GRANA PADANA

Dalla lettera dei nordisti a Matteo: "Lega lontana da fasci e svastiche"

Sindaci, amministratori storici e pure qualche ex parlamentare scrivono un appello-j'accuse al segretario. Nel mirino la svolta nazionalista e l'abbraccio con l'ultradestra. Tra i firmatari il bossiano Grimoldi e la moglie dell'assessore piemontese Ricca (che poi ritratta)

Caro Matteo, ti scriviamo… E non lo fanno certo per distrarsi un po’ la ventina di esponenti della Lega, in maggior parte sindaci e amministratori locali, ma anche qualche ex parlamentare, che anzi sono assai determinati nel porre una serie di domande che è facile intuire non risulteranno oltremodo gradite al destinatario, ovvero Matteo Salvini.

L’incipit è cortesemente mordibo, non altrettanto il prosieguo della missiva che vede tra i firmatari l’ex segretario della Lega in Lombardia, Paolo Grimoldi storica anima critica rispetto alla svolta salviniana, il già deputato e ed ex segretario provinciale a Bergamo Cristian Invernizzi, l’ex sottosegretario Dario Galli, insieme a una schiera di sindaci o ex, tutti della Lombardia, tra cui Magda Beretta primo cittadino di Senago, moglie dell’assessore regionale piemontese Fabrizio Ricca. che però dichiara di non aver dato il suo “consenso alla divulgazione con mia firma di questa lettera”.

“L’approssimarsi delle elezioni europee ci impone l’obbligo di condividere con te una serie di osservazioni di interesse per il futuro del nostro amato movimento”, scrivono al segretario ricordandogli ciò che egli peraltro ben sa: “In questi cinque anni, nonostante la storica affermazione elettorale conseguita, la Lega è stata relegata ad un ruolo di importanza residuale sia nell’assemblea parlamentare che nelle altre istituzioni europee”. E aggiungono come “questo isolamento politico non ci ha consentito di incidere concretamente nella ricerca di soluzioni a problematiche di interesse del movimento, siano esse di natura storica o attuale”.

Alle non nascoste critiche sul recente passato, i firmatari della lettera sommano richieste precise anche se il cui accoglimento risulta ad oggi difficile immaginare con un leader sempre più proteso verso un attacco a testa bassa all’Europa e un abbraccio ancora più intenso con l’ultradestra continentale. “Riteniamo importante, su tematiche come l’immigrazione, la qualità dell’alimentazione, l’agricoltura, le politiche ambientali, industriali e la sfida energetica, riuscire a dare risposte concrete ai cittadini, evitando l’appannamento dell’interesse degli iscritti e un affievolimento della loro partecipazione”.

Toccano, dunque, un tema caldo e assai rischioso per il leader che preannuncia il congresso in autunno, ovvero la presa della sua linea non solo sull’elettorato, che rischia di uscire ancora più ridimensionato dal voto europeo, ma anche e soprattutto sulla storica militanza, punto di forza della Lega e caratteristica a lungo unica nel panorama politico italiano. “È inevitabile dunque chiedersi dove sia finito il tradizionale pragmatismo che ci ha sempre portati alla ricerca di collocazioni utili al raggiungimento degli obiettivi”, si legge nella lettera con cui il drappello di leghisti scontenti e preoccupati, dietro cui c’è una buona fetta del partito e di elettori, chiede “inoltre dove sia finita, caro segretario, la tradizionale e giusta distanza che abbiamo sempre mantenuto da tutti gli opposti estremismi. La scelta per alcuni aspetti anche condivisibile, di non aderire ad una delle grandi famiglie politiche europee non può comunque portare la Lega a condividere un cammino con partiti e movimenti che nulla hanno a che fare con la nostra storia culturale e politica”.

Un attacco frontale all’abbraccio con l’ultradestra che fa dire ai sottoscrittori di quello che è una via di mezzo tra un appello e un j’accuse, “Ci e ti chiediamo perché abbiamo smesso di dialogare con forze autonomiste e federaliste, per accordarci con chi non ha la nostra naturale repulsione nei confronti di fasci e svastiche?”. L’immagine della kermesse romana è ancora fresca e brucia in questa parte della Lega che, ovviamente, non può essere ridotta ai firmatari della lettera, ma va crescendo di giorno in giorno specie al Nord, specie con l’intensificarsi dell’asse che il segretario ha costruito con l’estrema destra. Per non dire, poi, dell’idea che sarebbe un suo fermo proposito di candidare in Europa il generale Roberto Vannacci. Ce n’è anche per lui, anche se non viene citato: “Siamo convinti che, se le indiscrezioni sulla candidatura nelle nostre liste di personaggi con forte marcatura nazionalista, totalmente estranei al nostro movimento, fossero veritiere, renderebbero ancor più difficile il perseguimento degli obiettivi storici del partito”. Non piace l’ex comandante della Folgore, ma neppure “alleanze obiettivamente inconciliabili”, come quella con l’Udc di Lorenzo Cesa e con l’Afd tedesca. 

Le chiamano “riflessioni” i leghisti che facilmente potrebbero essere liquidati come rancorosi dissidenti e avviati a quelle purghe fatte aleggiare nell’ultimo consiglio federale da Salvini. Spiegano che hanno ritenuto esprimerle al segretario “auspicando di esser ascoltati e in virtù dell’amore comune per il nostro partito”, Che forse, essi stessi, hanno capito non è più il loro. Almeno per ora.

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