Torino meno "pubblica"

La Giunta del Comune di Torino recentemente ha riorganizzato l’organigramma delle aree amministrative (non è dato sapere se lo abbia fatto su indicazione della Fondazione Bloomberg, oppure in autonomia) raggiungendo un risultato molto discutibile, ossia la cancellazione di fatto del servizio “Attività Culturali”, poiché inglobato nella Divisione che comprende i musei e l’Archivio storico.

La delibera di giunta dota il “Servizio biblioteche” di un dirigente ad hoc, mentre l’attuazione delle politiche culturali torinesi sono state affidate alla Fondazione per la Cultura Torino. Tale istituzione è una partecipata dal Comune stesso, ha dirigenti e personale proprio (su cui nulla trapela poiché la Fondazione in merito ai dipendenti non è soggetta all’obbligo normativo di trasparenza), ma soprattutto ha capacità di spesa autonoma e, inoltre, può cercare sponsor privati senza sottostare ad alcun bene placet da parte della Sala Rossa.  

Le conseguenze scaturite da questa scelta sono facilmente immaginabili. Gli uffici comunali dedicati alle attività culturali saranno ridotti di numero, e ricollocati all’interno di un complesso indistinto di uffici dalle svariate competenze. Il nuovo complesso amministrativo racchiuderà sia l’Archivio storico, che ciò che resta (davvero poco) del servizio “Gestione museale”: un solo dirigente guiderà l’intera Divisione. L’alto funzionario dovrà occuparsi delle funzioni più disparate, con il rischio di non riuscire a seguire tutte le molteplici attività, di cui è figura apicale, con la stessa attenzione e competenza: sicuramente sarà costretto a sacrificare qualcosa. 

Al contrario, la Fondazione per la Cultura continuerà a rafforzarsi, grazie all’aumento di compiti e dipendenti. Questa, ponendosi al di fuori di qualsiasi rapporto con il Consiglio eletto in Comune, acquisirà un’autonomia decisionale utile a garantire all’Assessore di riferimento una maggiore libertà nella spesa, nonché nei criteri con cui effettuarla: ambiti operativi da cui la Sala Rossa sarà comunque del tutto esclusa (e quindi pure i torinesi).

Il grosso dei contributi destinati alla Cultura, escluse le voci di bilancio riguardanti i dipendenti del sistema bibliotecario, viene attualmente già impegnato tramite la Fondazione per la Cultura. In futuro gli uffici della costituenda Divisione si limiteranno a gestire esclusivamente i fondi inviati dal Ministero (ossia, la distribuzione di finanziamenti europei), pubblicando bandi pluriennali che dovranno essere redatti sulla base dei criteri indicati da Roma. Scelta da cui deriva una situazione piena di incognite e incertezze di carattere finanziario. 

Il Comune, di fatto, ha deliberato l’esternalizzazione della Cultura, trattenendo, nella sua sfera amministrativa, i soli “Grandi eventi”. La privatizzazione delle funzioni in capo agli uffici comunali sembra inarrestabile, così come la crisi che contraddistingue il rapporto tra l’ente pubblico e la popolazione amministrata.

Purtroppo, da molti anni si è assistito ad un Comune impegnato prevalentemente ad affidare a terzi le proprie gestioni dirette, iniziando proprio dal settore più delicato: i servizi sociali. La cura del welfare è in gran parte compito dei punti di ascolto attivati nelle parrocchie urbane. Sono infatti le comunità parrocchiali a istituire l’accoglienza di coloro che non hanno più un tetto sulla propria testa. Gli stessi pacchi alimentari, destinati alle famiglie in stato di bisogno, sono distribuiti dalle associazioni, le quali hanno attivato (in maniera autonoma) sistemi di verifica e di controllo per ridurre eventuali “furbate” da parte degli assistiti. Addentrandosi in tale ambito è facile imbattersi in dormitori privati, in cui si accede dietro pagamento di una quota che può raggiungere i 25 euro a notte.

Il Pubblico arretra, così da avere le mani libere per dedicarsi ad “altro”, facendo leva sul principio di sussidiarietà. Le stesse manutenzioni del verde e delle strade sono state esternalizzate da molto tempo, tramite bandi di appalto. Opzione che ha imposto al Pubblico un maggior costo a fronte di interventi manutentivi non sempre adeguati. Gli assessori, evidentemente, considerano la gestione di servizi e beni comuni al pari di una grana dai molteplici rischi, nonché dalle innumerevoli responsabilità penali personali. Meglio allora ridurre l’azione politica all’approvazione di delibere che concedono contribuiti “a pioggia”, ignorando al contempo la crescente crisi in cui purtroppo versa il volontariato: difficoltà che ricadono regolarmente sui cittadini, i quali sovente non trovano più alcun riscontro alle richieste di aiuto che inviano alle istituzioni. 

Cultura, scuola, sanità e assistenza sociale sono gli elementi che indicano lo stato di salute di una società: Torino, a quanto pare, ha raggiunto oramai lo stato di agonia che conduce alla fine di tutto. 

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