GIUSTIZIA

Eredità Agnelli, sulla residenza di Marella gli Elkann consapevoli della frode

Le motivazioni dell'ordinanza del Tribunale che ha confermato i sequestri: "verosimile" che i fratelli John, Lapo e Ginevra fossero al corrente della presunta evasione dell'imposta di successione. Ecco perché la documentazione acquisita resta ai pm

È “verosimile” che i fratelli John, Lapo e Ginevra Elkann siano stati consapevoli della “frode” commessa intorno alla presunta evasione dell’imposta di successione alla morte della nonna, Marella Caracciolo. Lo scrive il Tribunale del riesame di Torino nelle motivazioni dell’ordinanza con cui sono stati confermati i sequestri disposti dalla procura nell'ambito dell’inchiesta che ruota intorno all’eredità di Gianni Agnelli. Il passaggio, in particolare, si riferisce all'ipotesi di truffa ai danni dello Stato, che era stata contestata dalle difese.

Secondo gli inquirenti, l’imposta avrebbe dovuto essere versata in Italia perché la residenza di Marella Caracciolo in Svizzera era fittizia. “La frode – scrivono i giudici – è stata verosimile oggetto di dolo in capo a tutti i tre fratelli Elkann, i quali si è visto come fossero in ottimi rapporti con la nonna e come ne conoscessero abitudini e problematiche di salute che rendevano prevalente la sua permanenza in Italia. Di fronte al decesso della congiunta, è verosimile che abbiano avallato, con dolorosa volontà adesiva, le strategie già suggerite e realizzare con la fattiva consulenza di Gianluca Ferrero (commercialista di famiglia, anche lui indagato, ndr)”. Il tribunale ipotizza che John abbia avuto un ruolo più attivo e che Lapo e Ginevra “si siano limitati a un concorso morale rafforzativo”.

Il fulcro dell’inchiesta è appunto la presunta residenza di Marella: secondo i magistrati, la donna almeno dal 2014 avrebbe vissuto in Italia per la maggior parte del tempo, limitandosi a trascorrere nel Paese elvetico solo due mesi estivi. Il cambiamento di abitudini – evidenzia il Riesame – emerge anche dalle testimonianze delle “persone a lei più vicine”, governanti o segretarie. Tredici i dipendenti che sono stati sentiti dai pm durante l’inchiesta e alcuni hanno confermato “l’assoluta ed incontestata permanenza in Italia”, in particolare nell’ultimo “periodo di sofferenza” per l’incedere della malattia. Testimonianze “convergenti” giunte da alcuni dipendenti, mentre alcune meno rilevanti sono arrivate da altri lavoratori “essendo emerso come essi siano stati loro malgrado divisi in due schieramenti e compulsati, prima della convocazione, da ambo i contendenti della causa civile” che vede contrapposti Margherita Agnelli, figlia dell’Avvocato e i tre figli Elkann.

Dalla presunta residenza fittizia della vedova dell’Avvocato discendono i reati contestati ai protagonisti dell’inchiesta. Tra cui la truffa ai danni dello Stato – imputata a John, Lapo e Ginevra – per il mancato pagamento della tassa di successione in relazione a un patrimonio di circa 900 milioni di euro ereditato alla morte della nonna e fino ad allora custodito in un conto off shore a lei riconducibile.

Nelle 22 pagine il collegio del Riesame ripercorre l’intera vicenda in cui sono indagati i tre fratelli Elkann – John, Lapo e Ginevra – lo storico commercialista Gianluca Ferrero e il notaio svizzero Robert Urs Von Gruninghem e ribadisce il “fumus commissi delictis” dell’impianto accusatorio formulato dal procuratore aggiunto Marco Gianoglio e dai sostituti Mario Bendoni e Giulia Marchetti. Ritenendo sanati i “vizi” rilevati al primo sequestro del 20 febbraio, definendo “novum” il secondo provvedimento e quindi confermando il decreto emesso dai magistrati torinesi il 6 marzo con il quale hanno trattenuto i documenti cartacei e digitali che avrebbero dovuto restituire dopo il parziale annullamento.

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