove la figura del generale avrebbe più appeal e meno ostacoli? Se è vera la prima, non è così per la seconda: tra i vertici nazionali del partito si fa notare che su quella circoscrizione elettorale c’è il severo altolà di un mister preferenze del calibro dell’attuale europarlamentare Aldo Patricello, uscito da Forza Italia e salito sul Carroccio salviniano dopo sedici anni di militanza azzurra e un ancora più lontano passato nell’Udc dov’era giunto dopo il dissolvimento della Democrazia Cristiana.

Non meno sbarrata la strada per Vannacci al Centro presidiato dall’attuale parlamentare europea Susanna Ceccardi. L’ex sindaca di Cascina non perde occasione nei talk show dove imperversa di marcare il territorio e le distanze dal generale, con evidente messaggio destinato al Capitano. Il quale trova altrettanto complicato paracadutare l’ingombrante basco amaranto nelle isole dove ha stretto un patto con l’ex governatore siciliano Raffaele Lombardo. Di Vannacci non vuole sentir parlare il capataz laziale Claudio Durigon che, per far capire l’aria che tira, ha già mandato in avanscoperta il presidente del consiglio regionale Filippo Mancuso. “Vogliamo fare bene alle prossime elezioni europee. Ci servono candidati forti, come è forte Mancuso”, ha detto senza neppure un accenno a Vannacci.

Cullando ancora l’idea di piazzarlo capolista in tutte le circoscrizioni, ma avendo altrettanto ben chiaro quel che succederebbe, in Salvini starebbe maturando l’idea di aprire il varco a Vannacci laddove le difese paiono, a oggi, più deboli, ovvero proprio nel Nord Ovest. Non che in Lombardia e in Piemonte siano pronti ad accoglierlo come il generale Clark nel ’44 a Roma, tuttavia la resistenza al volere del Capo nella sua Lombardia, così come nell’assai poco riottoso Piemonte, sarebbe meno forte e meno foriera di conseguenze rispetto a quella del Nord Est e non presenterebbe rischi di rotture come nelle restanti circoscrizioni.

La novità sul fronte occidentale sarebbe proprio questa, giorno dopo giorno, parrebbe prendere sempre più consistenza con immaginabili mal di pancia in tutto il partito, incominciando dagli europarlamentari che ritentano un ulteriore mandato a Bruxelles, come i due piemontesi Alessandro Panza e Gianna Gancia. Preoccupazioni più che motivate se, come preconizza più d’una figura di rango della Lega a livello nazionale con lo Spiffero, il cerino rischia proprio di finire nel Nord Ovest. Solo che non è un cerino, ma la bomba Vannacci.

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